Da quando ho lanciato la rubrica Zagor Top 5 (diventata poi 5+5), il mio amico Butch Walts – con cui, ormai lo sapete tutti, condividevo i fumetti negli anni Settanta e Ottanta – scalpita per partecipare alle votazioni e indicare le storie zagoriane che preferisce… ma gli ho spiegato che deve pazientemente mettersi in coda, visto che molti altri partecipanti stanno inviando i loro voti e quindi le sue preferenze dovranno aspettare un altro bel po’. A quel punto, mi ha chiesto se potevo concedergli spazio in quest’altra rubrica per parlare soltanto della sua storia preferita: e siccome si tratta della storia che anch’io prediligo in assoluto, non ho avuto problemi ad accontentarlo.
MG: Allora, Butch: cosa volevi dirmi, di così urgente, su questo capolavoro zagoriano?
BW: Beh, semplicemente non vedevo l’ora di parlarne, prima che venisse ulteriormente analizzato dai partecipanti alla tua rubrica – visto che è attualmente al primo posto della classifica.
MG: Ed è in testa insieme all’altra tua storia preferita, se ricordo bene…
BW: Sì, proprio così. La marcia della disperazione e Odissea americana sono in cima alla mia classifica personale, ma se dovessi indicarne soltanto una non avrei dubbi: sceglierei la Marcia.
MG: E perché?
BW: Beh, l’Odissea è senz’altro un “manifesto programmatico” perfetto per lo Zagor della Golden Age by Nolitta&Ferri. Come notato da numerosi partecipanti alla tua rubrica, ci si trova di tutto: il divertente incipit con le disavventure di Cico e Trampy, il sense of wonder del viaggio in terre inesplorate, il drappello eroico che si assottiglia prova dopo prova, la tipica sensibilità dello sceneggiatore in vari episodi (soprattutto, naturalmente, nel rapporto conflittuale tra “Frisco” Kid e “Tattoo” Lopez), la valanga di citazioni rielaborate da libri, film e fumetti (per la quale rimanderei all’analisi di Stefano Priarone e Angelo Palumbo nel loro Zagor Index 1-100), un altro degli indimenticabili monomaniaci nolittiani (Homerus Bannington), il finale con la visione dei genitori del nostro eroe… Potrei continuare quanto vuoi a parlare di questo capolavoro, ma…
MG: …ma preferisci la Marcia, abbiamo capito. Però non ci hai ancora spiegato perché…
BW: È semplice: la Marcia è un capolavoro assoluto perché è 100% Zagor, senza “effetti speciali”.
MG: ?!? Cosa vuoi dire?
BW: Che nell’Odissea, come in molte altre storie in cima alle preferenze dei lettori, la componente “soprannaturale” incide notevolmente sulla trama: vampiri, druidi, scienziati pazzi, uomini-tigre, zombi, alieni, altri mostri assortiti in una commistione variegatissima di generi e spunti… E anche in storie più realistiche come Oceano o Il buono e il cattivo, la componente “soprannaturale” ha comunque il suo peso (la psicometria di Ramath, i “sepolti vivi” delle Terre Bruciate…).
Nella Marcia no: Nolitta non ha bisogno di alcun effetto speciale per mostrarci Zagor nel pieno delle sue funzioni di Re di Darkwood, unico possibile trait d’union – inascoltato, sottovalutato, tradito, ma alla fine eroicamente risolutore – tra i bianchi (altrimenti destinati ad un massacro immediato) e i pellerossa (altrimenti destinati ad una successiva, inevitabile rappresaglia). Uno Zagor “normale”, quindi, senza elementi soprannaturali e addirittura senza gesti fisici straordinari come alcuni suoi volteggi impossibili sulle liane (penso a Oceano e al modo in cui salva Hammad l’egiziano, da te segnalato in un altro articolo): il massimo dell’atletismo messo in mostra dallo Spirito con la Scure è il tuffo finale dalla rupe del villaggio Kiowa.
Inoltre, è una storia epica con Zagor sempre al centro della trama (anche se in alcune occasioni in balìa – suo malgrado – degli eventi, come quando deve sparare contro gli indiani) ma al contempo protagonista di una storia corale in cui il palcoscenico si arricchisce di altri personaggi indimenticabili, a partire da Winter Snake: un capo indiano fiero e vendicativo, ma a suo modo leale. E poi, soprattutto, Frida: impossibile dimenticare la prima storia romantica del nostro eroe! Come sicuramente ricorderai, quei baci furono per noi un vero e proprio choc, che valorizzarono definitivamente Zagor differenziandolo da altri personaggi bonelliani che non presentavano alcun elemento femminile (tra cui Tex, tranne la breve parentesi con Lilyth) oppure avevano al loro fianco eterne – e pedanti – fidanzatine (la Betty di Mark, la Claretta di Kit Teller…).
Basterebbe questo terzetto perfettamente calato nei rispettivi ruoli per dare vita a una storia straordinaria… e invece, crepi l’avarizia, Nolitta riesce a inserire nella trama tanti altri personaggi ben delineati: lo stregone Molti Occhi all’inizio della storia, che – come in altre occasioni – aiuta Zagor nel suo ruolo di inviato di Manito, nel nome della pace a Darkwood, pur sapendo benissimo che è “un uomo come tutti gli altri”; l’odioso barone von Swieten, capo della carovana di nobili europei che (grazie ad amicizie altolocate e al dio denaro) ritengono di poter disporre a piacimento di tutto e tutti, massacrando centinaia di bisonti nel territorio dei Kiowa; e il cinico “Memphis” Joe, l’esperta guida della frontiera che si fa corrompere dal barone a suon di quattrini e non esita ad assecondarne le volontà, fino a tentare di uccidere Zagor e Cico nella magistrale scena delle formiche rosse… Tutto bene?
MG: Sì, sì, non volevo interromperti…
BW: Bravo, perché non ho ancora finito. Trama avvincente, tematiche impegnate, coprotagonisti grandiosi, comprimari eccellenti in una storia lunga ma senza lungaggini in cui Nolitta ritaglia anche lo spazio per altri due personaggi minori, protagonisti di due episodi – uno struggente e l’altro estremamente drammatico – che danno modo a Zagor di agire di conseguenza, anche in questo caso “senza effetti speciali” e rispettando al 100% i valori che incarna. Il violinista Klein suscita la profonda umanità del nostro eroe, pronto a fare un’eccezione alla dura regola che lui stesso ha imposto ai reduci della carovana per non perdere tempo prezioso durante la fuga; la vigliaccheria dell’anonimo uccisore di “Memphis” Joe, invece, scatena la violenta reazione di Zagor che viene trattenuto a stento da Cico e Frida. Due comportamenti agli antipodi, eppure entrambi realistici e perfettamente credibili per il lettore.
MG: Tutto vero e sono d’accordo con te: la Marcia è un capolavoro assoluto e, come dicevo all’inizio, è in testa alla mia classifica personale per buona parte dei motivi che hai elencato. Però ricordo che il finale ti aveva lasciato un pochino “deluso”, quando ne parlavamo anni e anni fa…
BW: Sì, lo ammetto: ho un piccolo rammarico sul modo in cui si conclude l’avventura. Anzi, ti confesso che i motivi di rammarico sono due: a parte il finale, mi dispiace che Ferri non abbia disegnato tutta la storia e sia stato necessario ricorrere al contributo del pur bravo Bignotti per motivi strettamente legati alle tempistiche di pubblicazione (la stessa cosa accadde anni dopo con un’altra delle mie storie preferite, Terrore dal sesto pianeta). Ecco, avrei preferito che il Maestro Gallieno avesse avuto tutto il tempo per completare quelle tavole e ottenere una maggiore uniformità stilistica.
MG: Sono d’accordo. Ma… il finale?
BW: Eh, il finale… Anche se eravamo ragazzini quando leggemmo questa storia, ero perfettamente cosciente che Frida NON poteva restare a Darkwood e che Zagor, per lasciarla, si sarebbe servito degli argomenti che espone nel suo commiato (“la vita che ho scelto, la missione che ho deciso di compiere non mi consentono di tenere una donna al mio fianco”). Tuttavia, la sua fuga dalla finestra mi sembrò – e continua a sembrarmi – una trovata eccessiva, che concludeva un’avventura epica in modo troppo “scanzonato”: e infatti la fuga di Zagor viene raddoppiata da quella di Cico, che deve a sua volta liberarsi da una donna innamorata anche se con argomenti ben diversi… però dal pancione messicano la gag me la aspetto, dallo Spirito con la Scure no.
Per me, resta l’unica pecca di questo capolavoro e l’unico momento in cui Zagor non rispetta completamente l’essenza del suo personaggio.
MG: Valutazioni interessanti e, almeno a mio parere, condivisibili. Hai qualcos’altro da aggiungere?
BW: No, ho solo una domanda: quando mi fai votare le mie storie preferite? In pratica, ne ho già indicate tre (Marcia, Odissea e, come dicevo prima, Terrore dal sesto pianeta), sono a buon punto…
MG: Devi avere ancora un po’ di pazienza e aspettare la pubblicazione dei voti che ho già ricevuto da altri partecipanti. Quindi non prima delle vacanze di Natale, come minimo.
BW: OK, aspetterò il mio turno. E grazie per avermi concesso questo spazio!
LA MARCIA DELLA DISPERAZIONE
Testi di Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
Disegni di Gallieno Ferri (con il contributo di Franco Bignotti)
Prima pubblicazione: Zenith Gigante II Serie, numeri 163-167, novembre 1974-marzo 1975
Prima ristampa: Zagor “Scritta Rossa”, numeri 112-116, settembre 1979-gennaio 1980
Seconda ristampa: Tutto Zagor, numeri 112-116, dicembre 1992-febbraio 1993
Ristampa in gran formato: Zagor Collezione Storica A Colori, numeri 45-47, dicembre 2012-gennaio 2013
In libreria: La marcia della disperazione, volume brossurato, ottobre 2015
Riedizione in libreria: La marcia della disperazione, volume brossurato, gennaio 2024
L’approfondimento sulla Golden Age di Zagor
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