Con ottima sensibilità, pur senza manierismi di sorta, Stefano Piani riporta Harlan, Kurjak e Tesla nel continente nero (Repubblica Democratica del Congo) per proteggere una bambina accusata di essere una “enfant sorcier“.
La problematica, religiosa e sociale, degli “enfant sorcier” è spiegata bene nell’editoriale e mostrata con efficacia nella narrazione della storia. Storia che si districa bene fra i vari personaggi, sfrutta egregiamente le suggestive ambientazioni e, soprattutto, equilibra bene azione e sentimenti.
Uno sguardo attento quello di Piani, coiadiuvato dell’ottimo tratto di Fabrizio Russo, che riesce a coinvolgere e a far scorrere bene un’avventura che sarebbe un (ottimo) fill-in se non ci fosse, come sfondo, l’ombra della Temsek.
Se questo riferimento alla continiuty sia solo un pretesto o una reale minaccia lo vedremo nei prossimi albi: quello che, comunque, rimane è un’ottimo albo, che emoziona e si fa leggere bene, pur senza osare tanto quanto fatto in precedenza.
Peccato solo per la discutibile cover di Enea Riboldi.