Se per 676 Apparizioni di Killofer avevo lamentato il ritardo con cui l’editoria italiana si era mossa nei riguardi di un capolavoro straniero, in questo caso – vista la complessità del lavoro di Chris Ware – trovo il gap tra le due edizioni quantomeno comprensibile.
Le migliaia, se non decine di migliaia, di dati che abbiamo raccolto dovevano essere presentati ai lettori in una forma attraente, sintetica e intelligente. […]
Ognuna delle 357 mappe e infografiche presenti nel volume contiene una grande quantità di informazioni. Il lettore si troverà quindi di fronte a molteplici livelli di comprensione e di analisi tra i quali scegliere.
Sono considerate (non del tutto a torto) un metodo rozzo e invasivo per dirigere gli occhi del lettore sulla tavola, una sorta di implicita ammissione di incapacità da parte del disegnatore. Quelle di Chris Ware sono diverse: definirle diegetiche sarebbe probabilmente eccessivo, ma rivestono comunque un ruolo molto più complesso di quanto accada nella maggior parte delle produzioni.
Non si tratta, semplicemente, di indicare o evidenziare qualcosa, quanto piuttosto di ridefinire la tavola tracciando percorsi di lettura nuovi e alternativi; sono segni grafici nobilitati dalla capacità di generare senso. Siamo di fronte ad uno scarto anche rispetto all’infografica più classica, perché caricate di una ulteriore funzione narrativa già propria del fumetto.
Ho una grande fisima per quanto riguarda l’approccio ai fumetti di realtà, che definisco “la sequenza di diapositive”. C’è solo testo, illustrazione, testo, illustrazione, testo, illustrazione, e non vedo come ciò possa dare un vantaggio ai fumetti. […] Bisogna essere più creativi con la commistione di immagini e testo in modo che a volte possa avere l’aspetto di una tavola classica, e altre volte quello di una pagina di prosa con illustrazioni e diagrammi
KEVIN HUIZENGA
Quando osserviamo una tavola di Chris Ware due caratteristiche risaltano immediatamente: quella diagrammatica (già esaminata) e quella rizomatica. Tra le vignette non vige alcun rapporto gerarchico quanto piuttosto di risonanza. Immagini enormi e minuscole coabitano lo stesso ambiente, mediando e contrattando continuamente il loro valore, meglio ancora il loro significato semantico, eliminando così ogni tipo di subordinazione dimensionale.