Nuovo Manuale o Nuovi Critici?

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Praticamente chiunque in Italia scriva di fumetto lo fa da appassionato (la percentuale di critici professionisti più che minima, è irrisoria) e prima o poi chiunque si è posto almeno due domande: “perché lo faccio” e “serve a qualcosa o qualcuno”?
Nel mese di febbraio molti miei colleghi di uBC hanno risposto a questi quesiti e invito tutti a leggere le loro interessanti motivazioni. Invito però anche tutti, compresi proprio i miei colleghi, a leggere il saggio di Boris Battaglia: E chiamale, se vuoi, graphic novel (Edizioni ComicOut).
Si tratta, come riporta anche il sottotitolo, di un piccolo manuale per critici di fumetto che proprio nei capitoli iniziali tenta di rispondere alle nostre domande.

Sul perché si scriva la risposta dell’autore è tutto sommato ovvia: la necessità individuale di esprimere se stessi. Quello che ritengo invece di estremo interesse è la risposta data all’utilità di questa attività.
Nella maggioranza dei casi si vive il momento critico come una necessità prima di tutto personale e in quanto tale necessaria a noi stessi; si tratta di una visione però limitatamente solipsistica a cui Internet aggiunge esclusivamente l’elemento voyeuristico. Boris Battaglia intende sciogliere questo Uroboro, indicando una necessità non più strettamente personale ma in qualche maniera sistemica.
La critica è necessaria al fumetto e ancora di più necessaria al fumettista.

“Quindi è questo qui l’interesse del critico: il continuo miglioramento dell’autore di fumetti. E dovrebbe essere interesse del fumettista il tiro sempre più centrato e potente del critico. Questo può ottenersi solo attraverso il conflitto cioè il dibattito, la polemica. Unico momento in cui la critica può dare il meglio di se trattandosi di un arte retorica”

Finalmente un’impostazione di questo genere non solo conferisce dignità al critico ma lo riposiziona all’interno del mondo del fumetto come figura, se non fondamentale, quantomeno necessaria. Non più accessoria o addirittura superflua come troppo spesso si è tentati a pensare, colpevolmente persino dalla critica stessa.

Il manuale nelle pagine successive entra nello specifico del mezzo fumetto e lo fa con una, magari non sempre condivisibile, propensione provocatoria e destabilizzante.
Non è mia intenzione analizzare tutti gli argomenti trattati dall’autore, per questo invito all’eventuale acquisto; in questa sede mi limiterò a qualche riflessione su uno dei passaggio che più mi ha causato “problemi”:

“Abbiamo già visto come una insopportabile vulgata sostenga che il fumetto sia una sorta di linguaggio […] il fumetto non è un linguaggio perché è impossibile sapere, di un’immagine a fumetti, di cosa essa sia immagine.  […] Quel personaggio, e come lui tutti i fumetti  sta solo per se stesso. Non significa è”

Io questa vulgata non l’ho mai messa in discussione; magari con le sue specificità e anche con le sue numerose eccezioni, ma ho sempre trovato pacifico l’inserimento del fumetto nell’alveo dei linguaggi.

Non sto ora rinnegando questa visione che ancora trovo valida, mi rendo conto però di averla accettata probabilmente con una certa superficialità, senza un’effettiva analisi di cosa linguaggio significhi e quali caratteristiche abbia. Credo di essere caduto anche io nella pericolosa trappola della nobilitazione del fumetto a tutti i costi, pratica che passa attraverso definizioni altisonanti spesso vuote o inesatte di cui il fumetto non sente il bisogno.

Non ho la risposta definitiva alla questione ma il punto di vista di Boris Battaglia non può essere né ignorato né tanto meno sottovalutato e ancora una volta mette in luce la natura sfuggente del fumetto.

Chioso l’argomento con una puntualizzazione forse superflua ma doverosa: questa problematica di carattere definitorio non deve essere considerata una mera questione formale, magari limitata ad una nicchia di teorici della nona arte, ma è sostanziale e di primaria importanza per chiunque abbia, anche minime, velleità critiche.

Intendere quest’arte, di cui siamo appassionati, in un modo o nell’altro significa fare riferimento durante l’azione critica a strumenti ed approcci completamente diversi tra loro.
Prima  ancora di qualsiasi giudizio dovremmo chiederci: cosa è per noi il fumetto? Solo così potremmo avere più chiara la scelta del paradigma valutativo da adottare, al fine di una maggiore oggettività e credibilità.

Forse il titolo di questo saggio non è del tutto corretto, invece di “Manuale per i nuovi critici di Fumetto”  sarebbe stato meglio “Nuovo manuale per critici di Fumetto”.

Non si tratta dell’opera definitiva sul fumetto ma è una lettura preziosa, mai scontata, che pone i dubbi e mette in discussione certezze.
Ecco a volte è più importante questo.

Federico Catena

Ci sono più cose nei fumetti di quanto ne sogni la letteratura.

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