L’Eternauta, un fumetto fuori dal tempo

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Una famiglia è costretta a chiudersi in casa a causa di “particelle” mortali presenti nell’aria: una piaga planetaria che li vedrà costretti a uscire indossando speciali maschere; scopriranno successivamente che quello a cui stanno assistendo è una guerra d’invasione da parte di un aggressore al di sopra delle loro forze, l’unica possibilità sarà una strenua resistenza.


L’Eternauta è stato pubblicato per la prima volta nel 1957 e a rileggerlo oggi si rimane increduli, non dalla sua modernità quanto dalla sua più stretta contemporaneità. Un fumetto di oltre sessant’anni fa perfettamente allineato con i drammi dei nostri giorni, lascia molto su cui riflettere.

Ecco: questo è proprio il genere di articolo che non ho intenzione di scrivere, non condivido queste letture a posteriori né il fanatismo a cui spesso cedono. Con maggior onestà si può invece tentare qualche considerazione più ponderata, non dimenticando che si tratta di un caposaldo della nona arte ma senza per questo cadere in facili entusiasmi o peggio, ricorrere a visioni strumentalizzate; facendo invece uno sforzo verso una critica di natura più ontologica.

Prima di continuare, segnalo alcuni interessanti articoli già presenti su uBC:

La nostra scheda enciclopedica estesa (direttamente dallo storico sito web) molto utile per orientarsi nel mondo de L’Eternauta; e il recente articolo di Marco Gremignai focalizzato sull’edizione Eura.

A leggere L’Eternauta oggi è difficile non notare uno sbilanciamento tra parola e immagine. Forse il termine sbilanciamento non è del tutto corretto, quello che è evidente è una sudditanza, una sfiducia nei confronti dell’immagine, che sfocia nel didascalico anche esasperato. Questa impostazione, oggi superata quando non osteggiata, nel corso della narrazione conosce un’evoluzione non banale: la didascalia diviene essa stessa vignetta, la occupa, la monopolizza, l’immagine viene esautorata del suo ruolo. Pur trattandosi di una soluzione artisticamente interessante fotografa un’idea del linguaggio fumettistico limitata. Non basta la pur felicissima scelta di rendere la didascalia non extradiegetica (attraverso l’espediente del racconto a posteriori da parte del protagonista) a nobilitare un’impostazione oramai datata.

Pur non costituendo l’elemento centrale dell’opera, il lavoro del disegnatore Francisco Solano López risulta comunque di pregio (in rete si possono trovare articoli dall’opinione del tutto divergente e legittima) si tratta di disegni al servizio della sceneggiatura ma con il merito di essere molto empatici. I volti zeppi di tratteggi, la linea sporca, spessa, poco elegante, esprime a pieno la sofferenza fisica ed emotiva dei protagonisti. Sono facce consumate dalla guerra, stremate, invecchiate anzitempo. I disegni sono allineati con il dramma narrato, questo è un enorme merito che va ascritto all’artista.

Nella prima tavola troviamo una didascalia classica, nella seconda una didascalia con maggior peso narrativo

Un ruolo importante è giocato anche dal formato orizzontale: oggi in disuso ma che andrebbe rivalutato. Questo orientamento che era proprio di Hora Cero (rivista su cui è stato pubblicato inedito l’Eternauta) mostra i suoi punti di forza, soprattutto, nella prima parte. La tavola orizzontale permette uno sviluppo delle vignette in larghezza, prolunga la durata della sua lettura e conseguentemente ne dilata la percezione temporale, in perfetta combinazione con l’aria metafisica, glaciale e silenziosa provocata dalla nevicata. I fumetti in bianco in nero, poi, dimostrano sempre un particolare feeling con la neve.

Come nella più consolidata tradizione fumettistica anche l’Eternauta è il prodotto del lavoro di due artisti: ai disegni, come visto, Solano López e ai testi Héctor Germán Oesterheld, vero padre putativo dell’opera. Lo sceneggiatore argentino con ascendenza ispano-tedesca è un vero e proprio monumento del fumetto mondiale e L’Eternauta è considerato da molti uno dei suoi massimi capolavori.

La sceneggiatura è solida, la trama risulta sempre comprensibile, mai noiosa e ricca di colpi di scena. Sono due gli aggettivi che meglio descrivono questa esperienza di lettura: avvincente e ritmata, due caratteristiche strettamente connesse l’un l’altra.
Precisiamo una cosa: L’Eternauta non è una graphic novel; esce serializzato su Hora Cero della casa editrice Editorial Frontera, di proprietà dello stesso Oesterheld e di suo fratello; l’edizione attualmente più conosciuta è quella che lo vede pubblicato in volume unico con l’eliminazione completa dell’originaria suddivisione. Questa puntualizzazione è necessaria: uno, per ribadire ancora una volta che il tipo di pubblicazione poco incide sulla qualità del contenuto e di come alcune definizioni siano più commerciali che non artistiche; due, per meglio comprendere come quella natura avvincente dell’opera non sia una semplice qualità accidentale ma una necessità ricercata.

I volti sofferenti ed estremante espressivi di Francisco Solano López

I momenti d’azione si intervallano a situazioni meno concitate, di riflessione, funzionali ad amplificare la tensione e dare ritmo al racconto, così il fumetto diviene avvincente.
I protagonisti sono posti continuamente a prove il cui esito non risulta mai scontato, mai predeterminato. Nella narrativa d’avventura il lettore sa che il protagonista, malgrado i pericoli più tremendi che si troverà ad affrontare arriverà in fondo alla storia, riuscirà sempre. È un patto questo, tra autore e lettore, accettato implicitamente: ci si appassiona al come non tanto al se. Nell’Eternauta il pericolo è sempre portato al limite, la tensione ai massimi livelli; qui, più di altrove, le sorti dei protagonisti e dell’umanità appaiono incerte, dubbie. Oesterheld gioca al rialzo e l’impressione è che il lieto fine sia impossibile. Il sistema funziona alla grande, le pagine di questo fumetto non si leggono si divorano. Il finale diventa però parossistico, l’impressione è che lo sceneggiatore argentino porti gli avvenimenti verso una strada senza uscita, che tiri troppo la corda, che il meccanismo narrativo così ben congegnato, in fin dei conti, non si adatti ad una conclusione; la soluzione sarà, non a caso, per assurdo. Pur trattandosi di una storia di fantascienza l’Eternauta è caratterizzato da una forte pragmaticità, una concretezza palpabile vera che però stona con un finale surreale alla Twilight Zone (mitica serie televisiva americana da noi conosciuta come, Ai confini della realtà).

Oesterheld, in evidente stato di grazia durante la scrittura de L’Eternauta, vanta un altro merito, meno fumettistico e più editoriale, ma non meno importante per il successo dell’opera: il titolo. Probabilmente si tratta di uno dei titoli più riusciti nella storia del media, un neologismo che non suona tale, misterioso e allo stesso tempo affascinante, evocativo. Poco importa se, in fondo, il titolo tradisce l’opera, se gioca su un immaginario diverso, rimane esemplare la sua estrema efficacia.

L’Eternauta è e rimane un’opera estremamente interessante, fondamentale per il fumetto anche senza, come visto, dover scovare tra le sue pagine superflui meriti profetici. A conclusione di quanto detto mi preme chiarire un’ultima questione.
In rete sono numerosi gli articoli in cui viene offerta un’interpretazione storica di questo fumetto, alla luce degli eventi politici Argentini del periodo, in virtù della militanza dell’autore nei Montoneros e della sua successiva scomparsa. Bisogna fare chiarezza: la rivoluzione militare Argentina avviene nel 1976, Osterheld si avvicina alla resistenza qualche anno prima grazie alle figlie ma significativamente dopo la prima stesura dell’Eternauta; non c’è nessun elemento così evidente che possa far pensare ad una scrittura politica delle vicende (discorso molto diverso per il seguito o per la mirabile versione disegnata da Alberto Breccia). Come, in parte, scrive anche Goffredo Fofi nell’introduzione al volume di 001 Edizioni, i riferimenti sono da trovare altrove, nella cultura popolare, nella fantascienza inglese e in generale nell’intrattenimento di stampo anglosassone.

Federico Catena

Ci sono più cose nei fumetti di quanto ne sogni la letteratura.

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