Si avvicina il numero 300 e la quest della ricerca del calderone di Dagda entra nel vivo. Con questa doppia avventura, infatti, Mauro Boselli definisce e delinea ancor più dettagliatamente le (molte) forze in campo e prepara, ancora, il terreno per lo scontro decisivo.
Un’altra storia di preparazione, quindi: ma, stavolta, con molta più carne al fuoco.
Nelle 196 pagine di questa storia doppia, l’eroe della testata – Harlan – è a dir poco marginale: questo perché il cuore della vicenda è la continuazione della narrazione del ciclo arturiano. Le avventure di Arthur Gernow, Myrddin Ambrosius e del primo Dampyr Taliesin, seppur narrate fino ad ora in una manciata di albi, sono diventate fondanti per la serie e rappresentano oggi, forse, la digressione storico-mitica più interessante del ciclo dampyriano.
Riprende quindi il racconto del viaggio di Taliesin per raggiungere il padre, Lord Mordha, interrotto nel Dampyr n.284 “Il calderone di Dagda” e prosegue con la narrazione delle gesta di Myrddin Ambrosius e la forgiatura delle tre leggendarie spade del titolo: Curtain per Holger il Danese, Durandal per Roland, Flamberge per Ranaut di Montauban.
Come sempre il racconto, narrato in contemporanea da Azara a Daniel Marchal e da Dolly MacLaine prima e da Araxe dopo al nostro Harlan, è ricco e complesso.
Un racconto prolisso e articolato, sempre capace di affascinare per l’originale e intelligente capacità di Boselli di fondere eventi leggendari e personaggi storici con la narrazione dampyriana. L’autore, come di consueto, non manca poi di inserire tra i miti della letteratura cavalleresca le contemporanee derive narrative, ottenendo – ancora una volta – una fusione decisamente affascinante.
Il risultato, pur nella sua lenta complessità, è una prima parte del racconto sì funzionale alla narrazione della testata ma, soprattutto, suggestivo e appassionante da leggere e scoprire.
Tra i personaggi, Daniel Marchal si rivela centrale nella trama e pian piano se ne palesa il motivo. Il malcapitato, fresco di matrimonio con Margot, viene rapito da Azara intenzionata a leggere il passato attraverso il suo sangue. Quello che viene raccontato è infatti finalizzato al ritrovamento delle tre spade di cui sopra, forgiate con i resti del mitico calderone.
Una prima parte del racconto, quindi, tanto complessa quanto avvincente che si complica ancor più nel secondo albo – “Re del passato, Re del futuro” – che sposta la narrazione dal ciclo bretone a quello carolingio: di nuovo una commistione storico – letteraria – fantastica che affonda le sue radici in Turoldo arrivando ad Ariosto.
Man mano che il racconto avanza, la trama, i nomi e gli avvenimenti si ingarbugliano. Diventa sempre più complesso districarsi fra episodi storici (la battaglia di Roncisvalle, 778 d.C.) e personaggi leggendari (Renaut de Montauban). Eppure, complici i significativi svelamenti e i colpi di scena, oltre al carisma dei nuovi eroi scesi in campo (Roland, Holger), anche questa seconda parte funziona bene e tiene vivo l’interesse di chi legge.
Certo, tanta complessità richiede una seconda lettura e, inoltre, di sfogliare gli albi precedenti, ma il fascino e la forza della materia di Francia disegnata dal tratto intenso ed espressivo di Michele Rubini ci regalano una piacevole e interessante lettura.
Funziona meno e scricchiolano un po’, invece, le scelte narrative volte ad incastrare e far funzionare i piani di Azara. Così come fanno storcere il naso la facilità con cui Margot si allea con la vampira o lo scarso interventismo di Tesla e Kurjak, che compaiono solo sul finale della vicenda.
Lo stesso Dario Viotti, se pur in perfetta sintonia con la narrazione, non riesce ad esaltare volti e sguardi come si converrebbe.
Questa differenza di fascino tra gli eventi cavallereschi e quelli contemporanei finisce per sbilanciare la narrazione, ponendo fortemente l’accento e l’interesse del lettore sul racconto degli eroi del passato. È una situazione abbastanza classica, questa: Mauro Boselli tende spesso a sacrificare il contemporaneo quando gli eventi storici e i racconti si fanno più complessi. Ma in questa occasione le vicende di Azara e Harlan erano sicuramente altrettanto centrali e dirimenti: vederle così sacrificate è un peccato. Lo svelamento finale riassesta comunque il tutto con la forza e il vigore epico proprio dei personaggi narrati.