Ho un debole per i fari (e forse anche voi), per via della loro influenza solitaria, austera e romantica allo stesso tempo. Provo una sensazione di dolce malinconia solo a vederli, figuriamoci quando vado a visitarne qualcuno.
Tempo fa mi consigliarono di leggere questo fumetto di Emmanuel Lepage, Ar-Men, pubblicato da Tunué. Passò del tempo ma alla fine balzò davanti ai miei occhi e lo lessi.
Semplicemente, e senza esagerare, posso affermare che si tratta di un capolavoro della nona arte. Tra l’altro, il suo grande formato rende giustizia alle meravigliose tavole, tanto che sentirete anche voi (qualora lo voleste leggere) l’efferatezza del mare che si scaglia e si staglia contro la cinta muraria del faro, denominato “Ar-men l’inferno degli inferni”.
Ah, giusto per precisare: questo faro è realmente esistito – e vedere le immagini reali di quanto appena detto, fa davvero paura: il nome gli calza perfettamente.
Ma torniamo al fumetto. Germain, uno dei guardiani di Ar-Men, solitario e temerario, ha trovato il suo posto fra la furia delle onde e le lunghe guardie notturne; qui può convivere con i suoi fantasmi tra ricordi, storie e leggende.
E quando la porta del faro cede durante una tempesta che allaga la torre, sotto l’intonaco scrostato dai muri Germain trova un tesoro, delle scritte ma, più di ogni altra cosa, la storia di Moïzez, un ragazzo sopravvissuto a un naufragio sull’Île de Sein che prese poi parte ai lavori di costruzione dello stesso faro.
Un monumento che diventa reale, un racconto che diviene arte, una storia lunga tanti anni e delle visioni che hanno un fascino singolare. Lepage mette su un’opera eccezionale per donarci – forse meglio dire restituirci – una storia che ha dell’incredibile e che non tutti conoscono. Il gioco delle parti è ben equilibrato, narrazione e comparto grafico vivono in simbiosi, quasi fossero già pronti da sempre.
L’autore fa collimare finzione e documentario, epico quanto intimo, restituendo una storia intensa, con colori sontuosi e immagini mozzafiato.
Ar-men è un fumetto ma anche un luogo. Ti dà la possibilità di prenderti del tempo e vivere una solitudine che, personalmente, mi piace definire come “ricercata”. Abbandonarti totalmente nella lettura e vivere insieme ai protagonisti questa avventura folle e magica.
Un luogo carico di sensazioni, storie, disperazione e lutto.
Perché, come scrivevo all’inizio di questo articolo, i fari sono un luogo con una fascinazione totalizzante.