“Fuga da Europa”(Nathan Never n.321, febbraio 2018) è il nuovo albo scritto e sceneggiato da Thomas Pistoia, alla sua seconda prova sulla serie regolare di Nathan Never. La trama è piuttosto semplice: Nathan si deve infiltrare nella comunità di Europa, e provare a rientrare sulla Terra usando i canali illegali purtroppo attivi da tempo sul corpo celeste, così da scoprire la metodologia dei trafficanti di uomini e riuscire a stanarli. L’albo è ben scritto, ha abbastanza ritmo, le varie comparse ben tratteggiate. Anche i disegni si prestano bene: il tratto di Romeo Toffanetti è graffiante, c’è intensità in ogni volto ed in ogni gesto.
Ma… perché purtroppo c’è un MA piuttosto importante… ma probabilmente la storia è fuori luogo. Dove il “luogo” è una serie di fantascienza. E dove c’è un lettore che ha comprato una serie di fantascienza, e invece si è ritrovato in mano un ritratto vero e caustico della situazione dei migranti del nostro tempo.
La trama scritta da Thomas Pistoia è un puro pretesto per raccontare l’angoscia che milioni di persone stanno vivendo ormai da anni, in fuga dai loro paesi (la Siria, ma anche numerosi paesi dell’Africa) e in arrivo, disperati, in primo luogo nel nostro paese. Il quadro è crudo: ci sono i trafficanti senza scrupoli che cavalcano la disperazione dei migranti, c’è la “legge” che in qualche maniera deve farsi carico degli arrivi, e ci sono i migranti, che a volte sono profughi, a volte terroristi, a volte clandestini, quasi sempre vittime del sistema.
E Bilal, il nome assegnato a Nathan durante la missione di copertura, non fa altro che raccontare questo spaccato, comportandosi anche da disperato: invece di reagire ai soprusi perpetrati dai trafficanti, come farebbe il “nostro” Nathan, si limita ad assistere impotente, perché l’unico obiettivo è scappare e riuscire a restare vivi.
Tutto ben scritto, intenso, drammatico… MA… fuori luogo, dicevamo. Nathan Never (e in generale la testate Bonelli) non è nuovo a commistioni tra le situazioni contemporanee e gli albi in edicola (basti ricordare il gigante n.4, che parla di mutati ma che probabilmente è una precisa critica alla moderna politica israeliana, oppure l’albo n.24 di Legs Weaver dedicato allo scottante argomento della violenza sulle donne), ma in “Fuga da Europa” è tutto troppo smaccato, troppo scoperto. Già dal nome Bilal si traccia una linea netta, un nome di etimologia arabo/turca… perché non chiamare il nostro infiltrato Elijah o Deckard?
Chi si avvicina alla fantascienza (che sia un fumetto, un libro, un film) probabilmente cerca anche la riflessione che è tipica del genere, con l’impatto della tecnologia nella società e con “grandi temi” orientati al futuro dell’umanità. Nathan Never è una serie in edicola da due decenni, e non è certo pensabile che ogni albo ponga le basi per elucubrazioni sul rapporto tra uomo e macchina, o sui viaggi spaziali, o sui limiti che la scienza dovrebbe darsi relativamente all’etica… però in “Fuga da Europa” non c’è una minima traccia di un uso ponderato della fantascienza in funzione della trama. Nelle 96 pagine della storia non c’è metafora, non c’è alcun parallelo chiesto al lettore che vada oltre la semplice search&replace dei migranti spaziali di Europa con quelli del Mediterraneo.
Nell’albo manca la parte speculativa della fantascienza, per questo così com’è scritta la storia stona nel contesto di Nathan Never. Non è certo menefreghismo, né un medium inadatto: ci sono stupende graphic novel che raccontano la situazione geopolitica moderna (le opere di Guy Delisle o Gipi, o le molte uscite della Beccogiallo). Ma “Fuga da Europa” non è una graphic novel da libreria: è un albo seriale da edicola della collana di fantascienza Nathan Never. E il lettore potrebbe sentirsi molto ingannato da quest’uso improprio della sua serie mensile preferita.
Thomas Pistoia aveva già fatto una cosa simile con il suo albo precedente, “La lunga marcia” (Nathan Never n.297, febbraio 2016), scritto in realtà dopo “Fuga da Europa“, ma forse in quel caso l’inadeguatezza rispetto alla serie era stata leggermente minore perché il tema era meno in primo piano rispetto ai migranti (pur restando molto forte ed attuale: l’omertà e la mafia). In questo nuovo albo, invece, l’esperimento è stato davvero troppo ardito. O forse no, e ormai Nathan si conferma sempre più un contenitore in mano all’autore di turno, che può persino permettersi di inserire nella storia solo briciole di fantascienza per parlare dell’attualità degli anni 2000.