7/10
Una storia che, a giudicare solo dalla cover, si lascerebbe scorrere abbastanza superficialmente.
Una storia invece che, a partire dal titolo, ha echi che farebbero pensare al lirismo se non di Medda, certo di Ostini.
E invece Giovanni Eccher – con tutto il rispetto del caso, s’intende! – confeziona un plot alla fine lineare e relativamente statico, nel senso che l’azione ha il suo giusto peso, senza strafare, salvo poi restituirci una Legs che fa la Legs che ci aspettiamo, e questo già vuol dire tanto.
Non solo: l’autore fuga tanti dei dubbi odierni che si hanno in materia di “intelligenza artificiale”; dispiace magari il fatto che affidi tale compito a Sigmund che, tra tutti, deve fare la lezioncina nientemeno che a Nathan, il quale ci fa una figura da boomer mica da ridere.
Le odierne nuove frontiere della tecnologia, in questo caso le cosiddette AI generative, entrano quindi ufficialmente anche nella dimensione “futura” neveriana, sebbene suggestioni di questo tipo fossero presenti nella testata – ma appunto, solo come tali, e quindi con nomi più fantasiosi – già da lungo tempo (cfr. Nathan Never n.83 La notte dei dannati”).
Ciò a significare ulteriormente che la trama scorre a tratti su binari già collaudati – tra l’altro, nello stesso editoriale si fa riferimento a precedenti storie a tema musicale – e i rimandi specifici a questa o quell’altra opera sarebbero numerosi. A maggior ragione, pertanto, risalta la capacità da parte dell’autore di amalgamare sapientemente ingredienti in certa dose già noti al lettore, muovendo con garbo corde più intime e concedendo a Nathan una seppur minima, ma sincera, dimensione extra-lavorativa.
Il lavoro di Dante Bastianoni si mantiene fondamentalmente su livelli coerenti con le sue opere passate, e forse soffre per la penuria di sequenze d’azione; rimane purtuttavia un tratto di assoluto livello, che da sempre ben si attaglia al mood neveriano – e stavolta è interessante la scelta per la fisionomia del magnate discografico Finkelmann.
Come detto all’inizio, una storia che fa leva (umanamente e non in maniera smielata) sui sentimenti, à la Ostini, e che si fa scoprire meglio ad una seconda lettura, à la Medda: due referenze non da poco per un’indagine toccante e dolceamara.
VOTO
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