Per una volta, una mia Short Anni ’70 sarà un po’ più lunga delle canoniche 300 parole che ho usato nelle uscite precedenti, in modo da parlare di una sequenza di albi zagoriani che mi è rimasta nel cuore…
Dicembre 1974. Per festeggiare il mio compleanno, decisi di investire la mia paghetta andando in edicola e comprandomi un fumetto… e restai sorpreso da una curiosa coincidenza: uno accanto all’altro, trovai infatti due albi bonelliani con avventure “retrospettive”, La storia del Comandante Mark completamente a colori (come da prassi per i n.100) e la ristampa “scritta rossa” Zagor racconta…
Il mio budget mi permetteva di acquistarne soltanto uno, quale scegliere? Naturalmente, non ebbi alcun dubbio e optai per Zagor di cui, in quel periodo, stavo leggendo “in diretta” – grazie a mio fratello che li acquistava regolarmente – gli albi della mitica Golden Age.
Fu davvero un’ottima scelta, perché la storia in cui Guido Nolitta (con i fantastici disegni di Gallieno Ferri) svelava il passato di Zagor era architettata in modo magistrale. La tragica uccisione dei suoi genitori… Gli anni trascorsi con il mentore Wandering Fitzy… L’inestinguibile sete di vendetta che lo animava… Il massacro degli Abenaki… La rivelazione su suo padre…
Dovevo assolutamente scoprire come sarebbe andata a finire: e quindi investii in edicola la mia paghetta anche il mese dopo, per acquistare l’albo successivo in cui avveniva – grazie ai Sullivan – la trasformazione da semplice uomo dei boschi a Re di Darkwood.
A quel punto si poneva un problema, perché nel n.56 iniziava un’altra storia che – per quanto disegnata da Franco Donatelli (un bravissimo disegnatore che però non mi entusiasmava come Ferri) – sembrava molto interessante: dopo una spassosa gag di Cico, la trama virava decisamente verso il dramma, con il massacro di un’innocente famiglia di coloni e la scritta “Mohican Jack” vergata con il sangue delle vittime…
Impossibile fermarsi, a quel punto: e così acquistai anche il n.57 e soprattutto il n.58, con la carica suicida che metteva fine al “folle” progetto del giornalista Jack Elworth, in quella che sarebbe diventata la prima delle amarissime storie nolittiane decisamente impegnate a favore degli indiani – un filone che, durante la Golden Age, avrebbe prodotto (sempre con i disegni di Donatelli) autentici capolavori quali Libertà o morte, La rabbia degli Osages e Sandy River.
Terminata questa bella storia, ne iniziava un’altra con i disegni del mio amato Gallieno: avrei potuto lasciarla in sospeso, visto inoltre che sarebbe continuata in un albo dal titolo e dalla copertina così promettenti, con Zagor che malmenava… una giubba rossa?!? Naturalmente no…
E così acquistai anche il n.59 e il n.60, in cui la storia si concludeva in un crescendo di emozioni, dalla “finta” fucilazione del titolo all’inevitabile disfatta del raffazzonato esercito inglese e, soprattutto, alla giusta punizione dei trafficanti d’armi che avevano alimentato il sogno di riconquista della “Nuova Inghilterra”.
Avrei continuato ad acquistare anche gli albi successivi per ricongiungermi alla collezione di mio fratello, iniziata con il n.85 – cioè l’esordio della Golden Age? Forse sì, se il mese dopo (giugno 1975) non avessi trovato in edicola, accanto al n.61 di Zagor, il primo numero di Mister No… e così la mia paghetta prese un’altra strada, come racconterò presto. Ma la sequenza 55-60 di Zagor è rimasta per me indimenticabile.