È nel terzo centinaio della serie regolare (numeri dal 201 al 300) che si concentra la maggior produzione di Guido Nolitta per Tex, dopo le prime storie di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente.
Si può affermare che non vengano toccate le vette qualitative del periodo precedente, quello in cui Bonelli ha sfornato la maggior parte dei suoi capolavori e, non a caso, ribattezzato il “centinaio d’oro”.
Va rimarcato però che, ad un Bonelli ancora in buona forma e capace di regalare altre storie magnifiche, Nolitta aggiunge un pizzico di imprevedibilità, con episodi che lasceranno il segno su tanti lettori, a partire dalla lunga e appassionante I ribelli del Canada, autentico kolossal a fumetti.
Il gradimento delle sue storie da parte dei lettori è ovviamente legato alla sensibilità del singolo: se sulla qualità non vengono mossi appunti particolari, è la caratterizzazione del Ranger a dividere le opinioni dei lettori, così come le ambientazioni non sempre in linea con la tradizione bonelliana di Tex.
Emblematico in questo senso è il responso del referendum del 1981, apparso sul numero di febbraio e marzo della serie regolare (rispettivamente negli albi 244 I cacciatori e la preda e 245 Sentiero senza ritorno) in cui si chiedeva ai lettori – tra le altre cose – di citare almeno tre albi di Tex che erano stati più apprezzati e tre, invece, che erano stati maggiormente deludenti.
Il periodo in cui scegliere le storie era limitato ai cinque anni precedenti: quindi, grosso modo, dal numero 183 Caccia all’uomo di gennaio 1976 al numero 243 Il segno di Cruzado di gennaio 1981.


Come si può notare, il responso dell’iniziativa (che ebbe un grande riscontro tra i lettori che spedirono quasi diciassettemila lettere) fu quanto meno curioso, in quanto tre storie compaiono sia tra le migliori che tra le peggiori!
Se le storie nolittiane più classicamente western come El Muerto e Il segno di Cruzado risultano tra le migliori, la più “sperimentale” – per Tex – Sasquatch ha invece decisamente diviso i lettori, apparendo sia tra quelle più gradite che tra quelle più deludenti.
Tex n.203-204-205-206-207 “I ribelli del Canada”
(settembre 1977 – gennaio 1978)
La lunga avventura canadese in cui Nolitta, sempre anonimamente, collabora nuovamente con l’ottimo Fernando Fusco rappresenta sicuramente un classico per Tex, tanto da essere stata ristampata più volte anche in edizioni da libreria, l’ultima volta lo scorso maggio.
Si tratta di una storia compiutamente nolittiana, ispirata a fatti storici come le gesta in Quebec del ribelle metis Louis Riel.
Sulle tracce di Roger Goudret, strano personaggio fomentatore di ribellioni indiane, incarcerato in Montana, Tex ritrova il capitano delle Giubbe Rosse canadesi Jim Brandon, giusto in tempo per assistere alla sua evasione causata dall’intervento del sanguinario Big Bear. Tex e Jim si ritrovano quindi ad inseguire i due cugini nelle foreste canadesi, tra l’ostilità della popolazione Metis di origine francese che vuole ribellarsi alla dominazione britannica, con scontri tra le Giubbe Rosse e gli Uroni ribelli in scenari maestosi e con continui richiami ai grandi classici del cinema western e dei romanzi d’avventura.
Nolitta utilizza la sua consueta tecnica narrativa, dilatando i tempi del racconto da un lato e infarcendo la narrazione con continui colpi di scena. Nello stesso tempo riesce a caratterizzare al meglio i vari personaggi, da Tex e Brandon che rinnovano la loro antica amicizia, a Soublette – lo scout canadese – cui tocca in parte recitare il ruolo bonario di spalla comica, solitamente impersonato da Kit Carson, ai “cattivi” descritti in tutte le loro sfumature e contraddizioni: l’ingenuo Goudret che sogna un futuro di pace per tutti, il sanguinario Big Bear, l’ambiguo Donovan che riscatta con un gesto di coraggio la sua vita di spia e infiltrato tra le Giubbe Rosse, ritrovando perfino una certa sintonia con il suo superiore Jim Brandon.
Sono numerose le scene fondamentali, come l’ingresso di Tex e Brandon nel fortino delle Giubbe Rosse, da poco espugnato dai ribelli (una scena dai forti richiami zagoriani), o i momenti di tensione con gli scontri tra la popolazione di origine francese e il drappello di militari canadesi, guidato da uno stolido ufficiale che li farà massacrare.
È sicuramente un Tex diverso, quello nolittiano, perfino disinibito quando a inizio storia osserva le ballerine nel saloon, o fin troppo cinico quando obbliga Brandon ad abbandonare il drappello delle Giubbe Rosse nel terribile scontro con Uroni e Metis, in una trappola in cui il loro inesperto tenente li ha cacciati.
Un Tex che – come sovente accade con Nolitta – si trova ad agire da solo, senza i suoi consueti pard, trovando nuovi alleati lungo il cammino, e che si ritrova – questo si che è veramente un momento unico nella saga texiana – legato al palo della tortura per quasi un albo intero, da pag.24 a pag.108 del n.206 (intitolato non a caso Tortura).
Ottima sceneggiatura e ottimi i disegni di Fusco, come di consueto, maestro nel rappresentare i maestosi scenari canadesi, come le numerose scene d’azione e dando profondità a tutti i personaggi. Peccato per alcune copertine poco curate di Galep, con gli indiani rappresentati come quelli soliti del sud-ovest americano.
Tex n.220-221-222-223 “Sasquatch”
(febbraio-maggio 1979)
Una storia in cui è ben evidente l’impronta nolittiana è senz’altro questa, incentrata sul rapporto tra uomo e natura e sul confine tra bene e male.
Da una parte lo studioso, il professor Crosby, che si pone con rispetto di fronte ai misteri della natura e alle abitudini delle popolazioni indigene; dall’altra i suoi giovani e rampanti assistenti, Brokman e Sears, mossi solo dalla brama di onori e ricchezze, totalmente insensibili alle regole e ai costumi locali e, più in generale, al valore della vita umana. Un quadro sicuramente più assimilabile a certe atmosfere zagoriane, piuttosto che alle consuetudini presenti in Tex.
I tratti caratteristici della scrittura di Nolitta sono ben visibili già nell’incipit, in cui le didascalie raccontano della nascita delle boom town, dipingendo un quadro avventuroso e nello stesso tempo disincantato di questi ambienti così tipicamente western.
Efficacissime le tavole con paesaggi e scene di vita raccontate attraverso brevi ma azzeccate didascalie, nella miglior tradizione – ad esempio – di Mister No, in cui tante avventure hanno un inizio del tutto similare.
Gli usi e costumi di questi indiani – i Klamath – così poco conosciuti rispetto ai più “convenzionali” Sioux e Apache, ci vengono raccontati per sommi capi dall’autore senza che il tutto diventi greve: addirittura è Tex, in veste di cicerone, che spiega ai componenti della spedizione – e quindi a noi lettori – il significato dei totem indiani che incontrano durante il viaggio.
Uno dei simulacri però è sconosciuto anche a Tex, quello che raffigura il “selvaggio uomo dei boschi”, misteriosa creatura di cui nessuno conosce le origini.
Nolitta è bravissimo a costruire il climax di mistero e tensione che, piano piano, affiorerà nella storia, fino all’emozionante e incredibile finale.
L’ossessionante, cupo e lontano tambureggiare, i terribili ululati di animale ferito, i misteriosi bivacchi notturni, la presenza tangibile di un essere sovrannaturale, le misteriose guarigioni: tutti elementi che, piano piano, svelano che la storia prenderà una piega del tutto inaspettata e imprevedibile.
L’impianto narrativo è solido, senza sbavature, con colpi di scena uno dietro l’altro. Nolitta riesce a limitare i suoi “virtuosismi” nella caratterizzazione di Tex, rimanendo sostanzialmente fedele al modello del padre: duro con i prepotenti, spietato con gli assassini, rispettoso dei nativi, delle loro tradizioni e delle loro credenze.
Ed è un Tex giusto nella profondità del proprio animo, come lo stesso Sasquatch riconoscerà, leggendo dentro i suoi occhi e nel suo cuore, in una delle scene più iconiche della lunga epopea del nostro ranger.
Magistrale Erio Nicolò nell’interpretazione di questa storia: drammatico e intenso come sempre, mai un tratto in più del necessario. In particolare risulta davvero azzeccatissima la raffigurazione grafica del possente Sasquatch, vicina all’iconografia tradizionale di questo leggendario “uomo dei boschi”.
Tex n. 223-224-225-226 “Missione suicida”
(maggio-agosto 1979)
In questo episodio, Nolitta si confronta con scenari già battuti in precedenza da Gianluigi Bonelli e che, successivamente, verranno ripresi con successo anche da Claudio Nizzi.
L’eterno conflitto messicano-statunitense fa da sfondo a questa avventura di Tex che, in compagnia di Carson, è incaricato di sabotare i piani di invasione del Texas da parte di Don Diego Navarrete, signorotto locale appoggiato in modo indiretto dal governo messicano, che si avvale di un piccolo esercito arruolato tra la feccia del West.
Nonostante le buone intenzioni la storia è alquanto deludente, pesante nei dialoghi, con colpi di scena piuttosto telefonati e, in diversi casi, un comportamento di Tex totalmente illogico.
L’episodio iniziale è emblematico in tal senso: Tex e Carson, per tre giorni, condividono insieme ai soldati americani l’attesa del carico dei trafficanti di armi diretti in Messico, senza proferire parola sulle scelte del tenente al comando (almeno Nolitta questo lascia intendere o, comunque, non indica il contrario).
Una volta che l’agguato ai trafficanti fallirà clamorosamente, terminando in un terribile massacro dei soldati, Tex non troverà di meglio che prendersela con il tenente accusandolo di tutta una serie di negligenze e di errori nel piano attuato per sorprendere i trafficanti che, chissà per quale motivo, non aveva contestato prima. Il risultato è una scenata insensata e totalmente gratuita, da perfetto isterico.
Lascia perplessi anche la parentesi della visita al carcere per assoldare detenuti con cui organizzare la missione di sabotaggio in Messico, del tutto episodica e slegata dal resto della storia. È come se Nolitta ci avesse fatto pregustare un bel piatto ricco – che faceva tanto Quella sporca dozzina – e poi ce lo togliesse da sotto il naso.
Poco riuscita anche la gestione dell’incontro/scontro con gli indiani, in cui il giovane capo Negrito, dopo aver catturato con un banalissimo tranello Tex e Carson, si permette addirittura di ironizzare: “Ho sentito tante volte parlare di Aquila della Notte, e so che un grande capo abile e valoroso come lui non sarebbe mai caduto stupidamente in un agguato del genere”.
Non tutto è da buttare: ad esempio è magistrale l’ingresso dei nostri nel campo nemico, con Carson in grande spolvero nel far capire a tutti di che pasta è fatto il “nonnetto”. In generale tutta l’ultima parte è decisamente più riuscita, soprattutto con la scena ad alta tensione della partita a poker, sempre gradita dai lettori texiani.
Anche se non è più il Galep dei tempi d’oro, il suo tratto riesce ancora ad emozionare, soprattutto nei bei disegni iniziali, con protagonista assoluta la pioggia battente. Il fulmine che illumina il cavaliere nella notte, i cappelli piegati dall’acqua, gli schizzi sollevati dalle zampe del cavallo sono tutti dettagli eseguiti alla perfezione.
Tex n. 236-237-238-239 “Contro tutti”
(giugno-settembre 1980)
In questo episodio ritornano alcune atmosfere del precedente Il cowboy senza nome, con un Tex in solitaria che deve fronteggiare senza l’aiuto di nessuno una vasta schiera di fuorilegge.
Un Tex duro e risoluto, di poche parole, che liquida gli avversari che gli si parano davanti senza tentennamenti. Caratteristiche che possono ricordare la scrittura di Bonelli padre ma che, in realtà, Nolitta sviluppa in modo diverso, dando loro una connotazione più cupa e arrabbiata, specie nei dialoghi che danno un taglio quasi crepuscolare al nostro eroe.
Crepuscolare è anche l’atmosfera in cui si svolge l’intera vicenda: è un West che mostra una delle sue facce meno attraenti, come quella degli indiani abbruttiti dall’alcol che vagabondano per le polverose vie di una misera cittadina, dediti all’accattonaggio e a piccoli furti per sopravvivere.
È il West delle “ragazze da saloon” come la disincantata Kate, donna ormai sfiorita della giovanile bellezza e schiava della routine di una vita fatta di fugaci approcci amorosi e poco altro e che, perso l’unico uomo che abbia mai amato, si rifugia anch’essa nell’alcol. Non mancano nemmeno le famiglie disfunzionali come quella dei Nelson, trafficanti di whisky, raffigurati più come dei reietti spinti a delinquere dalla miseria e dalla fame che come dei criminali incalliti. Nonostante le loro attività illegali e gli assassinii di cui si macchiano, Nolitta non esita a mostrarci i tratti di una normale famiglia che consuma il pasto insieme, le rivalità interne tra cugini e le gelosie tra moglie e marito, come quella di Stanley per la moglie Stella (nomi che sembrano una citazione di Un tram che si chiama desiderio), colpevole solo di aver mostrato una simpatia per Tex.
Senza dimenticare il disilluso “sergente” Danny che, costretto dalle ristrettezze economiche e dal doloroso passato di combattente confederato, diventa complice dei banditi per coltivare il suo sogno di ritirarsi nel suo Missouri a condurre una vita di ozio e pace. Sogno che rimarrà tale proprio per mano di Tex.
Una storia che in realtà ne lega due: la prima che consiste nello sgominare la banda che assalta i carichi di argento della Central Mining Company, mentre la seconda – più interessante – è quella in cui Tex deve porre fine al traffico clandestino di alcol che infesta la zona di Elk City. Interessante come Nolitta riprenda uno stratagemma già utilizzato più volte dal padre, ovvero il Tex infiltrato nelle bande criminali con falsa identità – in questo caso Ted Hawkins – dando una connotazione di sé completamente diversa dalla sua reale natura. Un esempio del passato su tutti è la celeberrima Gilas, uno dei tanti capolavori di GLB.
Nonostante il titolo Contro tutti dia la corretta dimensione di questa vicenda, nel finale saranno due inaspettati alleati ad aiutare fattivamente il Ranger, togliendolo da una situazione complicata, mostrando un loro lato che Nolitta aveva abilmente celato in precedenza.
Ai disegni ancora una volta l’indimenticato Erio Nicolò, perfetto complice di Nolitta nel rendere su carta le peculiari atmosfere di questa storia, compresi gli episodi apparentemente insignificanti come Tex che si fa radere dal barbiere (che all’occorrenza funge anche becchino del paese!), scena tra l’altro piuttosto inedita per il nostro eroe. Sempre affascinanti le sue figure femminili come, ad esempio, la succitata Kate che, nonostante il logorio degli anni e delle fatiche che la vita le ha riservato, mantiene lo sguardo fiero grazie ad occhi espressivi e profondi.
Tex n. 242-243-244-245 “Il segno di Cruzado”
(dicembre 1980 – marzo 1981)
La storia seguente, Il segno di Cruzado, è sicuramente uno degli episodi più controversi tra quelli scritti da Nolitta per Tex, in quanto troviamo un concentrato di situazioni al limite del grottesco che mettono costantemente in crisi il protagonista, cui vediamo perfino commettere errori di valutazione.
Il villaggio Navajo ospita un gruppo di Paiutes comandati dal giovane Cruzado. Dopo essersi sperimentato nell’insolita e spettacolare “Chicken Race”, gioco in voga tra gli Utes, Tex è costretto a mettere un freno all’arroganza del giovane guerriero. Il mattino dopo, però, una dozzina di giovani navajos decide incredibilmente di seguire nelle sue scorrerie Cruzado, abbandonando la tribù. Tex e i suoi pards partono alla caccia del gruppo di ribelli prima che l’intervento dell’esercito scateni una nuova guerra indiana.
Solo sulle Rocky Mountains i nostri eroi riescono a ritrovare il gruppo dei ribelli, a sconfiggerli e a riportare i pochi sopravvissuti giovani Navajos al villaggio, dopo un lungo viaggio di ritorno dal Colorado, non scevro di insidie e pericoli.
Sono molti gli elementi tipici delle storie nolittiane che ritroviamo in questa avventura, come lo spazio dedicato alla vita nel villaggio navajo, e perfino una certa difficoltà di Tex / Aquila della Notte a recitare il suo ruolo di capo tribù. Dopo Mingo il ribelle e il rinnegato Faccia Tagliata delle storie precedenti, abbiamo nuovamente dei giovani guerrieri che decidono di allontanarsi dalla riserva indiana, disobbedendo alle indicazioni del loro sakem.
Nolitta mette Tex in situazioni in cui Bonelli non l’avrebbe mai messo, come quando insieme a Tiger rischia di essere linciato dagli abitanti dei paesi che circondano la riserva indiana, stremati dagli attacchi dei ribelli. Il passaggio più controverso però è senz’altro nel momento in cui Tex si trova di fronte ad un giovane Navajo torturato dei Paiutes, che gli chiede di essere ucciso. Nolitta e Galep ritraggono un inedito Tex in piena tempesta emotiva che, grondante di sudore, non sa che fare chiedendo aiuto a Tiger Jack. Nolitta vuole rappresentare un Tex più umano, ma qui decisamente esagera.
Il rientro alla riserva indiana dei nostri eroi insieme ai giovani guerrieri sopravvissuti è molto difficoltoso, rappresentando curiosamente quella che appare un’altra storia. Sembra quasi che Nolitta all’epoca, tra gli impegni della casa editrice e la stesura delle sceneggiature per le altre serie – come Zagor e Mister No – faticasse a trovare un equilibrio narrativo alle sue sceneggiature.
A non aiutare nella riuscita della storia è sicuramente anche il segno ormai desueto di Galep, aspetto testimoniato anche dai molti interventi di redazione sui suoi disegni.
Una storia decisamente sconclusionata (come già rimarcato nella rubrica Bonelli Forever) in cui le incertezze nolittiane sono state adeguatamente stigmatizzate da molti. Curiosamente però, all’epoca Il segno di Cruzado attirò non pochi giudizi positivi da parte dei lettori, ritrovandosi perfino tra le storie che piacquero maggiormente nel referendum di cui parlavamo all’inizio.
Tex n. 250-251-252 “Giungla crudele”
(agosto-ottobre 1981)
La storia che si apre con il più che simbolico n.250, Il solitario del West, rappresenta un altro vero e proprio capolavoro di Guido Nolitta che, insieme a Giovanni Ticci, porta Tex addirittura in America Centrale, a Panama, in scenari più consoni ad un altro grande personaggio nolittiano, Mister No.
La partenza della storia è classica: Tex, Tiger e Kit sono sulle tracce di un gruppo di sanguinari Apaches ribelli e li fermano salvando il bizzarro fotografo Timothy O’Sullivan, a costo però della vita del giovane Tawaska, amico di Kit. Per superare il delicato momento personale, Kit decide di accompagnare il fotografo nel suo imminente incarico, un lungo viaggio in Colombia con una spedizione tecnico-scientifica per sondare la fattibilità della realizzazione del canale di Panama. Due mesi più tardi, il casuale incontro a Galveston in Texas con il colonnello Phil Turner in procinto di partire per l’America Centrale alla ricerca del sabotatore della spedizione, convince Tex ad accompagnarlo temendo per la sorte del figlio.
Giunto sul luogo, Tex accompagna la spedizione in una serie di avventure al fulmicotone, tra spiagge lussureggianti e le insidie della foresta equatoriale, con l’ostilità degli indios che vedono attraversare i loro territori e con la certezza che tra loro si annidi un traditore che vuole sabotare la spedizione.
Storia ai tropici – quindi decisamente atipica – in cui Nolitta ritrova i suoi scenari preferiti, quelli di Mister No: una storia però particolarmente riuscita, per il gran ritmo con cui si succedono i vari avvenimenti e i molti momenti drammatici.
Già la partenza è memorabile, con l’introduzione del fotografo Timothy O Sullivan, che Nolitta riutilizzerà raramente nella saga (nonostante si leghi in maniera notevole a Kit, affranto per la morte dell’amico Tawaska), in sequenze dove ritroviamo nuovamente rappresentata la vita nella riserva indiana navajo in maniera particolarmente vivida, con Piccolo Falco che si rapporta con gli altri giovani guerrieri.
Numerose le sequenze di grande effetto anche in Colombia, dove Nolitta trova il tempo di inserire anche qualche momento umoristico, con una sontuosa festa a Cartagena che sfocia in una rissa memorabile, con Tex e Kit affiancati dal corpo dei Marines.
Sono però i momenti di tensione a farla da padrone, con i nostri eroi alle prese con indios selvaggi particolarmente bellicosi e momenti di autentico eroismo da parte di tutti quanti, fino all’amara scoperta del volto del traditore, un personaggio insospettabile anche per lo stesso Tex.
Giovanni Ticci realizza un grandissimo lavoro sulle ambientazioni, a lui non particolarmente note, ben coadiuvato dal fratello Alfio e da Vincenzo Monti.
Tex n. 253-254 “Artigli nelle tenebre”
(novembre-dicembre 1981)
Questa storia è direttamente consequenziale alla precedente, con Tex e il figlio Kit che, a bordo del veliero Mariposa, compiono il viaggio per tornare in Texas dopo l’avventura vissuta nell’istmo di Panama.
I punti in comune tra i due episodi finiscono qui, in quanto soggetto e sceneggiatura sono totalmente differenti.
In questa vicenda i protagonisti sono alcuni giovani avventurieri che compiono un vero e proprio atto di pirateria, dirottando il veliero verso una piccola e sperduta isola del Mar dei Caraibi, Providencia, in cui progettano di rovesciare il locale governo messicano e fare dell’isola un proprio regno autonomo.
A capo dell’ardito progetto c’è un un giovanotto cinico e ambizioso, Steve Brooke, nipote addirittura di Lord James Brooke, il rajah bianco di Sarawak di salgariana memoria.
Il naufragio sugli scogli dell’isoletta provocherà il ferimento di Kit, che verrà tenuto come ostaggio da Brooke per impedire a Tex di rovesciare i suoi piani. A metà storia Nolitta impone una brusca sterzata verso il fantastico, inserendo dei dinosauri che si risvegliano da una sorta di ibernazione eseguita da uno svampito e un po’ folle scienziato che, in precedenza, li aveva caricati nascosti in alcune casse nella stiva del veliero.
L’atmosfera cambia totalmente, con i terribili animali preistorici che fanno strage degli uomini di Brooke in una sorta di Jurassic Park ante litteram.
Se va riconosciuto a Nolitta di aver creato una tensione palpabile con l’incombente minaccia dei terribili mostri, la soluzione narrativa adottata pare un po’ troppo azzardata e poco in linea col resto della storia. È vero che i dinosauri erano già stati protagonisti di un antico incontro con Tex nelle favolose Terre dell’abisso bonelliane – che, tra l’altro, Nolitta non dimentica di ricordare per bocca dello stesso Tex – ma qui forse ha esagerato nel condensare troppi avvenimenti in una storia tutto sommato breve per i suoi canoni (poco più di un albo e mezzo).
Pare anche eccessiva l’arrendevolezza di Tex (una delle critiche ricorrenti per le storie di Nolitta) al ricatto di Brooke: liberare Kit dal suo aguzzino, infatti, non avrebbe comportato un grosso rischio, considerando la poca sostanza del manipolo di giovani avventurieri.
Resta comunque impressa la figura di Steve Brooke, personaggio opportunista e privo di scrupoli, il quale non esita a uccidere l’ultimo dei suoi compari per tentare la fuga durante il viaggio di ritorno. Il fatto che la sua fine non venga esplicitata (annegato? Divorato dagli squali? Miracolosamente sfuggito alla cattura?) rende il finale aperto, quasi che Nolitta ne prospettasse un futuro ritorno.
Se la storia presenta una serie di chiaroscuri, i disegni di un Guglielmo Letteri nel pieno della maturità sono meritevoli solo di elogi. Il suo segno ricco di sfumature (retini e tratteggi) dona alle immagini la giusta dose di particolari, specie nelle affascinanti scene in notturna. Efficacissima la sua rappresentazione dei dinosauri, soprattutto nelle drammatiche scene in cui aggrediscono gli sfortunati compagni d’avventura di Brooke. Quest’ultimo poi ha una caratterizzazione grafica azzeccatissima, con un’aria da dandy sfrontato e insolente che ne sintetizza perfettamente il carattere.
Tex n. 254-255-256 “La valle infuocata”
(dicembre 1981 – febbraio 1982)
Con questa storia si conclude un’ideale trilogia in cui Kit accompagna il padre in una sorta di viaggio di iniziazione nel West. In realtà nulla collega questa storia alle due precedenti, avvenute in scenari insoliti, salvo ritrovare Tex e il figlio Kit lontano dalla riserva Navajo, in marcia nel deserto del Mojave, tra la California e il Nevada, tra Las Vegas e la Death Valley.
Qui incontrano alcuni Shoshones che vengono sfruttati da una compagnia mineraria per raccogliere il borace nel clima infuocato del deserto, con la complicità del consueto agente indiano corrotto.
L’incontro con un vecchio amico, Old Moses Hewitt, minatore in fallimento a causa della concorrenza sleale della Nevada Borax Company (la stessa ditta che sfrutta gli Shoshones), spinge Tex a decidere di far piazza pulita per liberare gli indiani ingannati e permettere al suo amico di rivalersi.
Gli ottimi disegni di Fernando Fusco, a suo agio con i panorami infuocati della Valle della Morte, accompagnano questa buona storia, caratterizzata da temi inconsueti: lo sfruttamento degli indiani ridotti in schiavitù, i notevoli inserti geografici sui luoghi e autentiche finezze narrative come il carro Twenty Mule Team, utilizzato dalla compagnia mineraria. Sono ben caratterizzati tutti i personaggi, a partire da Old Moses e dal suo tentato suicidio.
Un western dai temi maturi, con forse il solo Kit a fare la figura un po’ ingenua, con Tex schierato dalla parte dei più deboli in perfetto Nolitta style e che deve perfino affrontare un collega agente indiano!