Tra i tanti appassionati delle avventure del Ranger creato dalla penna di Gianluigi Bonelli, pochi argomenti dividono come l’interpretazione che ne ha dato il figlio Sergio.
Nei forum a tema che si possono trovare in rete, come pure nei gruppi social dedicati a Tex, si potranno rintracciare sull’argomento opinioni completamente divergenti.
Chi lo “accusa” di aver tradito il modello originale del padre, additando le sue storie come episodi totalmente apocrifi e chi invece ne riconosce l’alta qualità delle sceneggiature, appassionanti e coinvolgenti.
Fino al 1975, tutte le storie di Tex erano state firmate da Gianluigi Bonelli, con la classica dicitura “Testo di G.L. Bonelli” che appariva nel frontespizio degli albi.
Con il numero 183 Caccia all’uomo, uscito in edicola nel gennaio 1976, fece il suo debutto nella serie Sergio Bonelli: in realtà le prime storie, per non turbare l’equilibrio creatosi negli anni con i lettori, sono ancora accreditate al padre. Successivamente, dopo un lungo periodo in cui lo sceneggiatore non verrà indicato, apparirà come autore il suo pseudonimo Guido Nolitta, nome ben conosciuto dai lettori per essere stato il creatore di Zagor e dell’allora neonato Mister No.
La motivazione dell’ingresso di un nuovo autore su Tex fu data dallo stesso Sergio Bonelli nella posta di TuttoTex 194 e 195:
“Tradito dalla sua passione per lo sci che, alla bella età di sessantotto anni, ancora lo spingeva come un giovanotto lungo le piste delle Dolomiti, Bonelli padre si beccò uno di quei malanni che avrebbero ucciso un bisonte, ma che lui superò con una certa disinvoltura proprio grazie alla fortissima fibra di cui vi dicevo. Però non poté fare a meno di accettare il suggerimento di rallentare il “tour de force” che lo spingeva a scrivere le centodieci pagine necessarie a garantire l’uscita mensile dell’albo. Scattata l’emergenza, come in certi film in cui il capitano chiede l’intervento di un volontario per una missione pressoché suicida, ci fu un tale che fece il famoso passo avanti, uscendo dalla fila dei soldati esitanti: quel kamikaze ero io.”
Successivamente, sempre Sergio Bonelli puntualizzerà meglio l’approvazione del suo ingresso tra gli sceneggiatori di Tex da parte del padre, così come riportato in “Come Tex non c’è nessuno” di Franco Busatta:
“Probabilmente il mio illustre genitore, che è molto geloso della sua creatura e particolarmente severo nei confronti della capacità di tutti gli altri, accetta la mia candidatura perché si rende conto che con me avrà comunque modo di riscrivere, correggere e cambiare senza che io me ne abbia a male.”
Ma quali sono queste famose differenze tra il Tex di Guido Nolitta e quello di G.L. Bonelli?
Una prima risposta si può trovare nel fondamentale “Il Tex di Nolitta” di Angelo Palumbo, apparso sul numero 2 di Dime Press (settembre 1992). Nell’accurato studio dell’autore vengono riportate alcune delle più evidenti caratteristiche di rottura col modello originario. “Il Tex nolittiano” – scrive Palumbo – “spesso viene calato in situazioni insolite che ne mettono in luce l’aspetto umano. Nella storia de Il Segno di Cruzado, per esempio, lo vediamo sudare freddo: non se la sente di dare il colpo di grazia a un giovane navajo che lo implora di porre fine alle sofferenze causate da una crudele tortura”.
Inoltre nelle storie di Nolitta Tex agisce spesso da solo o, preferibilmente, in coppia con Tiger Jack. Fino ad allora era stato Carson il pard prediletto da Bonelli padre (e lo sarà anche con Claudio Nizzi); probabilmente Sergio non voleva confrontarsi con un modello consolidatosi notevolmente negli anni, specie nella peculiarità dei dialoghi tra i due inseparabili amici, dando così più spazio ad un personaggio che sentiva più nelle sue corde.
Una delle caratteristiche più discusse è come il Tex nolittiano sia meno infallibile e invulnerabile di quello bonelliano. Gli esempi, come riporta sempre Palumbo, non mancano di certo: “Nelle storie di Nolitta non si contano le botte in testa che si becca, e di certo il ranger fa cantare meno le colt. In Caccia all’uomo affronta i tirapiedi del giudice Maddox a pugni (come avrebbe fatto Zagor) benché questi abbiano già messo mano alle pistole; in Quattro sporche canaglie non riesce a impedire il massacro degli uomini che scortavano un carico d’oro; in Uno straniero a Elk City non è abbastanza svelto da evitare che un mercante di whisky venga assassinato a sangue freddo; ne La pattuglia sperduta è costretto a darla vinta, per una volta, ai suoi avversari, e anche ne La grande minaccia deve voltare le spalle di fronte alla superiorità numerica di alcuni occasionali antagonisti.”
Con Nolitta, Tex sembra anche meno immune al fascino femminile: Bonelli inseriva donne nelle sue storie solo se rappresentavano un elemento narrativo importante, spesso calate in ruoli di cattive dove potevano movimentare la trama e avere così un peso rilevante.
Nolitta invece non si fa scrupolo di far esclamare a Tex davanti alla bella Mercedes di Caccia all’uomo: “Sei ancora più graziosa di quanto avessi sentito dire dalle parti di Springerville”.
In Uno straniero a Elk City addirittura vediamo Tex fare il cascamorto (!) con la moglie di uno dei trafficanti d’alcol: probabilmente l’intento del Ranger è solo quello di far innervosire l’antagonista ma la situazione risulta alquanto particolare.
Ancora più sfacciato è nei riguardi della cantante di saloon conosciuta nella storia Quattro sporche canaglie, in cui Tex non nasconde l’ammirazione per la bella Glenda (“Niente male davvero con quel vestitino!“), interesse tra l’altro evidentemente ricambiato dalla stessa cantante che in precedenza aveva pure dato un casto bacio sulla guancia dell’inossidabile Ranger…
Nolitta, com’è ovvio che sia, inserisce nelle sue sceneggiature elementi tipici della sua personalità e del suo modo di vedere la vita, nonché elementi peculiari della sua scrittura: la dilatazione dell’azione con lunghe sequenze, la scorrevolezza della narrazione, l’uso delle didascalie e un realismo che, nella figura di Tex, si discosta notevolmente da quello del suo creatore.
All’eroe senza macchia e senza paura subentra un personaggio con più dubbi che certezze, dove spesso rabbia e indignazione sono i sentimenti provati di fronte a situazioni che invece lasciavano imperturbabile l’eroe bonelliano. Un’umanità figlia dei personaggi nati dalla sua penna come Zagor e Mister No e che non è difficile scorgere nei tratti del suo Tex.
Se una parte dei lettori rimarrà delusa da questa caratterizzazione data da Nolitta, altri considerano ancora oggi gli episodi da lui firmati come una ventata d’aria fresca all’interno delle avventure dell’eroe creato da G.L.Bonelli.
Ad esempio Gianluigi Angeletti nel suo “Tex Index 101/200” saluterà l’ingresso di Nolitta come “un rinnovato interesse per la lettura delle avventure di Tex Willer […] che nel pieno della sua espressione editoriale non può non attingere ad altre energie per conservare il livello qualitativo (e quantitativo) raggiunto”.
Occorre rimarcare che la sua scrittura non tradisce mai la centralità di Tex nella storia: in ogni episodio è sempre lui il protagonista, anche quando sono presenti comprimari importanti e avversari ben caratterizzati.
Così come non mancano mai gli ingredienti caratteristici delle sue avventure, come sparatorie, scazzottate e inseguimenti.
Alcune storie sono tra le preferite in assoluto da una buona parte dei fan di Aquila della Notte, a partire dalla celeberrima El Muerto, assurta negli anni al rango di uno degli episodi più iconici dell’intera saga.
Il fascino della scrittura di Nolitta, unita all’originalità di storie che spesso si allontanano dal modello originario del padre, non può lasciare indifferente il lettore più disposto a soprassedere ad un Tex meno in linea con quello del passato.
E allora facciamo nostra l’invocazione finale di Angelo Palumbo, in conclusione della sua succitata analisi del Tex di Guido Nolitta… “Un consiglio: andate a tirar fuori dallo scaffale gli albi che vi indicheremo e rileggeteveli. Se siete nolittiani come chi scrive, proverete la piacevole sensazione di scoprirli per la prima volta.”
Tex n.183-184-185 “Caccia all’uomo”
(gennaio-marzo 1976)
La prima storia scritta – in forma anonima – da Nolitta per Tex, Caccia all’uomo, vede il ranger catturare un giovane criminale, Andy Wilson, reo di aver sparato all’anziano sceriffo Tom Kenyon. Durante il lungo e avventuroso viaggio che segue, tra indiani ribelli e mille contrattempi, Andy avrà modo di conquistare la fiducia di Tex, fino ad un tragico e amaro epilogo.
Secondo alcuni lettori si tratta di un soggetto per Zagor riadattato, soprattutto in considerazione di alcune reazioni rabbiose del ranger durante l’avventura, ritenute più consone allo Spirito con la Scure. Il che potrebbe essere del tutto verosimile, considerata la necessità di sostituire lo sceneggiatore “titolare” G.L. Bonelli in pochissimo tempo, tenendo conto dello stato di emergenza legato alle sue condizioni di salute.
Uno degli aspetti che emerge durante la lettura – e che differenzia il Tex di Nolitta da quello di Bonelli – è il realismo delle varie situazioni, che si incastrano in base a una coerenza narrativa notevole. Tex, per esempio, non si trova per caso a Spingerville, la città dove incontra l’amico sceriffo, l’anziano Tom Kenyon, che viene ferito da Andy Wilson, nell’episodio che fa partire la “caccia all’uomo” di Tex.
Lo stesso personaggio di Tex appare più credibile: non è invincibile, manifesta dei dubbi, è senza certezze granitiche. Cambiano i suoi atteggiamenti, da autentico “sbirro” quando indaga su dove possa essere scappato Andy, e di stupore quando deve fronteggiare il navajo ribelle Mingo e i suoi compari.
È soprattutto la storia di un’amicizia, che nasce e si sviluppa durante il lungo viaggio, pieno di contrattempi, in cui i due protagonisti si salvano la vita reciprocamente, e in cui Tex prende coscienza lentamente della possibile innocenza di Andy. Nolitta costruisce tutta la storia sul filo dell’ambiguità della figura di Andy, migliore dei suoi assassini che sono uomini di legge e che lo linciano senza un giusto processo.
Una storia che si regge su una tensione narrativa notevole, ma sulla quale non ci sono pareri unanimi dei lettori, cui non sono piaciuti i dubbi che animano il ranger, giudicato in maniera sprezzante come uno sbirro dai vari comprimari per i suoi modi. Non piace poi l’inedito utilizzo delle manette da parte di Tex e il disinteresse iniziale verso la possibile innocenza di Andy.
I momenti memorabili sono comunque numerosi, come l’arrivo di Tex ad Agua Fria per vendicare Andy, con lo scontro con la banda dello sceriffo Lonnegan e poi con il giudice Maddox, e come l’epilogo, senza lieto fine, con il confronto con il titolare dell’emporio, Hewitt, che abusa della sua posizione di potere. Questa è una sequenza veramente nolittiana, un finale straordinario, con l’esaltazione del lato selvaggio di Tex, che preferisce i suoi Navajos alla presunta civilizzazione.
I disegni di Fernando Fusco paiono perfetti per la storia; sorprende la sintonia tra sceneggiatore e disegnatore che per la prima volta lavoravano insieme. Il disegnatore ligure, ai tempi quarantacinquenne, aveva appena iniziato a collaborare con Tex, mantenendo il suo stile personale (maturato negli anni di attività in Francia) incentrato su un’espressività potente e un tratto elegante che però non rinuncia alla semplicità, e che – pur differenziandosi dagli altri disegnatori all’opera sul personaggio – riesce perfettamente a inserirsi nella tradizione texiana.
Tex n.190-191 “El Muerto”
(agosto-settembre 1976)
La seconda storia realizzata da Nolitta per Tex, El Muerto, è probabilmente una delle più celebri di tutta la storia del personaggio, ristampata più volte, e meritevole anche di una trasposizione televisiva all’interno della trasmissione Super Gulp. Nolitta, insieme al creatore grafico del personaggio Galep, mette sulla strada di Tex un nemico implacabile quanto misterioso che, per motivi inspiegabili, decide di provocarlo ferendo Tiger Jack e suo figlio Kit in modo da costringerlo a presentarsi a duello nel cimitero di una città fantasma, Pueblo Feliz.
Una storia dai ritmi vertiginosi, incentrata tutta sull’identità del mostruoso antagonista, dal volto segnato da terribili cicatrici, e sui motivi che lo spingono a provocare così apertamente Tex. Misteri che saranno svelati solo nel finale della storia, quando El Muerto rivela a Tex le sue origini prima dell’inevitabile duello finale, valorizzato da un superbo montaggio alternato di primissimi piani, che si svolge sulle note di un classicissimo carillon, evidente richiamo agli spaghetti western (che, si dice, Nolitta non amava).
Il macabro soprannome nasconde l’identità di Paco Ordonez, ultimogenito di una stirpe di rapinatori messicani, sconfitta da Tex anni prima. Un avversario implacabile ma anche con un forte senso dell’onore, a differenza dei suoi sadici alleati: un villain atipico, che vuole che la sua vendetta sia sulla Collina degli Stivali, rinunciando sorprendentemente ad uccidere Tex durante il cammino.
Uno dei momenti più riusciti della storia è la cerimonia funebre nel villaggio navajo, con l’anziano Onokpa che chiede a Tex di vendicare la morte del figlio, causata da El Muerto. In effetti, Nolitta – tra tutti gli sceneggiatori di Tex – è sicuramente quello che riuscirà a rendere meglio la vita del villaggio indiano nella quale vive Tex.
Curiosamente, dopo il ribelle Mingo della storia precedente, Nolitta presenta nuovamente un traditore navajo, Faccia Tagliata, il rinnegato che guida El Muerto e i suoi sgherri sulle tracce di Tiger Jack, il quale si vendicherà implacabilmente, in una scena drammatica che si può annoverare come una delle migliori interpretazioni del personaggio.
Tutta la storia è illustrata benissimo da Galep, già nella sua fase matura, con un segno meno pulito, ma ancora insuperabile nel raccontare il west. Memorabile per esempio l’entrata in scena di Sandy, il minatore folle unico abitante di Pueblo Feliz, la città fantasma, che dà a Tex le istruzioni per raggiungere El Muerto per il duello finale.
Questa storia ha avuto recentemente un séguito, per quanto insolito: La valle dell’ombra, scritto da Mauro Boselli e realizzato da sette dei migliori disegnatori texiani nel celebrativo Magazine 75.
Tex n. 202-203 “Il cowboy senza nome”
(agosto-settembre 1977)
Dopo le evidenti peculiarità della sua scrittura nella storia di debutto Caccia all’uomo, e dopo l’epica El Muerto, Nolitta aggiusta un po’ il tiro con la sua terza prova – conosciuta anche come Quattro sporche canaglie – dove il nostro ranger in solitaria pare un po’ più confacente allo standard texiano. In questa vicenda Tex riprende alcune delle classiche caratteristiche bonelliane come l’impostazione da duro, la capacità decisionale e il suo essere granitico con i nervi d’acciaio.
Restano altresì facilmente riconoscibili alcuni particolari della scrittura di Nolitta: qui Tex è un personaggio schivo, di poche parole, deluso, che non trova pace finché non ha saldato il conto anche all’ultimo dei villains.
Si direbbe quasi una sorta di “cavaliere pallido” à la Clint Eastwood!
La vicenda ricorda in parte Ombre rosse, il grande capolavoro di John Ford: c’è George Bancroft (che non fa lo sceriffo ma guida la diligenza), c’è il gambler tale e quale a John Carradine, la bella ballerina di saloon simile a Claire Trevor e il rappresentante, questa volta di profumi anziché di liquori.
In questa vicenda viene adottato anche un tipico schema narrativo di Nolitta, proposto spesso anche in Mister No, ovvero separare la storia in più parti.
La prima, che funge da introduzione ma senza peso specifico nel prosieguo della storia, è quella dello scontro con i tre indiani.
La seconda, la più ampia, è quella in cui si dipana la storia vera e propria.
La terza, conclusiva, riprende un po’ quello che si può definire il secondo tema della storia, ovvero le relazioni tra Tex e i passeggeri della sfortunata diligenza, che si concluderà con lo scontro a fuoco con lo stupido gambler.
Ai disegni troviamo Erio Nicolò (con il fattivo aiuto di Francesco Gamba), alla sua prima collaborazione con Guido Nolitta. Il suo piacevolissimo tratto, ricco e molto equilibrato, si dimostra particolarmente efficace nella caratterizzazione dei vari protagonisti della storia, in particolare nella ballerina e cantante di saloon Glenda Hopper, una delle sue bellezze.
Oggetto del desiderio prima del gambler e poi di uno dei banditi, subisce inequivocabilmente il fascino del ranger: interesse che, seppur sfumato, sembra ricambiato dallo stesso Tex.
Una situazione anomala, mai vista in precedenza, almeno con queste caratteristiche. Chissà se Nolitta ha voluto dar corpo a quanto dichiarava il padre sul rapporto tra Tex e le donne: “Tranquillo: fra un fumetto e l’altro, un salto ai piani superiori del saloon Tex lo fa di sicuro!“