Il segno di Cruzado:
Nolitta “traditore” di Tex?

//
4 mins read

Da lettore, ho amato qualsiasi storia che Sergio Bonelli – o meglio, il suo alter ego sceneggiatore Guido Nolitta – ha scritto per Zagor (oddio, forse escluderei Il cavaliere misterioso, in cui era comunque affiancato da Decio Canzio… quindi darei la colpa a quest’ultimo per la sconclusionatezza di quella storia 😊).
Ho inoltre amato la stragrande maggioranza delle storie che Sergio / Guido ha scritto per Mister No.
Ma quando si parla di Tex… beh, in quel caso vado in crisi: pur ammettendo che Nolitta ha scritto alcune buone storie anche per il ranger, sono troppe le occasioni in cui mi è sembrato che Sergio abbia “tradito” lo spirito del personaggio creato da suo padre Gianluigi, a iniziare da quella che ha segnato il suo debutto (Caccia all’uomo).

Queste sensazioni che provavo in gioventù mi sono tornate in mente quando ho scritto l’articolo precedente di questa rubrica, cioè quello sulle classifiche stilate da Sergio Bonelli, in cui indicava quelle che – secondo lui – erano le sue storie migliori e avevo cercato di scoprire se avesse mai indicato anche le storie migliori scritte da Nolitta per Tex, come aveva fatto per quelle di Zagor e di Mister No. Avevo quindi contattato altri redattori di uBC (attuali ed ex) chiedendo se avessero più notizie di me, visto che non mi ricordavo niente del genere – ma, non avendo letto tutte le rubriche postali di tutte le ristampe, né letto tutti gli editoriali che Bonelli aveva scritto per la CSAC texiana, volevo esserne sicuro. Ricordavo soltanto che nel libro Come Tex non c’è nessuno, scritto insieme a Franco Busatta, Sergio NON parlava in modo entusiasta del periodo in cui aveva dovuto scrivere Tex e quindi poteva darsi benissimo che non avesse mai stilato una sua classifica… Dopo alcuni scambi di messaggi, anche gli altri redattori concordavano con me e avevo quindi deciso di concludere l’articolo citando le storie di G. L. Bonelli che Sergio indicava nel libro di Busatta.

Tali scambi di messaggi sul “Tex scritto da Nolitta”, però, avevano generato un curioso corollario in cui – dopo aver appunto escluso che Sergio avesse stilato una classifica di sue storie – siamo finiti ben presto a parlare dell’atipicità della sua interpretazione del ranger… Così qualche redattore ricordava che Caccia all’uomo fosse nato (o almeno, così si vociferava) come soggetto per Zagor e riadattato a Tex per colmare un buco di programmazione legato all’indisposizione temporanea di G.L. Bonelli, mentre altri indicavano – come loro storia nolittiana preferita – Il solitario del West, con la trasferta di Tex e Kit Willer a Panama in compagnia del fotografo O’Sullivan ma anche con un villain ambiguo che, probabilmente, sarebbe stato più adatto a una storia di Zagor o Mister No.
Tutti, però, erano d’accordo sul fatto che Nolitta avesse “tradito” spesso lo spirito texiano originario, con il culmine raggiunto nella controversa Il segno di Cruzado (apparsa sui numeri dal 242 al 245 della collana mensile, tra la fine del 1980 e la primavera del 1981).

Non voglio avventurarmi in una disamina approfondita, visto che da decenni molti lettori si confrontano su questa storia senza venirne a capo. Certo, Tex commette un grave errore di valutazione nei confronti di Cruzado dopo la “chicken race” – conclusa con una gallina in faccia al suo avversario e un’esclamazione ben poco giellebonelliana – e questo dà il via a una lunga serie di lutti… ma i sostenitori nolittiani potrebbero obiettare che anche il Tex granitico di G.L. aveva sottovalutato la pericolosità del rinnegato Fraser, che provocherà il massacro degli abitanti di Goldena (e lasciamo perdere quanti “errori” – con conseguenti lutti – verranno fatti commettere al nostro amato ranger, negli anni successivi, da altri sceneggiatori…). Ma il mio disappunto, da oltre quarant’anni, si concentra su un particolare passaggio: la scena del navajo morente nel numero 244.

Rivediamo l’intera sequenza: il giovane, orrendamente torturato da Cruzado, chiede a Tex di ucciderlo per abbreviare le sue sofferenze, ma il nostro eroe – ovviamente – non ci riesce, dopodiché il navajo muore.

Intendiamoci bene: non pretendevo certo che Tex uccidesse un uomo a sangue freddo, e nemmeno – come “rimproverato” a Nolitta da alcuni lettori – che lo sceneggiatore avesse messo l’eroe in una situazione così difficile, diversamente da quanto avrebbe fatto suo padre. Quello che mi dava fastidio era proprio la gestione della scena: se, ragionando ipoteticamente, G.L. avesse proposto la stessa situazione, il suo Tex granitico sarebbe stato a sua volta a disagio, ma probabilmente Tiger l’avrebbe allontanato dicendo “ci penso io, Aquila della Notte”… Quando ho letto per la prima volta questa storia, mi dette un fastidio quasi fisico vedere Tex, quasi piagnucolante, che si dilunga cercando di giustificarsi, tra l’altro rivolgendosi a Tiger: “Non… non posso. Diglielo anche tu, Tiger!” [ohibò…] “Non posso uccidere un uomo, così a sangue freddo. È più forte di me, Tiger!” [e ridaje…] “Mi rendo conto delle sue sofferenze… ma mi manca il coraggio di premere il grilletto. Non posso!”

Alla fine il navajo muore (come segnalato da Tiger, mentre Tex sta continuando a macerarsi…) e la scena si conclude con un imbarazzante “Buon Dio!* Che riposi in pace”, un’ulteriore dissertazione di Tex sulla fibra eccezionale che ha permesso al navajo di sopravvivere così a lungo […] e un pistolotto consolatorio di Tiger […]. Trovavo inoltre poco azzeccata l’interpretazione grafica di Galep, con il disagio di Tex manifestato da una copiosa sudorazione […] in un curioso “ribaltamento” di una scena storica della seconda storia che Nolitta scrisse per Tex, in cui a sudare copiosamente era El Muerto mentre Tex restava – giellebonellianamente – impassibile.

(*Di passaggio, è da notare che, nelle ristampe successive, l’esclamazione “Buon Dio!” è stata sostituita da un ben più neutro “mmm…”)

Il tentativo di Nolitta era quello di rendere Tex più umano? Beh, a parer mio in questa occasione il tentativo era fallito completamente – e mi confortava non essere il solo a considerare quella scena un “tradimento”, tanto è vero che lo scambio di messaggi con gli altri redattori si concluse con questo sferzante commento, in cui mi riconoscevo appieno:

“Diglielo anche tu, Tiger” – rivolto a un ragazzo morente che sta soffrendo come un cane e lo sta implorando di porre fine alle sue sofferenze – credo sia il punto più basso che Nolitta abbia mai fatto toccare a Tex.

————————
BONELLI FOREVER – tutti gli articoli

Marco Gremignai

L'uomo che veniva da Peccioli

Articolo precedente

“Come fosse successo” di Lorenzo Coltellacci e Tamara Tantalo

Prossimo Articolo

Dampyr n.286 “Il sopravvissuto di High Moon”

Ultimi Articoli Blog

Pepe Sanchez

Lo strampalato agente segreto di Robin Wood & Carlos Vogt…

A Vicious Circle

Recensione del ciclo infinito di violenza di Mattson Tomlin e Lee Bermejo…