Tex firmato Nolitta parte III: le ultime avventure

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Dopo aver analizzato il contributo di Nolitta con le prime storie di debutto e quello seguente con otto episodi che – bene o male – hanno segnato il terzo centinaio della saga, arriviamo alle ultime avventure scritte dallo sceneggiatore milanese per Tex. Se cinque episodi fanno ancora parte dello stesso centinaio, gli ultimi tre verranno pubblicati in tempi molto successivi. Difatti, a partire dalla metà del n. 273 di luglio 1983, Sergio Bonelli riceverà un fattivo aiuto nella stesura delle sceneggiature da parte di Claudio Nizzi che, sempre in forma anonima, debutterà nella collana con l’episodio intitolato La valanga d’acqua. Questo consentirà allo stesso Sergio Bonelli di concentrarsi nel suo ruolo di editore, dando quindi priorità alle tante incombenze che derivano da tale carica. Per qualche tempo Nizzi dividerà la produzione di sceneggiature per Tex con Gianluigi Bonelli, salvo poi diventarne praticamente l’unico autore per diversi anni.

Per rivedere ai testi Guido Nolitta occorrerà attendere la bellezza di otto anni:  lo farà in grande stile, con l’autentico tour de force Il segreto del Morisco, storia che si snoda lungo sei albi e ben 585 tavole (un record!) tutte affidate al veterano Guglielmo Letteri.

Le ultime due storie vedranno la luce rispettivamente nel 1996 (La strage di Red Hill) e nel 1999 (Golden Pass, quest’ultima  scritta a quattro mani con Mauro Boselli). Il suo contributo su Tex non si esaurirà qui ma proseguirà con gli spunti per i soggetti di tre “Texoni”: Seminoles del 2008, sceneggiato da Gino D’Antonio, seguìto da Patagonia del 2009 e da I ribelli di Cuba del 2010, entrambi firmati da Mauro Boselli.

In questi articoli abbiamo provato a riassumere il contributo di Guido Nolitta su Tex, analizzando nel dettaglio le storie sceneggiate, evidenziandone pregi e difetti, senza pretese di un giudizio definitivo.

Come rimarcato in precedenza, ancora oggi il Tex nolittiano divide i lettori delle avventure del ranger più famoso dei fumetti: chi lo accusa di aver tradito il modello originario del padre e chi invece ne esalta le appassionanti sceneggiature.

È giusto allora concludere dando la parola proprio al protagonista di questi articoli, Sergio Bonelli alias Guido Nolitta che, in un’intervista a posteriori, analizza il suo lavoro su Tex:
Data la mia perfetta conoscenza di un personaggio di cui avevo letto le avventure decine di volte, la mia intenzione di partenza era di riproporlo esattamente secondo la ricetta messa a punto negli anni da Bonelli. Con il passare del tempo, però, mi resi conto che non era così semplice. Inevitabilmente tutti gli autori, anche quelli di fumetti, tendono a inserire nelle loro opere elementi strettamente connessi alla loro personalità e la mia visione della vita è molto diversa da quella di mio padre. Di conseguenza, il comportamento del mio Tex talvolta non ha la sicurezza, la baldanza e perfino l’arroganza di quello del suo creatore. Pur essendo altrettanto abile nell’uso delle armi o dei pugni, si rivela più riflessivo nel momento del pericolo, al punto da accettare talvolta dei compromessi che invece il “vero” Aquila della Notte non avrebbe nemmeno considerato. Stendendo un bilancio a posteriori, potrei dire che la mia versione del personaggio è più realistica e si discosta abbastanza dall’eroe senza macchia e senza paura che certa letteratura o certi film avevano ispirato a mio padre. Il Tex classico ha l’innata capacità di riconoscere al primo sguardo i buoni dai cattivi, in un contesto caratterizzato dalla netta divisione tra il bene e il male. Il mio West invece è popolato da personaggi più sfumati e di conseguenza la caccia a un eventuale nemico celato nell’ombra, da parte del Tex nolittiano, è più articolata e motivata e, perché no, più soggetta a dubbi e errori.

Tex n.261-262 “La freccia spezzata”

(luglio-agosto 1982)

Avventura solitaria in Wyoming per Tex, nei n.261-262, alla ricerca del corpo del capitano dell’esercito Richard Larrimer, scomparso apparentemente l’anno prima durante uno scontro contro i Sioux sulle Blue Hill. Capitato per caso in Wyoming, per prelevare dei carri di rifornimento per i Navajos insieme a Carson, Tex si ritrova a guidare una spedizione voluta dalla famiglia del defunto capitano, con l’incarico soprattutto di mediare con il capo tribù Sioux – Ongewa – e ottenere il suo permesso per condurre le ricerche sul campo di battaglia. Dopo aver fumato il calumet della pace e aver sconfitto nel più classico dei duelli il giovane guerriero ribelle Mahonga, Tex ottiene il permesso per avanzare in territorio indiano. 

Strani incidenti iniziano però a funestare la spedizione di recupero e, giunti sul campo di battaglia, Tex ha il tempo di pronunciare un discorso tipicamente nolittiano contro la guerra, prima di ritrovarsi in mezzo ad un intrigo difficilmente prevedibile. I militari coinvolti nella spedizione, guidati dal bieco sergente Sterling, più che a recuperare i resti dei caduti sono interessati a mettere le loro zampe sulla cassa delle paghe dei soldati, andata perduta durante il combattimento. A risolvere la situazione a favore di Tex e dei due parenti di Larrimer sarà proprio il redivivo capitano, sopravvissuto alla battaglia e che, per un anno – camuffandosi con una maschera da lupo – ha ucciso chiunque si avvicinasse al suo tesoro nascosto. I suoi piani non proprio cristallini vengono sconvolti dall’arrivo dei Sioux guidati dal ribelle Mahonga. Larrimer avrà l’occasione di redimersi salvando suo figlio e suo fratello dalla furia degli indiani. Tex decide di insabbiare la vicenda, per non gettare fango sugli altri soldati morti durante la battaglia, non rivelando al mondo la perversità iniziale del capitano Larrimer. 

Una storia breve per i canoni di Nolitta (non occupa neanche interamente due albi), ben disegnata da Nicolò, che conserva un suo fascino particolare, principalmente per il discorso pacifista di Tex e per la sacralità dei campi di battaglia, nel momento in cui gli echi dei conflitti si sono spenti e rimangono solo i morti da compiangere. Una storia da un lato classica per la presenza di tanti elementi ricorrenti nella serie, come ad esempio il giovane guerriero indiano ribelle che Tex deve mettere a posto durante un duello, e nello stesso tempo compiutamente nolittiana, per la malinconia e l’amarezza di cui è pervasa.

Tex n.271-272-273 “Il disertore”

(maggio-luglio 1983)

Negli splendidi scenari innevati della catena montuosa Sangre de Cristo Range, situata tra Colorado e New Mexico, i quattro pard al completo sono alla ricerca di alcuni giovani pastori Pueblos, dispersi nella feroce tormenta che imperversa in zona. Come nello stile di Nolitta si tratta di un incipit del tutto episodico, che non verrà ripreso nel prosieguo della vicenda: difatti è il casuale incontro con una pattuglia di soldati in difficoltà per via delle difficili condizioni climatiche che servirà da propellente per far partire la nuova avventura di Tex e soci. Soci che ben presto si ridurranno al solo Tiger Jack, confermando un’altra prerogativa nolittiana: quella di non avere mai i quattro pard al completo per tutta la storia.

Dopo una breve e burrascosa tappa nello sperduto avamposto di Fort Necessity, Tex e Tiger arriveranno a Pequeno Paraiso, villaggio fondato da un furfante di nome Manuel Pedroza in una zona di confine tra il territorio messicano e quello degli Stati Uniti. Una sorta di terra di nessuno, in cui trovano rifugio fuorilegge e sbandati di ogni tipo. Uno di questi sbandati è il tenente George Morrow, ufficiale dell’esercito americano che ha disertato per vendere al governo del Messico il suo progetto di un nuovo tipo di fucile a ripetizione. Il progetto era stato precedentemente accettato da quello statunitense e poi rifiutato per l’intromissione politica del regolare fornitore di armi dell’esercito, la West Kentucky Company.

Recuperare il disertore e convincerlo a ritornare sui propri passi è la missione affidata a Tex, che non avrà problemi a compierla. Più difficile invece sarà uscire indenne da Pequeno Paraiso, accerchiato dall’esercito messicano che non esiterà a far uso dell’artiglieria pesante per eliminare ogni resistenza dei due pard.

Probabilmente Bonelli avrebbe utilizzato qualche stratagemma narrativo dei suoi per mettere Tex in condizioni di risolvere una situazione tanto complicata e dare il “giusto” finale alla storia.

Nolitta invece presenta ancora una volta un Tex impotente, che deve ricorrere ad un aiuto esterno per uscire indenne da un contesto altamente drammatico. E questa volta l’aiuto sarà quello degli sgherri di Manuel Pedroza, personaggio che mira solo a salvare i due pard e il tenente Morrow per impossessarsi del denaro incassato da quest’ultimo per la vendita del progetto dell’arma. Un finale povero di gloria per il nostro Ranger, soprattutto perché lo stesso Pedroza era stato presentato in precedenza come un volgare cialtrone di mezza tacca: qui non solo la farà franca, ma ne uscirà come il vero vincitore, portandosi via tutti i ventimila dollari in possesso del tenente.

Tex si “riabiliterà” successivamente in un episodio a firma Claudio Nizzi (La leggenda della vecchia missione, n. 333-334-335), in cui ricomparirà lo stesso Pedroza col quale Tex riuscirà a regolare i conti in sospeso. Riapparirà anche Morrow, questa volta col grado di capitano; in una successiva storia, Giovani assassini di Mauro Boselli (n. 640-641-642), rivedremo sempre Morrow arrivato ai gradi di maggiore.

Questa volta Nolitta riserva a Giovanni Ticci una sceneggiatura con ambienti a lui più familiari rispetto alla precedente avventura Giungla crudele, ambientata nella selva dell’America Centrale. E il disegnatore senese, al massimo della forma, lo ripaga con una prova eccellente – come suo solito – contribuendo a dare forma e spessore ai vari personaggi che popolano la storia. Eccellenti le tavole iniziali con le montagne e i boschi ricoperti di neve che inevitabilmente portano alla mente una delle sue prove più riuscite, ovvero Sulle piste del Nord, grande capolavoro firmato Gianluigi Bonelli.

Tex n. 276-277 “La grande minaccia”

(ottobre-novembre 1983)

La grande minaccia è di nuovo una storia relativamente breve per le abitudini di Nolitta, in questa occasione in coppia con il creatore grafico del personaggio, Galep. Siamo in Utah, in pieno territorio mormone, dove Tex, Kit e Tiger trovano un’intera famiglia trucidata in una fattoria: massacro corredato da due enigmatiche parole, Mountain Meadow. Il macabro ritrovamento fa da preludio ad un’indagine dei nostri eroi, che li porta a legare il massacro ai drammatici fatti avvenuti anni prima, nel 1857, quando le tensioni tra i mormoni e alcuni coloni americani sfociarono in un terribile massacro effettuato dai Paiute ai danni dei coloni. 

La comunità mormone di Cedar City sembra non essere pronta ad affrontare la verità e dover ammettere che la propria storia recente è stata tracciata nel sangue e nella violenza, aspetto quanto mai controverso per la loro confessione religiosa. 

Le sequenze migliori sono forse quelle legate all’assalto alla carovana, che nonostante sia difesa da Tex, Tiger e Kit viene massacrata, con Kit Willer addolorato a riconoscere i morti con cui aveva condiviso momenti di festa la sera precedente.

Si tratta di una vera e propria storia gialla, con l’indagine di Tex per scoprire i colpevoli e i motivi della loro violenza. Un episodio non memorabile contraddistinto da lunghi flashback e inseguimenti, con la curiosità di vedere Tex fronteggiare le rigide abitudini mormoni. 

Tex n. 287-288-289 “Grido di guerra”

(settembre-novembre 1984)

Storia forse un po’ dimenticata rispetto a quelle più conosciute firmate da Nolitta, ma che ha un suo valore non indifferente.

Tex e Carson si trovano nei pressi di Fort Smith per presenziare alla firma del trattato di pace tra il capo cheyenne Appanoosa e il generale Thomas Madison dell’esercito degli Stati Uniti. Un colpo di fucile sparato da un misterioso attentatore sfiora il capo cheyenne e pregiudica la buona riuscita del trattato. L’evento sfocerà in una feroce carneficina che vedrà Appanoosa fuggire giurando vendetta. Tex, ancora una volta in compagnia di Tiger Jack, cercherà di ricomporre la difficile situazione portandosi alla sua ricerca nel tentativo di convincerlo a tornare al tavolo delle trattative.

Naturalmente le cose non andranno lisce: la missione fallirà miseramente, costringendo i due pard ad un difficile e mesto ritorno a Fort Smith. L’incontro fortuito e casuale con Timothy O’Sullivan – il bizzarro fotografo apparso in precedenza nella storia Giungla crudele sempre di Nolitta (n. 250-251-252) – sarà la chiave di volta per identificare il misterioso attentatore e risolvere l’intricata vicenda.

Un Tex nuovamente in difficoltà, il cui prestigio di cui gode per il suo status di capo indiano è messo a dura prova dalle vicende che gli fa vivere Nolitta. Alcuni limiti nella storia sono evidenti: la dilatazione dei tempi in più di un tratto è francamente eccessiva, così come alcuni dialoghi ridondanti e troppo verbosi fanno perdere ritmo alla narrazione.

Altre caratteristiche nolittiane invece risultano vincenti, come le amate didascalie che occupano le vignette alla stregua di passi letterari. Nel consueto stile dello sceneggiatore, l’alto tasso di drammaticità di alcune tavole aggiunge un costante pathos ad una vicenda già di suo tesa e misteriosa. Le parole di Tex – nel dialogo finale con Carson – contengono tutta l’amarezza del ranger per il prezzo di lacrime e sangue che è stato pagato per questo trattato di pace. Nessuna speranza e nessuna illusione che questo pezzo di carta sia diverso da altri stipulati in passato perché ”in tutti quei casi sia le firme con svolazzi dei colti uomini bianchi che i segni di croce dei rozzi indiani non valsero a impedire il riaccendersi della violenza e delle sopraffazioni”. Un finale in puro Nolitta style, dove in assenza di sconfitta non c’è neppure vittoria.

Un paio di elementi della sceneggiatura sono perlomeno curiosi.
Durante lo scontro a fuoco iniziale tra indiani e soldati, uno di questi chiama Carson “colonnello”! Promozione sul campo o errore di Nolitta? Inoltre viene da chiedersi da dove sia sbucato Tiger Jack che, prima di apparire al fianco di Tex in missione alla ricerca di Appanoosa, non si era palesato nella sessantina di pagine precedenti.

Ai disegni ritroviamo per la quinta volta in coppia con Nolitta Aurelio Galleppini. Nonostante talvolta appaia già in difficoltà sui volti, Galep risulta efficacissimo nelle frequenti immagini di largo formato che evidenziano il movimento dei personaggi, così come nei frequenti campi lunghi. Splendide le sequenze dell’accampamento indiano, proposto da prospettive diverse con un taglio squisitamente cinematografico.

Tex n. 289-290-291-292 “I dominatori della valle”

(novembre 1984 – febbraio 1985)

Ultima storia di Nolitta scritta negli anni ‘80 e una delle più amate dai lettori. È ancora una volta un Tex in solitaria, contesto che indubbiamente l’autore sa gestire con grande maestria. Lui stesso ha sempre dichiarato di sentirsi più a suo agio con sceneggiature in cui figura solo il Ranger, magari accompagnato da un solo pard, piuttosto che inserire tutti e quattro gli eroi bonelliani.

Il plot di questo episodio – conosciuto anche come Cheyenne Club – non si discosta da tanti altri già presentati in passato da Gianluigi Bonelli: un clan di ricchi allevatori decide di sbarazzarsi con modi poco leciti delle piccole proprietà circostanti per impossessarsi dei loro terreni. La peculiarità di questa storia è nel modo in cui la racconta Nolitta, presentando scenari di inaudita violenza, comprimari che restano impressi nella memoria e antagonisti dal grande spessore.

È innegabile che il capo dell’associazione degli allevatori della zona, il Colonnello Watson, sia uno dei più grandi villains creati dalla penna di Nolitta, forse secondo solo all’iconico El Muerto. Un classico “self-made man” che ha costruito la propria fortuna senza alcun compromesso, calpestando tutti e tutto. Dietro la facciata rispettabile e fintamente onesta, nasconde un animo viscido e feroce.

Da antologia il suo dialogo con Tex al Cheyenne Club, in cui cerca di comprare la sua complicità a suon di dollari, convinto che ogni uomo abbia il suo prezzo. Niente di nuovo anche qui, ma Nolitta lo sa rendere con un’efficacia unica, specie nella risposta negativa – dura e risoluta – che riceverà. Il finale in cui, rassegnato e sconfitto, segue il Ranger verso la prigionia che lo attende è il giusto contrappasso per un uomo che nella sua vita ha seminato tanto dolore e morte.

La scena iniziale della distruzione del ranch dei Powell – a colpi di cannone da parte dei vigilantes assoldati dallo stesso Watson – è emblematica della violenza che permea tutto il racconto. Il successivo linciaggio dei tre componenti della sfortunata famiglia (tra i quali pure una giovane ragazza!) è una scena che letteralmente “offende” il lettore, mostrando quanto sia di poco valore la vita per questi assassini che operano senza alcun tipo di scrupolo.

Tra i comprimari spicca Oliver Granville detto “Skinny”, l’addetto al telegrafo del paese, ritratto classicamente come un ometto pavido e remissivo. Dopo aver subìto in un primo frangente le ire di Tex, saprà riscattarsi salvandogli la vita con un atto di coraggio tanto fondamentale quanto spontaneo. Pagherà questo suo nobile gesto con la vita, nell’ennesima scena altamente drammatica di cui è popolata la storia.

Anche i dialoghi partecipano ad elevare il livello di questa sceneggiatura alla statura di grande classico della produzione nolittiana. Dai toni sprezzanti e arroganti del Colonnello Watson, a quelli che danno parola allo scoraggiamento ma anche al grande orgoglio dei coloni vittime dei soprusi dell’associazione degli allevatori. Le parole di Tex non sono mai banali, denotano lo sdegno per le vittime della prepotenza e sanno essere provocatorie e risolute verso tutti gli antagonisti che gli si parano davanti. Sanno poi distinguere con intelligenza e arguzia come affrontare le varie situazioni, come esemplifica bene il dialogo con il più bellicoso dei coloni: “Per scatenare una guerra c’è sempre tempo, credete a me! […] No, caro Macon, questa terra è troppo bella perché io vi incoraggi a trasformarla in un cimitero di eroi suicidi. Il problema deve essere affrontato e risolto in modo ben diverso.

Risulta più che evidente quanto Nolitta nel soggetto si sia ispirato a I cancelli del cielo, grandiosa quanto sfortunata opera di Michael Cimino, uscito al cinema giusto pochi anni prima della pubblicazione di questa storia. Anche lì sullo sfondo ci sono le verdi pianure del Wyoming, i ricchi baroni del bestiame, i poveri coloni vittime dei vigilantes, la cavalleria che arriva a sedare lo scontro a fuoco tra le due fazioni e pure un personaggio chiamato Ella Watson, esattamente come la figlia del colonnello di questo episodio.

Fernando Fusco si conferma probabilmente come il partner che ha saputo rendere al meglio le atmosfere nolittiane. Già dalle prime vignette di largo respiro si può ammirare la bellezza del suo lavoro. Nelle successive tutto diventa un piacere per l’occhio, come gli interni delle case e dei saloon, la sfarzosa dimora del Cheyenne Club e gli esterni panoramici.

Senza dubbio la scena meglio rappresentata è quella in cui Tex –  in segno di sfida – entra nel parco che circonda il Club, distruggendo con il carro che guida le piante e i fiori che lo ornano. Quando scoprirà il suo funereo carico – i corpi dei quattro vigilantes che ha precedentemente freddato – scatenerà l’ira degli allevatori e soprattutto lo sdegno delle loro mogli e figlie, rappresentate in modo magistrale dal disegnatore ligure nella loro maschera di perbenismo scalfita in modo così brutale da Tex.

Tex n. 387-388-389-390-391-392 “Il segreto del Morisco”

(gennaio-giugno 1993)

Il segreto del Morisco, con il ritorno di Nolitta come sceneggiatore di Tex dopo ben 8 anni, rappresenta – per svariati motivi – una delle storie più discusse dell’intera saga texiana. Sergio Bonelli decide di riavvicinarsi al personaggio per venire in soccorso dell’autore principale Claudio Nizzi, che rischiava seriamente l’iperproduzione, dato che – oltre ad occuparsi di Tex e dei Texoni – dal 1988 sceneggiava anche il giallo Nick Raider, da lui creato sempre per Sergio Bonelli Editore. Nel giro di pochi mesi debutteranno sulla collana altri sceneggiatori, alcuni destinati a sporadiche apparizioni (come Decio Canzio e Michele Medda) e altri a incidere in maniera profonda nella storia del personaggio come Mauro Boselli.

Disegnata dal veterano Guglielmo Letteri, Il segreto del Morisco è la storia più lunga della collana, con ben 585 tavole che si spalmano su 6 albi. Un’avventura così lunga ovviamente non può non contenere qualche lungaggine di troppo, aspetto che le ha alienato l’apprezzamento di molti lettori ai tempi, con tante scene d’azione e qualche ripetizione che non hanno giovato alla lettura. Si è poi scoperto che la storia in origine doveva essere ancora più lunga di 38 tavole, tagliate per la stampa in edicola e poi recuperate in un albo cartonato dedicato a Guido Nolitta da Rizzoli-Lizard nel 2012,  Gli Archivi Bonelli vol.1. La storia è apparsa anche nei SuperMiti Mondadori, all’interno della collana dedicata agli incontri di Tex ed El Morisco nel 2014, nel n.4, “Gli Uomini Giaguaro“.

Nonostante la sua farraginosità, si tratta di un’avventura che contiene alcune primizie: per la prima volta Nolitta utilizza personaggi come El Morisco e Montales, inoltre sono presenti alcuni riferimenti ad altre collane della casa editrice, come le armi a raggi di Martin Mystère, che possono essere ricondotte alla presenza di un vero e proprio universo narrativo bonelliano ante litteram.

Di ritorno da El Paso, dove si era recato per una fornitura di coperte militari, Tex passa per Pilares, dove apprende che la casa del Morisco è stata assalita e data alle fiamme da misteriosi e letali Uomini Giaguaro, guidati da un capo il cui volto è celato sotto la maschera di Tezcalipoca, il dio dei morti azteco. Il segreto di questo presunto antico culto e del mistero della trasformazione di umili campesinos nei belluini uomini giaguaro sembra sia custodito nel Codice Muller, di cui El Morisco possedeva alcuni frammenti.

Tipica narrazione lenta di Nolitta, ben supportato da Letteri, come al solito molto a suo agio con El Morisco e con le storie misteriose, anche se ormai decisamente entrato nella fase calante della sua carriera. La tensione narrativa costruita da un inizio così interessante si va a diluire in tutte quelle pagine.

Nolitta ripropone alcuni motivi ricorrenti della serie: come al solito un amico di Kit Willer rimane ucciso, Kinlany, che aveva accompagnato Kit dal Morisco per un consulto su alcune erbe che stavano dando problemi alla tribù navajo. El Morisco si segnala per la sua grande cultura personale e mostra alcuni inediti poteri ipnotici.

Arrestato dai rurales, Tex mostra un nervosismo per il quale Nolitta viene criticato dai lettori. Lo sceneggiatore, piccato, dimostra in una rubrica postale di Mister No che in realtà anche il Tex del primo Bonelli negli anni ’50, quando era incarcerato, mostrava una decisa insofferenza.

Sorprendente l’arrivo di Montales, che conosce El Morisco per la prima volta. Nolitta gli restituisce un ruolo maggiormente d’azione, com’era in effetti all’inizio della sua prima apparizione agli albori della saga texiana. Gli riserva anche una scena umoristica quando riesce con le dovute “buone maniere” ad ottenere la collaborazione di un frate particolarmente riservato sui misteri aztechi che stanno assillando i nostri eroi. Diventa la perfetta spalla di Tex in assenza di Kit Carson.

Particolarmente d’effetto la mutazione degli uomini giaguaro nel rifugio di Tezcalipoca, come anche i loro feroci assalti ai rurales terrorizzati.

Durante la ricerca del Codice Muller, El Morisco vorrebbe rivelare tutti i segreti custoditi nelle segrete del monastero  per riscrivere la storia del mondo, ma padre Xavier (come un vero e proprio Uomo in Nero), nonostante le botte ricevute da Montales, distrugge tutto in una spettacolare vignetta in 4/6 di Letteri.

L’Incongruenza peggiore ci è sembrato il salvataggio di Kit Willer, quando sull’altare del sacrificio vedendo arrivare Tex e Montales per salvarlo, pensa incredibilmente: “È Tex!”

Tex n. 431-432-433-434-435 “La strage di Red Hill”

(settembre 1996 – gennaio 1997)

Dopo tre anni dalla storia precedente, con La strage di Red Hill riappare su Tex un episodio sceneggiato da Guido Nolitta. Sicuramente a spingere l’editore a riprendere la penna in mano è la possibilità di collaborare con il grande disegnatore Alberto Giolitti. Gli affida oltretutto una storia di ambientazione canadese con protagoniste le mitiche Giubbe Rosse, cui lo stesso Giolitti aveva dedicato una delle sue serie a fumetti migliori, il comic Sergeant Preston of the Yukon.

Purtroppo il disegnatore americano di origini romane scompare nel 1993, dopo aver completato 200 tavole dei 5 albi previsti. A completare il lavoro è il suo vecchio allievo, Giovanni Ticci, disegnatore decano di Tex, che curiosamente aveva già sostituito Giolitti nella sua prima e brevissima collaborazione con Tex nel 1976, quando realizzò le prime tavole di una storia contenuta in Tex n.188, Sabbie insanguinate. Dopo quella fugace apparizione, Giolitti tornerà a collaborare con la Bonelli realizzando il Texone n.2 e poi due storie di media lunghezza, in cui curiosamente si firmava Gilbert. 

Nel presentare l’ultimo lavoro fumettistico di Giolitti, Sergio Bonelli dedica ampio spazio al ricordo della sua straordinaria carriera in due ottimi articoli di Tex 432, Polizia a cavallo.

Si tratta di una lunga storia di ambientazione canadese, con Tex e Tiger che assistono impotenti al massacro di una tribù Assiniboin da parte dei Wolfers di Fort Whoop, un gruppo di cacciatori di lupi che vivono nella terra di nessuno tra Canada e Stati Uniti; nello scontro, Tiger viene seriamente ferito. Con la collaborazione del colonnello delle Giubbe Rosse Jim Brandon, Tex e Carson decidono di infiltrarsi tra i Wolfers fino a conquistare la fiducia di Jason Ducaux – il loro carismatico capo – e cercando la collaborazione dei Sioux per distruggere il forte.

Buona la caratterizzazione dei personaggi principali, tra cui ha un ruolo finalmente d’azione anche Jim Brandon, storico alleato canadese di Tex

Soggetto abbastanza semplice, sfruttato al meglio con i tempi narrativi dilatati tipici di Nolitta, con momenti veramente epici, impreziositi dai disegni di Giolitti e Ticci, che si succedono con un certo stacco di stile. Si passa dall’espressività di Giolitti, maestro nel far recitare i vari personaggi, alla maestosità di Ticci, insuperabile nel rappresentare gli scenari naturali del Grande Nord. Quando si passa di bene in meglio! Il tutto è poi impreziosito dalle splendide copertine di Claudio Villa, di grande potenza e dinamismo.

La conclusione della lunga avventura, amara e pessimista, è perfettamente in linea con la narrazione di Guido Nolitta, che anche su Tex non ha rinunciato ai suoi stilemi e registri unici e inconfondibili.

Tex n. 466-467-468-469 “Golden Pass”

(agosto-novembre 1999)

Quest’ultimo episodio a firma Nolitta risulta particolarmente travagliato dato che, sia per la sceneggiatura che per i disegni, ci fu un passaggio del testimone da un primo autore ad un secondo a lavorazione in corso.

Per quanto riguarda la parte grafica è lo stesso Sergio Bonelli a spiegarne la motivazione: “Si tratta di un’avventura che io scrissi nel lontano 1993 e che doveva ricostituire il binomio Sergio BonelliAurelio Galleppini […] Purtroppo, nonostante l’impegno e l’entusiasmo che abitualmente metteva nel suo lavoro, Galep fu costretto a eseguire quei disegni in condizioni di salute tanto precarie da fargli ritenere impubblicabili molte delle sue tavole. Proprio queste sue perplessità, che però fanno onore alla sua serietà professionale, mi indussero – dopo la sua scomparsa – a far ridisegnare a Giovanni Ticci la parte che avevo sceneggiato.

Riguardo alla sceneggiatura, tutto il primo albo è opera di Nolitta con uno stile insolito rispetto a quanto ci aveva abituato nelle opere precedenti per via di una scrittura prolissa, senza grandi impennate e con episodi che sembrano totalmente slegati tra loro. L’assenza di pathos e la mancanza di ritmo non permettono alla storia di decollare, denotando una certa difficoltà di Nolitta nel dare una direzione precisa alla vicenda, come lui stesso confesserà in seguito: “In realtà, non ricordo più per quali motivi, devo riconoscere che – nelle vesti di soggettista – anch’io non ero particolarmente in forma, in quel momento: come sempre succede ai narratori in cerca di una nuova idea, sfogliavo impazientemente tutti i miei volumi sul West americano e consultavo attentamente tutte le enciclopedie del cinema, sperando che si ripetesse il “miracolo” già accaduto in altri casi, quando anche una didascalia o un semplice fotogramma erano bastati a farmi scattare la molla dell’invenzione. Nonostante gli sforzi, però, non riuscivo a mettere insieme quella che, nel nostro gergo, si chiama “scaletta”, overossia il canovaccio della storia.

Altra nota stonata è la rappresentazione eccessivamente umoristica di Pat Mac Ryan, grosso e simpatico pugile irlandese dalla forza erculea, già apparso in precedenti avventure. Bonelli ce lo aveva fatto conoscere come un po’ sempliciotto e senza particolari guizzi d’ingegno, ma qui Nolitta lo presenta come un vero tonto al limite della stupidità.

L’entrata in scena nel secondo albo di Mauro Boselli è facilmente riconoscibile: ritmo più sostenuto, personaggi meglio caratterizzati e, soprattutto, tanta azione. Una vicenda poco originale ma raccontata in modo credibile, dove emergono frequenti momenti con toni da commedia (il presunto flirt tra Carson e Mamie Smith), qualche scena zuccherosa (la tavolata dell’happy end) ma anche il Tex risoluto e senza tentennamenti vicino alla tradizione bonelliana.

Questo Golden Pass rappresenta l’ultimo contributo su Tex di Guido Nolitta che, nell’arco di quasi 20 anni, ha dato vita a numerosi episodi: seppur controversi, hanno saputo divertire ed emozionare, con la connotazione tutta personale che l’autore ha saputo e voluto donargli.

A tal proposito lo ribadisce in modo esplicito anche lo scrittore e giornalista Alberto Gedda: “Con Nolitta in Tex arriva un segno, un colore, che proviene dalle atmosfere di Zagor e Mister No: è il colore grigio del dubbio, la terra di mezzo dell’incertezza, dell’uomo che non si divide fra bene e male ma dubita del possibile. E questo è l’altro amore di Sergio: il dubbio, il sapersi confrontare, mettersi in discussione, guardare oltre gli stereotipi, i semplicismi, le facili etichette.

Tex firmato Nolitta parte I
Tex firmato Nolitta parte II

Stefano Paparella

"Quando il gringo incontra il messicano col coltello, il gringo è un uomo morto"

Massimo Cappelli

"Fa quel che può, quel che non può non fa"

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