Nan Hai

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Nella galleria delle serie di Robin Wood che ho più amato e che ho inserito in questa rubrica (prima di inaugurare la sottorubrica Tutto Robin Wood che ha analizzato la sua produzione sui settimanali dell’Eura Editoriale tra il 1982 e i primi anni Duemila), mi mancava Nan Hai: risalente al 1993, mi era piaciuta particolarmente ma, per qualche strano motivo, non era stata ristampata nella collana Giganti dell’avventura che sembrava la sua destinazione naturale – una serie da 20 episodi, agevolmente inseribile in un singolo albo come successo per Port Douglas o Anders.

Nel 2012, mi ero colpevolmente disinteressato della nuova, effimera collana di ristampe intitolata MasterComix (ne spiegherò i motivi prossimamente, in un articolo apposito), perdendomi così l’opportunità di rileggere l’intera saga di Nan Hai pubblicata nei volumi 6 e 8. Ne parlo ben volentieri adesso, dopo averli finalmente recuperati sul mercato dell’usato senza svenarmi 😊

Ammetto che i primissimi episodi di questa terza – e ultima – collaborazione tra la Leyenda e Garcia Duran (dopo il grande successo di Qui la legione e Kozakovich & Connors) mi avevano lasciato piuttosto perplesso per i troppi punti in comune con Dax, per quanto declinati al femminile… Ancora la Cina dell’Ottocento come ambientazione? Ancora un’orfana europea allevata dagli indigeni? Ancora i parenti che la cercano per toglierla di mezzo a causa di una gigantesca eredità?
Niente paura: il parallelo con Dax termina con il terzo episodio dopo che, nel secondo, Wood aveva sapientemente inserito un altro personaggio che diventerà protagonista del rutilante finale (evito qualsiasi spoiler per non rovinare la lettura a chi non conoscesse questo fumetto). La misura praticamente da miniserie – per gli standard dello sceneggiatore – è sfruttata come meglio non si potrebbe: trama serratissima, pochi fill-in o situazioni “già viste”, personaggi che colpiscono immediatamente il lettore e che vengono giostrati in modo perfetto… e tutto questo senza rinunciare né alla prosa roboante del Wood prima maniera, né ai dialoghi “brillanti” che insaporiscono la storia: magistrali i costanti battibecchi tra gli avventurieri Buck e Stevens, apparentemente comprimari del Colpitore Carter ma poi toccanti protagonisti dell’epilogo.
Buona parte della riuscita di questa serie va naturalmente a Garcia Duran, il cui stile inconfondibile si adatta perfettamente alla trama e all’ambientazione pur semplificandosi rispetto a opere precedenti. In un’intervista del 2009 rilasciata a Fucine Mute, l’autore affermò:
All’epoca lavoravo molto sulla sintesi. Ci sono soggetti che richiedono una particolare interpretazione, in cui lo stile del disegno si deve adattare alla storia. Questo processo è quasi inconscio per me: vedo ogni fumetto con un determinato tipo di passaggio a china e cerco di farlo in quel modo“. Il risultato è eccellente, anche se ho sempre trovato opinabile l’aggiunta del colore, avvenuta a livello redazionale, per la pubblicazione su Lanciostory (si veda la nota qui sotto).

Un fumetto “duro”, da leggere tutto d’un fiato, con diverse scene piuttosto crude (e varie nudità esibite) ma mai in modo gratuito – e soprattutto con un finale memorabile, che chiude perfettamente la trama, senza lasciare spazio a rimpianti ed evitando quei finali sospesi e in-finiti che talvolta caratterizzavano le serie “lunghe” di Wood. L’ultima tavola è strepitosa ma, come scrivevo all’inizio, preferisco non inserirla nell’articolo per evitare spoiler: chi proprio fosse curioso, però, può visualizzarla cliccando qui. A tutti gli altri consiglio di recuperare questa serie e auguro una buona lettura.

Nan Hai debutta nel 1993 sul n° 6 della XIX annata di Lanciostory, in modo stranamente “dimesso”: il suo nome, infatti, non appare in copertina, dove si preferisce visualizzare il rimando generico a un fumetto tuttocolore di Garcia Duran (questa indicazione avrà inoltre vita breve, in quanto sarà presente soltanto per quattro numeri). I 20 episodi della serie vengono pubblicati in 20 settimane consecutive, con l’ultimo che appare nel n° 25.
Nel 2012, l’intera saga viene ristampata – nell’originale bianco & nero – sui volumi 6 e 8 della collana MasterComix, corredata da editoriali piuttosto interessanti sul rapporto che legava i due autori: Garcia Duran, infatti, si trasferì in Europa a causa della dittatura argentina di fine anni Settanta ma anche per “ribellarsi” ai ricatti degli editori sulla proprietà intellettuale delle sue opere. A Marbella viene ospitato da Robin Wood, con il quale crea tre pietre miliari delle
historietas: Qui la legione, Kozakovich & Connors e, appunto, Nan Hai, dopodiché la collaborazione con la Leyenda termina bruscamente per una diversità di vedute sulla gestione editoriale delle serie create insieme e, secondo il disegnatore, “sicuramente fu per questo che Nan Hai ebbe un finale chiuso“.

L’interessante intervista integrale a Garcia Duran (di cui ho riprodotto due estratti) è opera di Luca Lorenzon ed è reperibile a questo indirizzo del sito Fucine Mute. Che la diatriba tra i due autori sia stata o meno il motivo che spinse Wood a scrivere Nan Hai in “soli” 20 episodi e con un finale chiuso, poco importa: questo fumetto è comunque un capolavoro.

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