La programmazione di questa rubrica prevedeva, nei prossimi numeri, un articolo sui numerosi western pubblicati nei primi anni dall’Eura e altri articoli su personaggi quali Wakantanka e L’uomo di Wolfland, alternati ad altre serie di Robin Wood. Dopo la scomparsa del grande autore sudamericano, però, ho deciso di anticipare gli articoli sui suoi personaggi (a cui avevo già dedicato i primi numeri della rubrica, con Savarese e Gilgamesh) in attesa di un’iniziativa più ampia e articolata in suo ricordo, che debutterà il 4 gennaio 2022 in concomitanza con il quarantesimo anniversario del suo esordio sulle pagine di Lanciostory. Restate sintonizzati.
1988. Nel numero 21 della XIV annata di Lanciostory debutta l’ennesima serie firmata da Robin Wood, che prende il nome dalla coppia di avventurieri protagonisti: il mercenario polacco Max Kozakovich e l’aviatore australiano David Connors. Ai disegni c’è Luis Garcia Duran, che aveva già affiancato Wood per Qui la legione (in cui uno dei capitani dei legionari si chiamava Kozakovitch). I diversi caratteri dei due protagonisti forniscono lo spunto per avventure trascinanti e dialoghi vivacissimi, in un arco di tempo compreso tra il 1917 e il 1925. Una coppia sulla falsariga di quella già vista in una serie precedente di Wood, Los Amigos (disegnata da Macagno), che era però ambientata ai giorni nostri e strizzava l’occhio a una celebre coppia del piccolo schermo – Attenti a quei due, con gli indimenticabili Tony Curtis e Roger Moore.
Per una panoramica più completa sulle trame e sulle caratteristiche della serie, che si conclude nel numero 14 della XVII annata (1991), rimando volentieri alla nostra scheda enciclopedica. Qui volevo invece sottolineare l’inserimento della scatenata coppia nelle vicende della Storia con la S maiuscola. È innegabile, infatti, che – dopo le prime due “missioni” (il ritorno al potere dello sceicco di Kermanshah e la ricerca di Soerensen) – la serie salga prepotentemente di livello quando Kozakovich e Connors iniziano a interagire con personaggi realmente vissuti: Lawrence d’Arabia, lo zar di Russia Nicola II e, infine, Mustafà Kemal. È in questi frangenti che Wood sale in cattedra, grazie alla ricostruzione accurata del periodo storico e alla perfetta “plausibilità” delle avventure narrate: chiunque, naturalmente, sa bene che lo zar verrà trucidato insieme a tutti i componenti della sua famiglia, ma i tentativi di salvarlo sono orchestrati in modo talmente credibile che il lettore, per qualche episodio, arriva quasi a sperare che la storia – a fumetti – riesca a modificare la Storia reale (la stessa sensazione, con una narrazione dal respiro ancora più ampio, possiamo ritrovarla nella saga di Dago che cerca di impedire il sacco di Roma).
La serie ottiene un grande successo, attestato dall’inserimento degli episodi iniziali nel numero 72 della collana Euracomix Tuttocolore e, soprattutto, dalla ristampa integrale di tutti e 43 gli episodi nei volumi 4 e 7 della collana I giganti dell’avventura. Tra i suoi indubbi pregi, quello più rilevante è costituito dalla sua compiutezza, con la parola “Fine” posta al termine dell’avventura con Mustafà Kemal: non ci troviamo, quindi, di fronte a una serie in-finita come avvenuto per altri personaggi di Wood (ad esempio, Mojado – come spiegato in questo articolo), né l’autore prolunga artificiosamente le cronache di Kozakovich & Connors limitandosi a spostarne l’ambientazione. Sceglie invece di terminare con i due protagonisti che sembrano salutarsi per sempre, salvo decidere di continuare insieme il loro cammino: come ricordava anche la nostra scheda, “forse finiremo in Brasile“, scrive Connors nel suo diario, “forse no. Forse anche noi abbiamo nel sangue quella malattia che si chiama avventura. E devo dire che non mi sembra una cosa tanto sgradevole“. Una conclusione perfetta per una bella serie.
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