1982: sul numero 7 della VIII annata di Lanciostory appare il primo episodio di una nuova serie di Ricardo Barreiro e Juan Giménez, intitolata La Città e composta da dodici episodi, pubblicati a settimane alterne (tranne in un caso) fino al n° 30 dello stesso anno. I due autori argentini si sono conosciuti a Parigi – dove entrambi si sono rifugiati verso la fine degli anni Settanta, in fuga dalla dittatura imposta in patria dal generale Videla – e hanno già lavorato ad altre serie quali Asso di picche e Cronaca di tre guerre.
La Città in cui Jan si perde nel primo episodio è un luogo paradossale, senza regole e senza logica: accorre in suo aiuto Karen, che lo salva dall’attacco di alcuni sbandati e gli spiega che “la Città è fantastica e incredibile come tutto quello che vi avviene. Una metropoli mostruosa, infinita, senza nome… nella quale tutti gli abitanti sono come dei naufraghi dementi… uomini e donne che si sono perduti in qualche parte del mondo“.
È un’idea di partenza geniale, che apre la strada a episodi praticamente autoconclusivi – anche se legati da una blanda continuity – all’interno dei quali la coppia dei protagonisti cerca inutilmente un’uscita dalla Città e dà modo alla fantasia dei due autori di scatenarsi senza limiti: suggestioni letterarie provenienti da autori come Kafka, Borges e Lovecraft… la citazione del pifferaio di Hamelin… una sorta di diluvio universale e la scoperta di un relitto che sembra l’Arca di Noè… e soprattutto, nell’ottavo episodio, l’avventura all’interno del Quartiere Castello, che all’inizio sembra un’oasi di ordine e normalità ma in cui si sta sviluppando rapidamente un morbo mortale, la cui diffusione viene accelerata dalla vita comunitaria: impossibile non pensare alla pandemia odierna e al pericolo di propagazione del contagio a causa degli assembramenti.
La serie si conclude con una coppia di episodi da antologia: nel penultimo, Jan e Karen – catturati da una banda di uomini-caimano – vengono salvati da Dracula, la Mummia, Frankenstein e altri celebri mostri, che intendono ripagare il loro debito con gli esseri umani: “noi siamo fatti con la stessa materia dei vostri sogni, le vostre fantasie ci hanno dato vita: se esistiamo, lo dobbiamo a voi“…
Nell’ultimo, invece, raggiungono il centro della Città, in cui si trova “l’ascensore”, apparentemente l’unica via d’uscita dalla Città stessa. Li guida una guest star davvero sorprendente: si tratta di Juan Galvez, l’Eternauta, che in una tavola indimenticabile sulla natura di quella sterminata metropoli giunge a ipotizzare che tutti loro siano in realtà soltanto i protagonisti di un fumetto, prima di decidere di prendere l’ascensore anche se lo reputa una trappola. Jan e Karen decidono invece di allontanarsi e continuare a cercare l’uscita dalla Città, perché “forse la continua ricerca di una strada è già essa stessa una via di uscita“.
(Il cameo dell’indimenticabile personaggio di Hector G. Oesterheld non deve sorprendere: sembra infatti che la serie fosse stata concepita all’origine come una sorta di Divina Commedia, con lo stesso Oesterheld nei panni di Virgilio…)
Il grande successo della serie viene attestato da due ristampe completamente a colori, la prima apparsa sempre su Lanciostory nel 1986 all’interno della rassegna intitolata Il meglio di Giménez e la seconda (con le tavole parzialmente rimontate) nel volume 16 della collana Euracomix Tuttocolore.
Nel 1992 Lanciostory pubblica una seconda parte della serie, sei episodi in sei numeri consecutivi (stavolta disegnati da Luis Garcia Duran) che non hanno però – a mio modesto parere, naturalmente – lo stesso fascino della prima parte, a partire dal “cameo” di Diego Armando Maradona (…) nel secondo episodio del sequel, mentre Jan e Karen compaiono soltanto nei due episodi finali.
In séguito, il n° 4 della collana Fantacomix Day ristamperà entrambe le parti in bianco e nero (abbinate a un’altra serie fantasy, Robin delle stelle): tutti segni del grande e meritato successo di quest’opera visionaria.
————————
BENEMERITA EURA – tutti gli articoli