Per chi segue le vicende di casa Bonelli, sono ben note le vicissitudini editoriali che hanno caratterizzato il personaggio di Daryl Zed. Per chi – invece – ne fosse all’oscuro, di séguito un breve riassunto.
Daryl Zed è il personaggio di un fumetto contenuto in una storia di Dylan Dog, Caccia alle streghe – riuscitissima denuncia dei pericoli e delle storture della censura – sceneggiato da Tiziano Sclavi e uscito a giugno 1992.
Nell’albo viene presentato come un cacciatore di mostri, nonché Il Detective dell’Occulto, una sorta di figura assimilabile allo stesso Dylan Dog.
Successivamente, ad agosto 2017, nella collana Color Fest, venne realizzata una seconda storia del personaggio scritta da Tito Faraci e disegnata da Nicola Mari, dal titolo Caccia agli inquisitori, in cui la prospettiva dei due personaggi viene ribaltata: Dylan Dog è il personaggio di un fumetto nella realtà abitata da Daryl Zed.
A gennaio 2020 debuttò una miniserie dedicata a Daryl Zed, firmata sempre da Tito Faraci: sei numeri che, a cadenza mensile e nel solo circuito delle fumetterie, continuavano la saga del cacciatore di mostri con i disegni del già citato Nicola Mari in compagnia di Angelo Stano e Werther Dell’Edera.
Due mesi dopo l’uscita del sesto albetto, l’editore decise di proporre i sei episodi racchiusi in un unico volume brossurato, destinato questa volta alla distribuzione in edicola. Tuttavia, nonostante l’annunciata pubblicazione, l’opera fu misteriosamente ritirata durante la distribuzione, comparendo solo per un brevissimo tempo in alcune edicole della penisola.
Le poche copie finite in commercio diventarono velocemente un pezzo raro da collezione per i fan dell’inquilino di Craven Road (e non solo).
Dopo cinque lunghi anni, lo scorso maggio la Sergio Bonelli Editore ha annunciato l’uscita dell’albo destando l’attenzione degli appassionati, curiosi soprattutto di capire le motivazioni di un ritardo protrattosi così a lungo.
Lo stesso Tiziano Sclavi le ha fornite, tramite un comunicato sul sito ufficiale Bonelli: la lettera dell’autore di Broni, tuttavia, anziché fare chiarezza ha gettato ulteriore confusione sulla questione, rischiando di mettere in secondo piano i contenuti dell’albo stesso.
Sarebbe un peccato perdere di vista la sostanza del lavoro di Tito Faraci, meritevole di una certa considerazione. Citando la prefazione al volume di Roberto Recchioni – il curatore dell’epoca – “Daryl Zed è il fumetto di un fumetto nel fumetto che, a sua volta, contiene un altro fumetto”.
L’autore prosegue quindi con il ribaltamento della visione dei due personaggi, Dylan e Daryl: è quest’ultimo a vivere in una realtà in cui – come dicevamo – Dylan Dog è il fumetto di successo della sua epoca.
Un’epoca popolata da mostri di ogni tipo che Daryl, senza mostrare alcuna pietà, combatte in una lotta senza quartiere. Perché, come recita il titolo del primo episodio, i mostri sono loro e vanno eliminati senza nessuna remora.
Nella sua particolare visione, “il mondo è fatto di buoni e di cattivi, di bianco e di nero, senza zone grigie e sfumature”. È chiaro che ci troviamo di fronte ad un character che è la vera e propria antitesi del Dylan Dog tormentato e intimista di sclaviana memoria: qui c’è un personaggio guascone e sensazionalista, chiassoso ed esagerato, sempre pronto a pronunciare frasi ad effetto che, nella loro banale solennità, ben delineano il basso profilo dello spietato cacciatore di mostri.
Nelle sue scorribande alla ricerca di creature da uccidere, rivela una freddezza che sfocia nel cinismo e, talvolta, in una crudeltà gratuita.
Faraci dimostra di muoversi a suo completo agio in queste storie che si amalgamano bene in un unico volume, con un’azzeccata atmosfera pulp congeniale all’ambientazione. La narrazione, tuttavia, appare meno coinvolgente quando il ritmo rallenta, con alcuni snodi della sceneggiatura un po’ troppo affrettati e una certa confusione derivante dall’eccesso di metafumetto.
Tante le citazioni e i riferimenti agli albi più iconici di Dylan Dog, come Memorie dall’invisibile, I vampiri e Johnny Freak, opportunamente stravolti nel mondo capovolto di Daryl Zed.
Partecipa alla storia anche Tiziano Sclavi in persona – sornione e posato – rappresentato come il migliore amico dello stesso Daryl, da cui si discosta per la visione del mondo diametralmente opposta.
Senza gridare al capolavoro, l’opera di Faraci convince: concepito come un vero e proprio divertissement, è motivo di svago per un lettore che desidera uscire dalle atmosfere più seriose e angoscianti che connotano le storie dell’Indagatore dell’Incubo.
La parte grafica è appannaggio di tre disegnatori dallo stile estremamente diverso, caratteristica che non stona all’interno dell’albo e che risulta ulteriormente interessante per la colorazione retrò a opera di Sergio Algozzino.
Il fumettista palermitano utilizza colori squillanti e tinte piatte che, unite alla particolare trattazione delle pagine, donano un gradevole sapore vintage perfettamente in linea con i supereroi degli anni ‘50.
Nicola Mari propone il consueto tratto spigoloso, aggiungendo una certa essenzialità negli sfondi, scelta probabilmente richiesta dallo sceneggiatore.
Non delude nemmeno l’espressionismo minimalistico di Werther Dell’Edera che, al pari di Mari, si dimostra congeniale alle atmosfere hard boiled richieste dai testi di Faraci.
Angelo Stano – nome amatissimo dagli appassionati dylandoghiani – regala una prova senza sbavature, anche se non appare del tutto a suo agio con il genere di storia ideata dallo sceneggiatore.