L’uscita degli albi della ventina 41-60 comprende un periodo che va da febbraio 2016 a settembre 2017.
Scompaiono le storie memorabili, quelle che entrerebbero di diritto in un’ideale “Top Ten”.
Più in generale, scema l’interesse di forum e siti specializzati, sempre meno attenti alle uscite mensili della collana e, quando interessati, sempre più critici verso albi dalla qualità discutibile o che non lasciano alcun segno.
Si rincorrono nuovamente le voci di una prossima chiusura della serie che, tuttavia, non trovano alcun riscontro ufficiale. Evidentemente il volume delle vendite risulta ancora accettabile.
L’impressione generale è che la collana abbia esaurito l’iniziale entusiasmo non solo dei lettori ma anche della casa editrice stessa, sempre meno attenta nella cura degli albi oltre ad inserire redazionali che spesso sembrano mettere le mani avanti rispetto alla qualità di ciò che si leggerà.
Resta invece altissima la qualità delle copertine di Aldo Di Gennaro, davvero un eccezionale biglietto da visita, sempre più spesso la nota di maggior merito dell’albo nella sua interezza.
Le Storie n. 41
“Atto d’accusa”
Atto d’accusa ci riporta indietro nel tempo fino ad arrivare alla Roma del 69 a.C., anno in cui si svolse il processo contro il potente propretore Gaio Licinio Verre, sfidato dal senatore Marco Tullio Cicerone in uno di quei dibattimenti che fecero proprio di Cicerone l’avvocato e l’oratore più grande della sua epoca.
Giuseppe De Nardo dimostra un certo coraggio nel riprendere una complessa vicenda con ramificazioni politiche, giudiziarie e procedurali, riproponendola – al netto di alcune libertà romanzesche – con un preciso livello di dettaglio e senza alterare il corso storico degli eventi.
Interessante la raffigurazione di Cicerone: la penna di De Nardo predilige più l’aspetto umano rispetto a quello agiografico del soggetto, provando a tratteggiarne delle sfaccettature inedite, in cui si aggiungono (alle tante virtù) le inevitabili debolezze.
Nonostante a tratti risulti un po’ eccessiva nelle spiegazioni, la lettura rimane scorrevole e coinvolgente, proponendosi come un “legal drama ante litteram”.
Buona la prova ai disegni di Giuliano Piccininno, autore di grande esperienza con all’attivo numerosissime collaborazioni, che denota un profondo lavoro di ricerca per quanto riguarda le ambientazioni e i costumi dell’epoca e, più in generale, regala tavole curate con uno stile che ben si amalgama con i temi narrati.
Le Storie n.42
“La terra dei vigliacchi”
Ritorna il prolifico Alessandro Bilotta con La terra dei vigliacchi, storia immersa nella grande narrativa romanzesca americana del Novecento: quella dei vari Faulkner, Hemingway, Fitzgerald, Steinbeck e (naturalmente) John Fante, citato direttamente nell’albo.
E proprio in quella “generazione perduta” possiamo ritrovare i due protagonisti dell’albo, il ribelle e tormentato Hazael e il più riflessivo e pacato Isaac, ragazzi che devono emergere in un contesto cupo e desolato come quello della Salinas Valley del primo dopoguerra, terra stretta nella morsa del sacrificio e della miseria che non ha mai conosciuto il sogno americano, .
Il giallo della storia resta molto sfumato, di secondaria importanza rispetto all’intreccio passato / presente che avvolge i personaggi e ad un ambiente che si rivela sempre più soffocante e malsano.
Una terra dei vinti, con un perenne senso di frustrazione che non può condurre che alla deflagrazione di una violenza rimasta compressa per troppo tempo.
La trama è composta da due linee temporali che partono da incipit diversi ma hanno lo stesso tragico epilogo, specchiandosi l’una nell’altra e finendo per assomigliarsi paurosamente.
Nulla può cambiare quando il destino è già scritto.
Peccato per i disegni di Pietro Vitrano, davvero deludenti, con i volti dei personaggi che paiono maschere ben poco attraenti e, più in generale, una cura dei dettagli che non rende onore all’ottimo lavoro dello sceneggiatore.
Le Storie n.43
“Le nebbie di Boisbonnard”
Con Le nebbie di Boisbonnard torna nuovamente il noir, con un episodio a firma Fabrizio Accatino anche se, rispetto al precedente numero, c’è ben poco in comune.
Non c’è più l’assolata California ma un piccolo villaggio sperduto nella fredda campagna francese degli anni Venti. Un paese avvolto nella nebbia, nel ghiaccio e nell’umidità, elementi che invitano gli abitanti del luogo a riscaldarsi al fuoco della legna e dell’alcol in osterie e locande.
Tutto scorre noiosamente tranquillo, fino a quando un evento delittuoso rompe gli equilibri e genera il dubbio del sospetto tra i placidi e pavidi abitanti di Boisbonnard.
L’inesistente indagine sarà a senso unico, indirizzata ad una soluzione di comodo che preservi lo status quo. Alla fine tutto si rivelerà più semplice di quel che appare: o forse tutto appare erroneamente più semplice di quel che è, incluso il confine tra colpevolezza e innocenza, che permane labile e sfuggente.
Solo tanti anni dopo, il caso e la perseveranza di un tormentato gendarme faranno luce sulla vicenda.
Una storia senza dubbio interessante quella di Accatino, ma che ricalca in modo molto più che sospetto il romanzo di Philippe Claudel Le anime grigie. Niente di male, ma sarebbe stato doveroso citarlo nel redazionale di presentazione, anche se l’autore affermerà in seguito di non conoscere minimamente il succitato romanzo.
I disegni – ad opera dell’esordiente Eleonora Dea Nanni – lasciano alquanto a desiderare, per via di un tratto ancora molto acerbo che non riesce ad essere efficace, sia nell’espressività dei volti che nell’ambientazione.
Le Storie n.44
“Xamu”
Xamu ci fa immergere nella fantascienza, in un futuro lontanissimo in cui l’umanità fa la spola tra pianeti sconosciuti e astroporti orbitanti, con la presenza di esseri mutanti, robot e altre creature inquietanti.
Gigi Simeoni, piuttosto che analisi socio-politiche, predilige l’aspetto più legato all’azione, con inseguimenti, scazzottate e scontri a fuoco, in un quadro che ricorda pellicole del tipo Space truckers e Atto di forza.
Una storia che rimane incompiuta, con situazioni accennate che poi non vengono più riprese: ad esempio, l’anima nera della vicenda Warro Drake ad un certo punto scompare completamente dalla storia, lasciando un forte senso di insoluto.
Si ha la netta impressione di un albo nato per essere il primo episodio di una (mini)serie che non ha mai visto la luce, sensazione confermata anche dal finale completamente aperto.
Esordio ai disegni per Alessandro Giordano, alla sua première assoluta in campo professionale. Ispirato allo stile di Jorge Zaffino, fornisce una prova promettente anche se non esente da evidenti pecche come la definizione dei volti, spesso un po’ spiazzanti.
Le Storie n.45
“Balaklava”
Balaklava, nelle intenzioni dell’autore, vorrebbe rappresentare l’omonima battaglia di metà Ottocento (l’episodio più famoso della guerra di Crimea) e ambirebbe a dare a tutta la vicenda un senso di ineluttabilità con un tocco di soprannaturale.
Peccato che il lavoro di Luigi Mignacco non risulti per nulla soddisfacente, con una trama noiosa, incerta e spesso caotica, con personaggi che si confondono nello svolgersi della battaglia.
Il flashback inserito a metà dell’albo sembra messo un po’ a caso, elevando ulteriormente la difficoltà del lettore nel mettere insieme i vari pezzi del racconto.
Totalmente fuori contesto anche il presunto intervento luciferino nell’evolversi della vicenda, davvero mal ideato, con una morale finale insopportabilmente retorica.
Non aiuta nemmeno il comparto grafico affidato a Salvatore Pezone, con disegni che fanno il paio col caos della sceneggiatura.
Davvero poco da salvare, in un albo che si dimentica in fretta.
Le Storie n.46
“Illusioni”
Illusioni è il nuovo episodio a firma Fabrizio Accatino, incentrato sulla vita e la carriera di Janek Belka, illusionista cecoslovacco che si esibisce nei teatri dell’Europa di inizio Novecento.
Una sorta di romanzo di formazione che, pur con i limiti imposti dalla ridotta foliazione, riesce a dare un senso compiuto all’intera vicenda narrata.
La carriera da illusionista di Janek (che a dir la verità pare più un mago capace di cose inimmaginabili) scorre veloce, di successo in successo, portando avanti in parallelo una tenera amicizia con una piccola orfana che sfocerà in seguito in una sofferta storia d’amore.
Una sorta di fiaba, suggestiva e delicata, con un tocco malinconico che lascia un sapore tutto particolare. Davvero bello e d’effetto il finale, epilogo che non si poteva concepire meglio.
I disegni di Giampiero Wallnofer, artista di grande esperienza in bilico tra pubblicità, fumetto e illustrazione, ben accompagnano il tono fiabesco della storia e, nella loro semplicità, paiono fatti apposta per un libro illustrato per ragazzi.
Le Storie n.47
“Sangue e ghiaccio”
Sangue e ghiaccio è probabilmente l’albo più particolare di tutta la collana per via della sua originalissima veste grafica.
L’idea di fondo nasce una dozzina di anni prima ma, date le caratteristiche con cui si intendeva realizzare l’intero volume, rimarrà chiusa nel classico cassetto fino all’uscita in questa collana.
La storia è ambientata durante la disastrosa ritirata dell’armata di Napoleone dalla Russia, concentrandosi su un piccolo drappello di soldati che, in cerca di cibo, si stacca dalla colonna centrale.
La prima parte è da manuale: Tito Faraci, autore che non ha bisogno di presentazioni, trascina letteralmente il lettore dentro la storia senza fare intuire la direzione della trama, stimolandone così la curiosità.
Verso metà albo c’è una netta virata verso l’horror soprannaturale di matrice lovecraftiana, sterzata che finisce con il banalizzare un po’ la trama, specie quando si decide di mostrare esplicitamente anziché puntare sull’inquietudine del “non visto”.
Interessante l’espediente del narratore che spiega i fatti accaduti in una sorta di metanarrazione, nonostante in alcuni momenti tolga fiato alle scene più drammatiche.
Il merito maggiore di Faraci è quello di aver messo la propria scrittura al servizio del disegnatore, esaltandone le caratteristiche.
Difatti il vero capolavoro è la prova grafica di Pasquale Frisenda, con la mezza tinta arricchita dal sapiente impiego del rosso a testimoniare la presenza di ogni fonte di calore, in un crescendo di tavole strepitose. Un lavoro che lascia letteralmente a bocca aperta, con disegni uno più pregevole dell’altro, da ammirare e incorniciare.
Le Storie n.48
“Notturno newyorkese”
Il noir è senz’altro uno dei generi più esplorati all’interno de Le storie e il rischio di ripetersi è dietro l’angolo.
Proprio qui sta la bravura di Samuel Marolla, autore dampyr-zagoriano, che propone in questo Notturno newyorkese una variante interessante.
In un primo momento ci si trova davanti ad un classico hard-boiled, con tutti gli ingredienti che lo contraddistinguono: quindi efferati killer dal grilletto facile, poliziotti corrotti, la bionda di turno bella e letale, fino al classico regolamento di conti finale.
Un’aria noir che si ispira in modo sfacciato alle opere di autori come Cornell Woolrich e Raymond Chandler.
Una sequela di cliché con poca ispirazione, verrebbe da dire: e invece vari indizi fanno capire che c’è qualcosa di strano nello svolgersi dei fatti, sia nel suo andamento onirico e psicanalitico che nella bizzarria di alcune situazioni.
Il finale svelerà che la realtà del racconto si intreccia con la finzione letteraria, gravata dal senso di emarginazione e fallimento di uno scrittore che ha esaurito la creatività e si aggrappa invano ai propri sbiaditi ricordi di un’epoca giunta al crepuscolo.
Pregevole il lavoro ai disegni di Max Avogadro, perfetto nel ricoprire di scuri ottimamente sfumati tavole che rendono benissimo il cielo plumbeo di un’opprimente New York, completamente immersa in una metaforica oscurità.
Le Storie n.49
“Golem”
Francesco Artibani, autore di grande esperienza con un solido background disneyano, rielabora la leggenda del Golem, inserendola nella Praga occupata dall’esercito nazista.
La ricostruzione storica si rifà ai tanti precedenti sia in campo letterario che in quello cinematografico, non risparmiandoci nulla della brutalità e della ferocia degli invasori tedeschi, a cui si oppone una minoranza di tenaci protagonisti della resistenza praghese.
L’evocazione del mitico Golem, carta della disperazione tentata da un medico e un vecchio rabbino, servirà per dare vendetta e spirito di riscatto all’intero popolo ebraico, scatenando a sua volta la feroce repressione dell’oppressore nazista.
È un Golem che ricorda da vicino quello raffigurato da Elie Wiesel nel suo romanzo Il Golem, lontano dallo stereotipo del mostro senza sentimenti ma piuttosto un essere pieno di intuito, di intelligenza e finanche di compassione.
Niente di nuovo quindi, ma la storia nel suo complesso funziona anche se il finale appare davvero scontato.
I disegni di Werther Dell’Edera sono funzionali alla storia, con uno stile graffiato che sacrifica la ricchezza della tavola per un tocco più sintetico.
Quello che stona un po’ sono le pose supereroistiche assunte dal Golem negli scontri in cui è protagonista, molto in stile Marvel, mondo dal quale effettivamente proviene il disegnatore.
Le Storie n.50
“Il condannato”
Con Il condannato torna l’avventura nella sua accezione più profonda, quella fatta di territori inesplorati, viaggi romanzeschi e nobili sentimenti.
Non a caso è presente in carne e ossa uno dei più famosi esponenti del racconto avventuroso, ossia Robert Louis Stevenson, in verità inserito un po’ forzatamente.
Fausto Vitaliano assembla quindi tutti gli ingredienti necessari per dare corpo al contesto avventuroso, sfruttando ogni stereotipo necessario, immergendo il tutto nell’immensa Australia di fine Settecento, terra per gran parte inesplorata e ricca di suggestioni ancestrali.
Il limite di questa storia sta proprio negli stereotipi di cui la vicenda trabocca, con l’incauto protagonista che nel suo percorso di redenzione troverà con casualità sospetta tutti gli elementi per poter riscattarsi e imboccare la strada di una nuova vita.
Un quadro davvero semplice da leggere, che racconta con svolte narrative troppo prevedibili la maturazione personale del protagonista, diviso tra un passato prima rimpianto e poi rifiutato, un presente con un amore cercato e bruscamente interrotto e un futuro da novello John Dunbar, che nel contesto australiano non prenderà il nome di Balla coi lupi ma di Namadgi, “l’aborigeno bianco”.
I disegni di Luigi Pittaluga, già all’opera su Julia e Orfani, fanno il loro dovere, con un’azzeccata sobrietà e una bella cura dei primi piani.
Le Storie n.51
“I dannati di Pitcairn”
Il tema avventuroso è protagonista anche ne I dannati di Pitcairn, storia che riprende le vicende degli ammutinati del Bounty quando, dopo aver lasciato Tahiti, decidono di stabilirsi su un’isola deserta che ha le sembianze di un paradiso terrestre.
L’armonia nel gruppo durerà pochissimo, giusto il tempo perché la parte degli ammutinati più mite e razionale (che fa capo all’ex ufficiale Fletcher Christian) e quella violenta e crudele (guidata dall’ex marinaio Matthew Quintal) entrino in un conflitto che nello scorrere delle pagine si farà sempre più cruento e sanguinoso.
Claudio Nizzi confeziona un’altra prova scialba, con un storia scritta come un compitino che fila via liscio senza però offrire spunti significativi o particolari emozioni. I personaggi sono appena abbozzati, senza un doveroso approfondimento che faccia risaltarne la personalità.
Una trama che non dà vere e proprie sorprese: tutto scorre in modo anonimo verso un finale poco memorabile.
Pregevole invece il lavoro di Giovanni Lorusso, già visto all’opera nel Tesoro di Bisanzio, con tavole davvero molto ben curate, sia nella rappresentazione della lussureggiante vegetazione dell’isola che nei volti dei tanti personaggi che affollano la storia.
Le Storie n.52
“Dollari d’argento”
Si torna nel vecchio West con una storia decisamente più convenzionale rispetto al precedente Il prezzo dell’onore.
Una storia lineare, questa Dollari d’argento (confezionata con indubbio mestiere da Gigi Simeoni), che soffre però di una certa compressione, con una semplificazione di alcuni passaggi un po’ penalizzante per la buona riuscita dell’episodio.
L’impressione è che con un numero maggiore di pagine a disposizione l’esito avrebbe potuto essere decisamente più felice: ad esempio, un personaggio potenzialmente interessante come il bounty killer Joe Darrel viene introdotto e liquidato nel giro di poche pagine.
Anche il frenetico finale sembra far accadere tutto troppo in fretta, affidando poi ad uno “spiegone” il riassunto di alcuni fatti che completano il quadro della trama.
Interessante la figura del protagonista, il fotografo di origini italiane Carlo Esposito: un uomo mite e simpatico, allergico alle prepotenze e alle ingiustizie, che saprà farsi valere anche come inaspettato uomo d’azione.
Buona la prova dell’esordiente Giuseppe Baiguera, che regala tavole decisamente efficaci con una netta separazione dei bianchi e dei neri, anche se pecca di chiarezza in alcune scene d’azione.
Le Storie n.53
“Razo, il brigante”
Il conflitto russo-nipponico di inizio Novecento fa da sfondo a questo Razo, il brigante, storia infarcita di intrighi di palazzo, pavidi burocrati, servizi segreti deviati e cospirazioni politiche.
Il risultato è un albo deludente, che pare uscito da uno di quei racconti del libro Cuore sull’ardore giovanile e lo spirito di sacrificio.
La trama imbastita da Fausto Vitaliano è davvero esile e prevedibile: tutti i personaggi sono esattamente quel che appaiono e fanno esattamente quel che ci si aspetta che facciano.
Stessa cosa per la sceneggiatura, piatta e convenzionale: tutto va come deve andare. I dialoghi, banali e stereotipati, non migliorano le cose.
Alcune scelte di sceneggiatura sono davvero discutibili, come l’estrema facilità di fuga dalle famigerate carceri russe e l’altrettanto facile possibilità di entrare di soppiatto nei palazzi governativi e rubare documenti top-secret.
Resta poi da capire da dove spunti fuori la futura sposa del timido e riservato tenente Kolima, inserita nel racconto totalmente a caso, praticamente solo per ricordarci che – parole sue – la guerra non ha logica ma è solo follia.
Matteo Mosca non delude mai, tutt’altro, anche se in questo numero si limita al mero compitino senza particolari guizzi.
Le Storie n.54
“La mano nera”
Con La mano nera fa il suo esordio Onofrio Catacchio, autore poliedrico con lavori che spaziano tra il fumetto indipendente e il mainstream, la fiction e la biografia.
La storia si prefigge di raccontare le gesta del leggendario poliziotto Joe Petrosino, alla guida del cosiddetto Italian Branch, il nucleo investigativo della Little Italy di New York di inizio Novecento.
Il tutto è filtrato attraverso gli occhi e la penna del giornalista Davide Orsi, inviato di un quotidiano italiano per descrivere le condizioni di vita oltre oceano dei propri connazionali.
Dopo poche pagine la storia si affloscia subito, scorrendo via troppo veloce e risolvendosi in modo imbarazzante. Un susseguirsi di eventi slegati tra loro, con il pool degli uomini di Petrosino descritto sommariamente senza alcuna particolare caratterizzazione.
Inoltre La mano nera del titolo, ovvero la potente e spietata società del crimine organizzato newyorchese, è relegata ad un siparietto iniziale, riducendo il tutto all’ennesima indagine da gialletto di scarso interesse.
Le ultime pagine sono poi del tutto superflue, quasi che l’autore sia stato costretto ad inserirle per arrivare alla fatidica ultima tavola.
Di ben altro spessore il comparto grafico, dove Catacchio è davvero bravissimo nel rappresentare il brulicante mondo della sovraffollata Little Italy, all’interno di una New York quasi gotica e vittoriana.
La sua perfetta sintesi dei volti dei personaggi e degli ambienti ricorda il Magnus meno grottesco, ma con uno stile sempre personale ed elegante.
Le Storie n.55
“Fort Ticonderoga”
A più di quattro anni dalla sua scomparsa esce una storia del compianto Paolo Morales, già autore per la collana Le Storie dell’apprezzato Ritorno a Berlino.
L’ambientazione di questo Fort Ticonderoga è il Settecento americano, negli anni a cavallo dell’indipendenza, con protagonista un viziatissimo ragazzino di nobile lignaggio, spedito dal padre in uno sperduto forte per farsi le ossa (e mettere giudizio).
La profonda esperienza vissuta tra le varie pieghe di una guerra che non fa sconti, passando attraverso inaspettate amicizie, acerrime rivalità e dolorosi tradimenti, farà maturare il protagonista, che riuscirà persino a trovare il grande amore nella figlia dell’ufficiale del forte.
Morales, da grande professionista qual era, imbastisce una trama con un buon ritmo e i giusti tempi, rendendo la storia fluida con la corretta alternanza tra registro drammatico e quello più leggero.
Occorre sottolineare che la vicenda si rifà integralmente al romanzo La figlia del capitano del russo Aleksandr Puskin, modificando l’ambientazione ma lasciando pressoché inalterato il susseguirsi degli eventi.
Nessuna sorpresa questa volta, dato che – a differenza di episodi passati – il fatto è apertamente dichiarato nel redazionale di presentazione; a seconda delle interpretazioni può essere visto come un difetto per la mancanza di originalità o un pregio per l’interessante rilettura.
I disegni sono affidati ad un debuttante in casa Bonelli, ovvero Fabio Ramacci, giovane artista con all’attivo alcuni lavori per Star Comics. Un lavoro discreto anche se non sempre all’altezza, specie nei volti spesso incerti, e che fondamentalmente non toglie nulla al lavoro di Morales ma nemmeno aggiunge.
Le Storie n.56
“Ix B’Alaam”
Ix B’Alaam è un vero e proprio viaggio della fantasia all’interno di un contesto alquanto insolito, ovvero una delle ultime roccaforti dell’antica civiltà Maya nel Messico di fine Settecento.
Andrea Voglino – giornalista e scrittore con all’attivo in campo fumettistico collaborazioni per Martin Mystère – si ispira molto liberamente al lavoro cinematografico L’uomo che volle farsi re di John Huston, cambiando però totalmente ambientazione, con una spruzzata del fantasy di tipo zagoriano e un’iniezione dell’avventura stile Pirati dei Caraibi.
Davvero poca cosa questo albo, perlopiù noioso, convenzionale nella costruzione e con una trama sfilacciata e poco coinvolgente.
Il prologo iniziale è davvero troppo lungo, pesante e fondamentalmente inutile per il prosieguo della storia. Quando poi questa entra nel vivo le cose non migliorano, vista l’eccessiva verbosità dei dialoghi e i tanti riferimenti alla cultura e all’immaginario Maya buttati un po’ alla rinfusa tra una vignetta e l’altra.
La virata finale nella fantascienza, mal realizzata e fuori posto, non fa altro che accrescere il senso di confusione di un albo che nemmeno i disegni di Stefano Landini, anche lui poco ispirato, riescono a risollevare.
Le Storie n.57
“Polvere di fata”
Giovanni Di Gregorio reinterpreta a suo modo un classico della letteratura, il Peter Pan di J.M. Barrie, eliminando ogni traccia di fiaba e di spensieratezza ma colorando la storia con tinte scurissime.
L’eterno bambino Peter qui assume il ruolo di uno spacciatore di Polvere di fata che, come si può facilmente intuire, è una sostanza ben diversa da quella magica del romanzo che rende le persone molto leggere e in grado di volare.
Un racconto con un’enorme carica di disperazione e desolazione: personaggi che fuggono da un passato doloroso, vivono un presente triste e malinconico e sono diretti verso un futuro tragico e ineluttabile, con la morte come unico rimedio alle sofferenze e alle miserie terrene.
Persino la Londra presentata dallo sceneggiatore è cupa, sporca, maleodorante, avvolta da una nebbia opprimente che non fa che elevare il grado di tossicità della storia.
Davvero nessun barlume di speranza in questo numero, compreso il tristissimo finale, in cui il bivio che si presenta all’infelice Arthur è andare incontro a quello che l’oscuro Hook presenta come “il consolatorio abbraccio della morte” oppure proseguire con la sua apatica non-vita.
Pregevole il lavoro grafico della coppia Alessia Fattore e Maurizio Di Vincenzo, con un’ottima resa delle atmosfere e delle ambientazioni londinesi (in particolare i tanti scenari nebbiosi, in cui alternano un segno deciso con sottili tratteggi), regalando sfumature davvero affascinanti.
Le Storie n.58
“Il sangue dei mortali”
Torna Giancarlo Marzano che, anche in questo Il sangue dei mortali, ci porta indietro nel tempo fino ad arrivare al più celebre degli assedi che la storia ci abbia regalato.
Mi riferisco chiaramente a quello di Troia, che l’autore rivede con un occhio diverso, quello dei comuni mortali, soldati che affrontano ogni giorno la morte per mano del nemico, di un traditore oppure per un’epidemia, costretti nel perdurare dell’assedio a sostituire i sogni di gloria con quelli più terreni della mera sopravvivenza.
Un’altra visuale della storia ci viene donata per mezzo di una giovane donna troiana, che perderà tragicamente tutti i propri affetti più cari e dovrà far fronte ad un nemico più sottile e infido di quello assediante, ovvero l’indigenza e la solitudine, combattendo strenuamente per tenere con sé la giovane figlia, unico affetto rimastole.
Marzano spoglia il fatto storico della sua patina di eroismo, con i vari miti omerici – da Agamennone a Paride, da Ulisse ad Achille – visti più come comandanti arroganti e privilegiati e, con il passare degli anni, sempre più invisi ai propri soldati.
Il racconto è scorrevole, con i giusti tempi e senza forzature, fino al finale in cui non ci potrà essere sollievo per nessuno dei protagonisti, né l’acheo vincitore, né tanto meno la donna troiana.
Ottimo il debutto di Tommaso Bianchi, allievo di Corrado Roi, con una linea pulita e sottile che riprende benissimo i classici modelli dell’epoca (gli arredi, le armature ecc.) donando anche un tocco più personale e moderno, come il soldato con la cresta e i muscoli ipertrofici.
Stonano un po’ le avvenenti e sensuali raffigurazioni femminili, specie quelle più giovani, che sembrano decisamente fuori contesto.
Le Storie n.59
“Mugiko”
Gianfranco Manfredi è autore che di certo non ha bisogno di presentazioni: attivo nel campo del fumetto da inizio anni Novanta è anche cantautore, sceneggiatore, scrittore e attore.
Il suo Mugiko strizza l’occhio al James Bond di Ian Fleming e delle sue numerose rielaborazioni cinematografiche, quindi un agente segreto con licenza di uccidere e dal notevole potere seduttivo verso l’altro sesso.
La variante apportata da Manfredi è trasportare il personaggio dell’autore inglese oltrecortina, al servizio del KGB, per una missione che si prefigge di sventare un traffico di armi in un lontano paese asiatico.
Una storia che si fa leggere ma scorre troppo veloce, in modo lineare e prevedibile, senza quei guizzi che ci si aspetterebbe da un autore come Manfredi.
Lo stesso protagonista, Ivan Ivanovic in arte Mugiko, non risulta particolarmente carismatico: a tratti è irritante, produce battute datate e sempre un po’ banali e indugia in evitabilissimi atteggiamenti che scadono nel sessismo.
Dopo una fase finale esageratamente accelerata, resta davvero poco. Concepito come un divertissement, risulta esserlo più per l’autore che per il lettore.
I disegni del brasiliano Pedro Mauro, un po’ poveri e disadorni, rievocano l’atmosfera di certe pubblicazioni anni Settanta tipo Skorpio e Lanciostory. Tuttavia risultano azzeccati per il tipo di storia e, di sicuro, non sono il punto debole di un albo complessivamente deludente.
Le Storie n.60
“La legge zero”
“Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l’umanità riceva danno.”
La legge zero – elencata da Isaac Asimov nel suo Manuale di robotica – sta alla base del racconto di Giovanni Eccher, autore impegnato in Dampyr e (soprattutto) Nathan Never, che si inserisce nel filone fantascientifico.
In questo albo viene fuso con il giallo alla Agatha Christie, sviluppando il tutto in modo interessante e coinvolgente, riuscendo a coniugare bene i due generi narrativi.
Eccher è altrettanto valido nel gestire alcune inevitabili verbosità da cui, data la natura del soggetto, non ci si può esimere: la sua bravura sta nell’inserirle in modo attento ed intelligente, senza andare a scapito della scorrevolezza della lettura.
Sicuramente non una trama originale o innovativa ma che riesce comunque ad affrancarsi dai classici stilemi del puro sci-fi, evitando lo sgradevole effetto déjà-vu.
Va detto che il colpo di scena finale è intuibile già a metà albo, affievolendo quindi la curiosità del lettore e spegnendo un po’ il lato più mistery della storia.
Alle matite troviamo Valentino Forlini, disegnatore dal lungo passato in Star Comics e poi presente su Nathan Never, che fornisce una prova sicuramente professionale e adatta al tema trattato ma che non rimane particolarmente impressa.