Lloyd Clark è un astronauta che, insieme ai suoi due compagni, è in missione in orbita nello spazio.
Lloyd è nato e cresciuto nell’America rurale degli anni ‘40 e, insieme all’amato fratello Tom, gioca e sogna avventure spaziali.
C’è un lato della casa che non va oltrepassato, quello del lato oscuro della luna, perché come dice Tom “nessuno ne ha mai fatto ritorno”.
Ben presto il presente (ma sarà un vero presente?) e il passato si intrecciano senza soluzione di continuità, trasformando il viaggio dell’astronauta Lloyd in un percorso interiore, segnato dai traumi del passato e dai segni premonitori che ne avevano predetto il destino.
Alessandro Bilotta (supportato da un efficacissimo Matteo Mosca) imbastisce una storia complessa, che fonde due piani narrativi perfettamente collegati tra loro.
Nonostante i riferimenti espliciti a pellicole come “Moon”, lo sceneggiatore romano è bravissimo a rendere il tutto originale in un racconto senza cadute di tono, dove realtà (l’assassinio di Kennedy) e fantasia (la missione Mercury-Atlas 10, pianificata ma mai realizzata) si confondono continuamente.
Ognuno può dare la propria interpretazione al viaggio di Lloyd: frutto della sua immaginazione di ragazzino oppure di una pazzia nata dagli inquietanti accadimenti durante il volo?
Bilotta non fornisce risposte: forse tutta la storia è solo manovrata dall’influenza di quel satellite affascinante e misterioso che, come dirà Tom, “decide di tutti noi, stabilisce quando dobbiamo essere felici o tristi”.