Speciale Dylan Dog n.37 “Una storia d’orrore”

Lo sguardo di Bilotta accompagna Dylan e Opal attraverso uno, nessuno e centomila sentimenti

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8.5/10

Pur avendo (per ora?) interrotto il suo personalissimo, gigante e “laterale” affresco centrato sul “Pianeta dei Morti”, Alessandro Bilotta non rinuncia alla sua ormai consolidata tecnica narrativa, che affronta un unico macro-tema spalmandolo su più uscite tra di esse concatenate, approfondendo al contempo quel tal personaggio e/o quella tal trama verticale.

In questo caso, il legame (benché labile) con lo Speciale dello scorso anno è dato dalla figura di Opal, anch’essa profondamente ricaratterizzata rispetto a quanto (comunque poco) presentato all’epoca da Sclavi. Altro legame (ancora più labile) è la presenza del fumettista Crandall Reed, alter ego di Angelo Stano, che in realtà rimanda in maniera più diretta ai malinconici fasti di “Morgana”.

Presa a sé, la storia lascia un profondo senso di disagio per come narra l’amore e le sue titubanze e incertezze. Per certi versi, sembra quasi come se l’autore avesse provato ad espandere la “storia d’amore in 6 tavole” dell’episodio a bivi di Mercurio Loi: è infatti innegabile una freschezza che si alimenta anche (forse soprattutto) del divertito, consapevolmente anticlimatico, oniricamente peculiare, incedere della narrazione, che mischia con nonchalance Woody Allen, Harry ti presento Sally e – rimanendo in terra dylaniata – financo echi di “Storia di nessuno” e “Caccia alle streghe”.

Bilotta continua a fare al cubo quello che Paola Barbato ha fatto con il n.200, concedendosi anche autocitazioni ed easter egg (la stand up comedy), e soprattutto con un Groucho sempre in formissima.

Sul versante grafico, c’è fortunatamente una grande riconferma ai pennelli di Sergio Gerasi, per cui ci sentiamo di riproporre quanto già a suo tempo espresso.

Da bocciare invece l’editoriale di Barbara Baraldi.

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VOTO

Oscar Tamburis

Da sempre convinto sostenitore della massima mysteriana "L'importante non è sapere le cose, ma fare finta di averle sempre sapute"

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