Martin Mystère n.401-402. Mini Me(smer)

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Il racconto “La verità sul caso Valdemar”, scritto da Edgar Allan Poe nel 1845, fa per la seconda volta la sua comparsa nell’universo bonelliano, dopo la celebre “zona del crepuscolo” di dylandoghiana memoria. Se – e forse soprattutto poiché – lì la rielaborazione dei contenuti di partenza si era incanalata verso derive profondamente suggestive, i cui echi stanno al momento venendo ulteriormente rielaborati da Bilotta, nel nostro caso Enrico Lotti e Alessandro Mainardi hanno preferito perseguire un approccio di tipo “completistico”, concentrandosi su vicende legate ad alcuni dei personaggi di contorno del racconto originario.

Per quanto però sia vero che tutte le storie siano venate di interesse, non è detto che siano necessariamente tutte interessanti. È purtroppo questo il nostro caso, in cui gli spunti della trama principale – quella incentrata sulla sedicente Mary Hopkins, per intenderci – si diluiscono in una congerie di eventi che, pur essendo ad essa correlati, esitano in un affresco complessivo dall’incerta tenuta.
Come già nei racconti del crepuscolo, il grande assente della narrazione sembra proprio quello stesso concetto di mesmerismo che invece ne dovrebbe rappresentare il fulcro: al di là di qualche stilla di nozionismo sul cosiddetto “magnetismo animale”, infatti, un reale approfondimento della materia – con conseguente scioglimento dell’intreccio – avviene soltanto en passant a vicenda abbondantemente inoltrata. Con specifico riferimento a ciò, quindi, la storia non centra mai il punto, e si pone come una copia sbiadita della più significativa gita nell’isola dei morti, che metteva insieme tra gli altri Bocklin e Paracelso.

Accanto a questo, l’inserimento (abbastanza forzato) nel racconto di un’epitome di Angie non contribuisce certo ad innalzare l’asticella qualitativa, per quanto d’altro canto ci si immedesimi nello sconforto che il detective dell’impossibile si trova a provare di fronte alla crassa ignoranza dell’americano medio che considera un libro antico al pari di carta straccia, solo perché lo ha acquistato su di una bancarella. In aggiunta, il twist finale manca completamente di mordente, in quanto innescato da una “spiacevole situazione” che si abbatte su Java: dato infatti che si sta parlando di un fumetto seriale italiano, e non di una serie tv d’oltreoceano, alla fine della fiera lo status quo ante deve essere inevitabilmente ristabilito.

Per quanto concerne il comparto grafico, l’apporto di Fabio Grimaldi è oramai ben più di una garanzia, sia per il risultato in sé che per il rimando al tratto del compianto Paolo Morales. La costruzione delle tavole non si allontana mai troppo dall’originale griglia esaripartita, e l’azione – quando c’è – viene rappresentata con cura, ma più che altro con garbo. In ogni caso, si tratta di un’indagine abbastanza “statica”, e il ritmo visivo si adatta a punteggiare armonicamente quello narrativo.

In definitiva, la scelta di esplorare aspetti secondari di una vicenda nota si risolve da un lato in un lavoro incompiuto sui personaggi storici presi a riferimento; dall’altro, fallisce nel non voler concedere neanche il minimo sindacale in termini di (cinematograficamente parlando) pose e minutaggio a Poe, e ancora di più a Mesmer – cui pure la vicenda è dedicata e intitolata – lasciando così il lettore ad interrogarsi su come una storia come questa potesse avere la pretesa di esercitare su di lui/lei una qualsiasi forma di magnetismo, animale o meno.

Martin Mystère n.401 “L’esperimento del dottor Mesmer”
Martin Mystère n.402 “La sequenza dell’immortalità”
di Enrico Lotti, Alessandro Mainardi, Fabio Grimaldi
16x21cm, 96 pagine, b/n, 4,90€
Sergio Bonelli editore, luglio – agosto 2023

Oscar Tamburis

Da sempre convinto sostenitore della massima mysteriana "L'importante non è sapere le cose, ma fare finta di averle sempre sapute"

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