Nel 2022 Matz e Philippe Xavier, duo all’origine della serie Tango (parzialmente pubblicata in Italia su Skorpio) hanno creato la sorpresa con Le serpent et le coyote, one-shot che narra – a mo’ di C’era una volta in America di Sergio Leone – la dipartita rocambolesca di un luogotenente della mafia newyorkese nel deserto americano, con alle costole la CIA, i soliti ignoti e vecchi amori.
Forti del successo di critica e pubblico, con L’or du spectre i due sono tornati nel luogo del delitto per raccontare, questa volta in chiave tarantiniana, le peripezie di un ex-galeotto che – appena uscito di prigione – cerca la compagna di scorribande e soprattutto il malloppo trafugato assieme ma nascosto solo da lui. Inutile dire che nulla andrà nel verso giusto, tra indiani e vecchi pazzi tra cui fa capolino il pentito del primo tomo nel tentativo di costituire un trittico di cui l’ultimo capitolo è già annunciato.
Matz ha la capacità di rinnovare una storia già nota moltiplicando i riferimenti cinematografici e fumettistici (tra cui L’oro di Massimiliano della serie XIII di Vance & Van Hamme), sui quali Xavier sguazza con evidente piacere e con un segno classico nella più pura tradizione franco-belga. E, bisogna ammetterlo, era dai tempi del blueberryano La miniera del tedesco di Charlier & Giraud che il deserto non era disegnato così.
Richiesto sul come, Xavier ha risposto che «bisogna sentirlo». Le foto a corredo di Tango mostrano bene che quei luoghi li ha attraversati e conosciuti. E noi gli siamo grati di condividere il suo sentire.