Fallen Son

Il modello Kubler-Ross attraverso gli occhi di Spider-Man

///
3 mins read

Quando pensiamo a Spider-Man, soprattutto se il principale mezzo attraverso il quale siamo venuti in contatto con il personaggio sono le trasposizioni cinematografiche moderne, nella maggior parte dei casi nella nostra mente si profila l’immagine di un eroe mascherato spiritoso, sagace e gioviale. Questa immagine, però, è stata spesso incrinata durante i sessant’anni di storie che hanno visto come protagonista l’eroe. Ai più verrà in mente la straordinaria quanto famosa Kraven’s Last Hunt partorita dalla coppia J. M. DeMatteis – Mike Zeck, tuttavia oggi mi piacerebbe soffermarmi su un altro momento “oscuro” della storia dell’Uomo Ragno: le conseguenze di Civil War

Tra il 2006 ed il 2007, la Marvel pubblica Civil War, un evento scritto da Mark Millar e illustrato da Steve McNiven, decisamente divisivo per quanto riguarda la sua ricezione da parte dei fan ma importantissimo, invece, per quanto concerne il personaggio di Peter Parker. Sulle pagine di Amazing Spider-Man scritte da J.M Straczynski, infatti, vediamo un personaggio incredibilmente maturo e riflessivo che, spinto dal dovere di proteggere sua zia May e sua moglie Mary Jane, arriva addirittura a smascherarsi pubblicamente assecondato da Iron Man, il quale avrebbe garantito la sicurezza delle due. Durante l’evento però Peter, contrariato dai mezzi utilizzati da Tony Stark – che lo aveva tenuto all’oscuro della creazione di una prigione nella Zona Negativa adibita ad “ospitare” i supereroi ribelli – decide di scappare e successivamente passare dalla parte di Captain America.

Nelle fasi conclusive della miniserie, lo schieramento di Rogers avrà però la peggio e, vista la distruzione causata dallo scontro, Cap si consegna alle autorità. Il patriottico eroe non arriverà mai al suo processo in quanto verrà assassinato mentre si trova in custodia dallo S.H.I.E.L.D. 

Questo è il contesto nel quale troviamo un Peter Parker disilluso, che incolpa se stesso  per la sorte toccata  alla leggenda vivente. «Dicono che l’eredità di un eroe si basi sul numero di vite che ha salvato. Conoscendomi, la mia sarà giudicata in base a quelle che ho perso»: queste sono le parole che pronuncia di fronte alla tomba del compianto zio Ben.

I numeri 3 “Patteggiamento” e 4 “Depressione” di Fallen Son, entrambi scritti da Jeph Loeb, racchiudono quasi tutti gli stadi (manca la negoziazione) della depressione, visti attraverso gli occhi del Tessiragnatele.

Si parte dall’aspro scontro che lo vede opporsi a Wolverine, il quale conferma che il cadavere custodito dallo S.H.I.E.L.D. è autentico. Nell’aggredirlo, Peter sbraita: «Ti sbagli. Era un clone oppure uno di quei cosi robot L.E.D. o L.M.D. che ha lo S.H.I.E.L.D». Da queste parole, inutile dirlo, emerge il primo stadio ovvero il diniego, la negazione sistematica della perdita subìta. Subito dopo, vediamo il secondo stadio, la rabbia: Spider-Man, incapace di reagire alla notizia, aggredisce selvaggiamente Logan per poi abbandonare la scena in maniera irruente.

Passiamo ora al numero 4 della miniserie, interamente dedicato all’Uomo Ragno: nelle prime pagine (come anticipato prima) è la depressione, accompagnata dalla disillusione, a governare la mente dell’eroe che non solo incolpa se stesso di quanto avvenuto ma lascia anche trapelare accenni di sindrome del sopravvissuto: «Non riesco semplicemente a smettere di pensare a Cap. Perché è dovuto morire lui? Perché non io?»

Questa patologia, legata al disturbo post-traumatico, consiste nello sviluppo di un forte senso di colpa all’interno di un soggetto legato al fatto di essere sopravvissuto “ingiustamente” ad una calamità naturale o un incidente quando altre persone invece non ci sono riuscite. 

Nelle ultime battute del volume viene affrontato l’ultimo stadio del modello Kubler-Ross, ovvero l’accettazione. Ironicamente l’individuo che aiuta l’Uomo Ragno a raggiungere tale stadio è lo stesso che aveva fatto scattere in lui il moto del primo e del secondo, Wolverine. Anche l’ambientazione che fa da sfondo al dialogo tra i due non è casuale; il Washington Bridge è il luogo in cui si consumò una delle tragedie più iconiche del fumetto supereroistico, ovvero la morte di Gwen Stacy.

In questo modo, il confronto legato alla morte di Steve Rogers, trascende il suo iniziale contesto acquisendo una portata enormemente più ampia, all’interno della quale si ribadisce l’impossibilità di dimenticare del tutto un lutto ma allo stesso tempo si dà spazio alla speranza di poter guarire interamente facendo tesoro dei momenti di gioia, in modo tale che questi non vengano mai annebbiati dal dolore della perdita. 

In conclusione, le pagine di Fallen Son dedicate a Spider-Man ci propongono una visione nuova del personaggio, lontana dalla sua normale zona di comfort ma non per questo meno fedele o veritiera. Il Peter Parker che appare lungo il volume è un personaggio maturo che non nasconde il dolore dietro la maschera, ma lo affronta come ha affrontato tanti ostacoli prima di esso, e lo conquista non dimenticandolo né nascondendolo, ma imparando a conviverci: diventando così un esempio che supera la quarta parete e riesce ad abbracciare il pubblico che ne sta leggendo le pagine.

Articolo precedente

“L’Or du Spectre” di Matz & Xavier

Prossimo Articolo

What if… Paperino diventa Iron Man

Ultimi Articoli Blog

Follomix 2025

A Follonica la prima edizione del Festival del Fumetto e del Collezionismo…