L’avventura de Gli eroi di Devil Pass si dipanò sulle pagine del Tex mensile nella prima metà del 1980, oramai più di quarantaquattro anni fa; il sedicenne che per quattro mesi ne seguì gli eventi albo dopo albo, pagina dopo pagina, compì un esercizio che per lui era abitudinario: vi lesse infatti un nuovo capolavoro del personaggio, e questo era qualcosa che gli accadeva, quasi immancabilmente ogni mese, da sette anni. Più il recupero, tra usato e ristampe, delle storie precedenti, tra le quali i racconti altrettanto eccezionali erano già stati pratica piuttosto comune. È vero che negli ultimi tempi la magia sembrava essersi in parte attenuata e si erano persino avute storie obiettivamente molto discutibili (si pensi a Missione suicida o I ribelli del Canada, senza riandare alla “scandalosa” Caccia all’uomo di alcuni anni addietro), ma l’idea, romantica e adolescenziale, era che si trattasse di passi falsi episodici, che Tex – quel Tex cui i lettori di allora avevano fatto l’abitudine – fosse eterno. In realtà questo fu l’ultimo racconto veramente grande di Tex, a tutto tondo, pienamente convincente, scritto dal suo creatore – o quanto meno l’ultimo a essere pubblicato dei suoi lavori migliori, giustamente ristampato nel 2017 in un lussuoso cartonato a colori.
In seguito uscirono ancora alcune buone storie di Bonelli senior, ma nulla di paragonabile a ciò a cui i lettori erano stati abituati per così tanti anni: il declino di GLB; il Tex quasi costantemente eretico di suo figlio Sergio; i compitini dapprima ordinati e ordinari di Claudio Nizzi, via via divenuti più sciatti e anonimi, concretizzarono un lungo climaterio della testata, interrotto soltanto quasi quindici anni dopo dal bruciante e relativamente breve ciclo di rinascita del personaggio composto da diverse storie di Mauro Boselli, che vi seppe riportare Tex ad atmosfere e intensità della migliore produzione di GLB.
L’abitudine cambiò dunque segno per i lettori di Tex (compreso questo lettore), e il trascorrere del tempo andò sempre più suggellando per Gli eroi di Devil Pass il ruolo di chiusura di un’età dell’oro, rinsaldandone la memoria di autentica e maestosa epica texiana.
Una rilettura a distanza di tempo è sempre pericolosa, la memoria può compiere peccati di nostalgia e travisare il proprio desiderio per quella che è la realtà. Ma, come vi sono pochi e selezionati amici di cui potersi fidare, altrettanto rari sono quegli scrittori per cui ci si sente di mettere la mano sul fuoco. E il Bonelli padre del suo periodo migliore regge il tempo bene come pochi altri.
La memoria non sempre affidabile di cui sopra accomunava nel ricordo questo racconto con quella che forse è la storia quintessenziale di Tex: Il grande intrigo (o quale che sia il titolo che si preferisca darle – a ogni modo: la storia degli albi 141-145). Se è vero che in superficie vi sono delle similitudini – un complotto ai danni di Tex e i suoi Navajos; i pards divisi per affrontare una minaccia su più fronti; la riserva in estremo pericolo; il respiro narrativo degno di un grande romanzo – è ancora più vero che rileggendo Gli eroi di Devil Pass sia lampante la natura profondamente diversa, quasi diametralmente opposta di quest’ultima rispetto all’altra storia.
Ne Il grande intrigo si apprezza quella che è l’ideazione più complessa, stratificata, perfino cerebrale di GLB che si traduce in una sceneggiatura elaborata con accortezza e minuziosità e dove l’autore mette in scena una vera e propria partita a scacchi tra Tex e il suo avversario nell’ombra, con entrambi che muovono le loro pedine in un mortale gioco manovriero, una sfida all’ultimo sangue che fonde insieme thriller, avventura pura, western e dramma epico; con uno stuolo di personaggi, a partire dai pards, ai quali il creatore di Tex fornisce una caratterizzazione psicologica approfondita e aderente agli eventi, anche grazie a quel dono della sintesi che gli permetteva di scolpire tridimensionalmente una personalità nell’economia di una vignetta. L’autore affascina il lettore costringendolo a immergersi nelle ramificazioni di quanto gli va narrando.
Gli eroi di Devil Pass è invece istinto, nervi e cuore: la storia è semplice, elementare anzi: GLB la struttura come un racconto epico di guerra e sentimenti primari, primitivi finanche; l’impalcatura narrativa è leggera, Bonelli incalza il lettore trascinandolo freneticamente da una scena all’altra, da un set all’altro senza dargli tregua. È pur evidente come il creatore di Tex dia segno di quel declino che a breve sarà conclamato (nel racconto fa capolino qualche falla logica, e la sbrigatività con cui Tex manda libero uno dei peggiori elementi del complotto contro di lui e non va fino in fondo con il caporione lascia perplessi): tuttavia emergono degli elementi che lo scongiurano in questa ultima gemma.
Primo e fondamentale è l’apporto di un Giovanni Ticci nel pieno della sua maturità e intimamente connesso con le situazioni e ambientazioni della storia: perfetto nel visualizzarne gli snodi drammatici e rappresentarne il dinamismo delle scene di guerra, veri e propri pannelli cinetici dove animali, uomini, armi, elementi naturali cozzano con violenza; l’artista senese eleva ancora la sua incisività nelle scenografie paesaggistiche e in quelle dove uomini e cavalli si affollano, accalcano, fuoriescono quasi dalla pagina per colpire il lettore. La resa narrativa del disegno di Ticci raggiunge quindi il massimo nel ritrarre i personaggi: i tratteggi nervosi e decisi sembrano inciderne letteralmente il carattere sui volti, nella gestualità, nel linguaggio corporeo. I suoi indiani – in genere i più naturali e realistici della saga – compongono una galleria umana ricca di sfumature e di cui risalta l’alterità, l’appartenenza a un mondo più selvaggio; così come gli avversari di Tex vanno a comporre un’altra galleria umana di realistici gaglioffi, di autentici esemplari da patibolo che il segno energico e asciutto sembra graffiare più che disegnare. Ogni tavola disegnata da Ticci, così come l’affresco generale che ne emerge, sono i tasselli di un racconto che – con naturalezza – amalgama e contrappone bellezza e brutture.
Un secondo elemento è rappresentato proprio da quei personaggi: come individui e come elemento corale sono l’architrave del racconto bonelliano, tanto Tex e i suoi pards quanto i loro avversari. Come scrivevo, GLB costruisce un racconto semplice, lineare, popolandolo di figure altrettanto semplici e lineari, ma di rara efficacia narrativa. La storia inizia a pagina 65 dell’albo numero 233, Scacco matto, e la cinquantina di tavole fino alla fine dell’albo è occupata dalla presentazione delle anime nere della storia senza che Tex e i suoi appaiano mai. Bonelli ne ricava il ritratto – anzi: i ritratti – di quattro autentici serpenti, mossi dalle emozioni e dai sentimenti più gretti di cui gli individui umani sanno farsi interpreti. Dei trafficanti Jim Donner e Bill Grant, del padrone del trading post di Oraibi Big Cisco e del capo Ute Cane Giallo l’autore mostra peculiarità e idiosincrasie, li dota di un background stringato ma esauriente per poi far confluire il tutto in una sorta di quartetto di pards in negativo; l’aggiunta in seguito del classico “pezzo grosso”, quel motore economico criminale che caratterizza la severa visione etica di Bonelli nei confronti di un preciso ceto affaristico, completa il cerchio di quelle organizzazioni delinquenziali più volte descritte dall’autore e fatte smantellare a Tex a suon di sganassoni e piombo caldo.
Gli eventi del racconto porteranno Tex e Carson sulle tracce appunto del “pezzo grosso” in modo da interrompere il rifornimento delle armi per Cane Giallo grazie alle quali gli Utes e i loro alleati Hualpai hanno invaso la riserva Navajo, e Kit e Tiger sul Devil Pass, porta d’ingresso per le ricche vallate della riserva. Suddivisi in tal modo i compiti, GLB congegna per Tex una linea narrativa che ne pone in risalto l’acume e la perseveranza investigativi, la prudenza e l’audacia contemperate, l’intelligenza tattica e strategica, le doti di umanità e quelle di lealtà verso i pards. A Kit riserverà la parte più epica e memorabile della storia: l’eroica difesa del Devil Pass ci mostra la vera natura e statura di Piccolo Falco, qui ritratto in una delle sue interpretazioni più complete e convincenti, compreso in quel sottile equilibrio tra sfrontata giovinezza e retaggio paterno che vanno a comporre la personalità di un eroe al contempo maturo eppure del tutto credibile come adolescente o poco più, un mix di caratteristiche rivelatosi troppo difficile da inquadrare e porre in atto per i successori di Bonelli, che (con l’eccezione del primo Boselli) hanno finito quasi sempre per accantonarlo o addirittura fargli fare la parte della donzella da salvare.
Restano più defilati Carson e Tiger; tuttavia a quest’ultimo GLB riserva uno di quei guizzi che hanno sempre testimoniato la sua capacità di infondere autenticità anche solo con una linea di testo, aprendo con pudore – e immediatamente chiudendole – delle finestre sull’anima di un personaggio: l’ultima vignetta di pagina 68 dell’albo Gli eroi di Devil Pass, il numero 234, è uno dei momenti più commoventi della saga di Tex, con quel Tiger che per un istante si mette letteralmente a nudo: una scena di una semplicità che incanta, attestando una volta di più come la differenza la facciano la gestione dei tempi narrativi e dell’uso del linguaggio, che sono sempre stati gli strumenti magistrali di Bonelli.
Terzo e decisivo elemento, fusione dei primi due, è il respiro epico del racconto, alimentato da un lato dagli scarni, basici personaggi e dagli altrettanto grezzi ingredienti narrativi bonelliani, e dall’altro dalla ricchezza visiva e narrativa del disegno di Ticci che ne ha esaltato l’essenza, riducendo la narrazione ai fondamentali di uno scontro titanico di volontà, valori, morale, personalità e intelligenze opposti e contrapposti. Ferocemente opposti e contrapposti. Da questa ferocia, da questa limpidezza della diversità tra Tex e i suoi avversari deriva la mitezza apparentemente paradossale con la quale sia Kit che Tex si comportano alla fine verso gli Hualpai e gli Utes rispettivamente, marcando le differenze, ancora una volta con lineare semplicità. Pure la conclusione della vicenda, la punizione crudele che Tex riserva a Cane Giallo, nasce dalla netta dicotomia esistenziale tra Tex e i pards e i loro nemici: per Big Cisco, per Donner e Grant, per Tom Colter, per Cane Giallo, per questa antologia degli spiriti tra i più sordidi e verminosi visti sulle pagine di Tex la vita è only a matter of greed: soltanto una questione di avidità (ma i termini avidità o rapacità non rendono tutte le sfumature di significato dell’inglese greed).
Dal racconto di questa brutale irriducibilità dei valori e del sentire più fondamentali può nascere una storia epica, ma sarà necessariamente un’epica brutta, sporca e cattiva.
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