ATTENZIONE: l’articolo potrebbe contenere spoiler! Se ne consiglia la consultazione a valle della lettura di NN 354/355 e NN SP 31.
Il 2020 coronato dalla pandemia si conclude per Nathan con un coup de théâtre tanto più efficace quanto più arrivato senza grossi proclami, a differenza di quanto si era sbandierato per la saga dell’intrigo internazionale di cui si è parlato a queste coordinate.
Leviamoci subito il pensiero: Nathan Never si è de facto autoproclamato nuovo direttore (occulto) dell’Agenzia Alfa, lasciando al suo posto Elania Elmore come semplice soggetto di facciata.
La rivelazione arriva alla fine della doppia storia ambientata nella windy city di casa nostra, quella Trieste che, nel futuro, riprende il suo antico nome romano di Tergeste. La sequenza è secca e tesa, con un Nathan che torreggia su una Elania già distrutta di suo per quanto accaduto nella vicenda (e/o dalla consapevolezza di essere stata scoperta), assestandole uno schiaffo morale di dimensioni ciclopiche. Ciò che più aumenta il pathos della sequenza è il rendersi conto di non aver forse mai visto un Nathan così duro (la parola giusta sarebbe “bastardo”, ma ci asteniamo dall’usarla) verso qualcuno, specie se di sesso femminile, e specie se il tutto avviene immediatamente a seguito della risoluzione di quella tensione erotica tra lui ed Elania, che si protraeva sin dai tempi delle guerre marziane.
Da Agente Alfa a Maschio Alfa
Ad essere sinceri fino all’ultimo, è in tutta questa vicenda “ventosa” che il rapporto tra i due richiama alla mente la celebre hit “Tu mi fai girar come fossi una bambola”, con il maschio-Nathan che si accarezza svogliatamente il mento non rasato, e la femmina alfa-Elania (nomen omen!) che lo espone e lo propone a Darver quasi come proprio uomo-oggetto, ma che in realtà è vittima consapevole di quella stessa tensione di cui sopra.
A parziale correzione però di quanto appena affermato, la presenza in quelle stesse pagine della segretaria-porta-caffè Janine, appare come un nemmeno troppo velato richiamo alla tormentata storia tra lei e Nathan, nata e conclusasi nei primordi della serie, e sulla quale entrambi si sono più volte confrontati. L’abbandono dell’Alfa da parte di Janine per seguire Solomon Darver aveva rappresentato la cesura finale tra i due (laddove ce ne fosse ancora il bisogno), e certo vederla ora in questa veste così impersonale lascia un po’ di amaro in bocca ed accentua l’impressione che Elania e Solomon siano lì quasi a mostrare l’un l’altro i propri “dipendenti/trofei”, amplificando l’imbarazzo di un siparietto interrotto solo da un esasperato Nathan.
Ma tant’è: il Nathan delle donne è un personaggio che non ha saputo gestire la sua buona stella, date le occasioni che gli si sono parate davanti, e il modo in cui le ha sapute sprecare. Tralasciando per una volta la moglie Laura, non si può non pensare ad Hadija né soprattutto a Sara, quest’ultima sempre ottimamente tratteggiata da Medda fino all’ultimo atto della loro storia.
Tra di esse, o dopo di loro, solo occasionali avventure, condite da un paio di accenni a qualcosa che avrebbe potuto essere, ma che non è stato: è il caso della madre della piccola Alice, che Simeoni ha portato in scena un paio di volte tempo addietro con una delicatezza tutta particolare, senza enfasi né momenti mirabolanti, mostrandoci un sincero rapporto di amicizia tra due persone che, come fiore al mattino, avrebbe naturalmente e serenamente potuto/voluto sbocciare. Più recente, invece, è il caso di Angela Montichiari, introdotta in medias res da Serra nella trilogia incentrata su Omega: in questo caso tutte le difficoltà di dialogo e apertura da parte di Nathan nei confronti di una donna pur decisa a volergli stare accanto, vengono riproposte in maniera accelerata, per poi giungere pochi numeri dopo all’inevitabile conclusione, orchestrata in questo caso da Secchi.
L’introduzione di Elania nella serie aveva pertanto tutte le carte in regola per imporsi come nuovo love interest per il protagonista della testata, ma fortunatamente la cosa è stata gestita in maniera diversa, anzi: in circa un decennio di storie sono state pochissime le situazioni in cui poter intravedere qualcosa di più nel rapporto tra la Direttrice dell’Agenzia ed il suo principale Agente operativo. Adesso le cose sono precipitate, inanellando due twist importanti, e sui quali sarà lecito chiedersi quale sarà la gestione nel prosieguo – anche e soprattutto in relazione a quanto ancora dovrà accadere, come annunciato dalle dichiarazioni dei “papà” di Nathan.
Dopo il rendez-vous amoroso, infatti, Nathan si preoccupa delle implicazioni future, e di come il rapporto tra lui e la sua boss sia ormai definitivamente cambiato; la cosa non sembra preoccupare invece più di tanto Elania, che ostenta cinismo e sicurezza tra le volute di fumo. Il ruolo di femme fatale di quest’ultima crollerà però miseramente di fronte al machismo (più caratteriale che fisico) e al carisma che Nathan riesce a esprimere, con tono calcolato dopo la sfuriata iniziale dissuggelata da un bacio rubato. Nathan sputa sulla tomba della ormai fu direttrice, ne umilia volutamente il presente e il futuro, senza chiederle (almeno in quel momento) il come e il perché delle sue azioni.
Il colpo di stato
L’avvicendamento tra Solomon Darver ed Elania Elmore aveva fatto ben sperare per le sorti dell’Agenzia Alfa. La nuova direttrice sembrava motivata e decisa a “fare la cosa giusta”. Determinata più che mai a non far rimpiangere la gestione Darver ed a lasciarsi alle spalle gli errori che avevano portato alla guerra con Marte, aveva improntato la sua guida dell’Agenzia su livelli quasi “illuministici” per gli standard a cui Nathan e Legs erano abituati.
Eppure pian piano, missione dopo missione, accordo dopo accordo, questa visione naufragava a discapito di una gestione dell’Agenzia più improntata all’affarismo e alla concussione. Tale gestione incrinava non poco i rapporti con Nathan fino alla rottura avvenuta in Intrigo internazionale. Eppure quello che sembrava l’epilogo di una vicenda e di un rapporto che andava man mano a contorcersi, si è mostrato essere il prologo di una resa dei conti, rimandata solo di qualche albo, che in questa mini serie ridisegna per davvero gli scenari neveriani.
Una resa dei conti forse anche troppo anticipata dagli aspri confronti inscenati dai due ed un finale che – come ogni twist che si rispetti – non giunge completamente inaspettato. Non è improbabile altresì che incontri il piacere di più di un lettore, che auspicava di arrivare a leggere di un’agenzia di sicurezza e vigilanza a immagine e somiglianza di un agente, piuttosto che di un colletto bianco.
Il primo risultato concreto lo si vede nelle ultime pagine dello speciale, dove Nathan torna a mettere sul tavolo i suoi propositi idealisti, stavolta con una potenza di fuoco senza confronti: colpisce, nello specifico, l’ultima tavola, dove quella notte di Tergeste viene riletta molto superficialmente – in realtà è tutta la parte finale dello speciale ad essere un po’ tirata via –, ma che comunque pone dei quesiti importanti: fino a quando questa messinscena potrà reggere? Fino a quando la visione di Nathan potrà collimare con il delicato gioco di equilibri entro il quale un’agenzia come l’Alfa deve necessariamente muoversi? Legs inizia già ad avere sospetti, i retroscena che a suo tempo hanno coinvolto Reiser e Baginov sono tristemente noti, e Nathan si avvia lungo una deriva pericolosa che rischia di condurre agli assolutismi dei Pretoriani (da lui stesso combattuti).
Nathan insomma come Luke Cage che, nel finale della seconda (e ultima) stagione della serie tv eponima, si mette a capo dei giochi di potere del Queens per toglierli a chi aveva fatto danno alla sua gente. Ma un ruolo del genere, quanto può impiegare a corrompere un animo che pur rincorre nobiltà e valore?
Ai testi per entrambe le storie troviamo Bepi Vigna, che tratteggia un Nathan abbastanza stereotipato. L’accezione è da intendersi non negativamente, nel senso di una messa in scena del classico eroe tutto d’un pezzo, che non si abbandona necessariamente a flussi di coscienza (e relative didascalie), concentrandosi in toto su ritmo e azione, sempre in controllo, sempre in grado di prendere la decisione giusta, sempre capace di capire cosa farà il suo antagonista, e via andare.
Chiariamoci: la natura del personaggio Nathan contiene questo amalgama in elevata percentuale, e stavolta è stato impiegato praticamente come unico ingrediente. La cosa potrebbe leggersi come uno strascico della saga appena conclusa, in realtà le logiche editoriali sono verosimilmente altre e si resta nel campo delle speculazioni. Ciò che però emerge con chiarezza è una maggior crudezza nei toni che il Nathan di Vigna mostra ultimamente, laddove la sua cifra caratteristica è sempre stata principalmente legata all’esplorazione dell’ “io” passato di Nathan, oltre ad una certa qual complessità degli intrecci che ricordano non di rado gli esercizi logici cari ad Asimov e che ugualmente spesso hanno attinto alle dinamiche proprie del legal procedural (tanto è vero che il personaggio dell’avvocato Olivia Olling è stato creato proprio da Vigna, e praticamente usato solo da lui).
I due nomi del comparto grafico sono vecchie conoscenze dei lettori neveriani: se da un lato lo speciale regala il gradito ritorno di Dante Bastianoni, dall’altro, sulla serie regolare, appare un Romeo Toffanetti che si sforza di apparire in gran spolvero anche solo rispetto a sue prove relativamente recenti. Il tratto di Bastianoni non risulta granchè cambiato nel tempo, anzi porta ancora con sé molta di quella future retroness, nella descrizione tanto degli ambienti quanto della tecnologia impiegata dai vari personaggi, che ha fortemente contribuito a creare l’appeal di Nathan ai tempi della sua uscita in edicola a inizio anni ’90. Toffanetti invece, non eccellendo sul versante high tech punta, come accennato, su atmosfere decisamente noir e grandi primi piani, sfondando la gabbia alla prepotente ricerca di un effetto maxischermo, che sublima nel già citato climax finale. Entrambi gli artisti, presenti sin dai primordi della serie, sono stati in grado di operare un’evoluzione coerente del proprio stile. Ma in questa occasione il dark side di Nathan viene reso graficamente in maniera più pregnante da Toffanetti, laddove Bastianoni punta piuttosto su una chiarezza del tratto che forse stona un po’ con il fatto che la vicenda sia quasi completamente ambientata nel primo livello (allagato) della Città Est.
In buona sostanza: uno sparigliamento di carte importante, ma gravido di interrogativi circa la sua tenuta nel tempo. Un protagonista molto Callaghan e poco Harry, che pur non scivolando (per ora) nei panni dell’antieroe si mostra con nonchalance perfetto stratega e preciso nell’azione.
A volte fa bene vedere un Nathan che non deve chiedere mai (tanto lui problemi di dopobarba come Dylan non sembra averne), e che tutto sommato mantiene la rotta della sua evoluzione personale. L’importante è che non si metta a saltare squali.