Come già spiegato in vari articoli, nelle riviste settimanali di tipo “raccoglitore” – prima in quelle della Universo, poi in quelle dell’Eura – mi attiravano soprattutto le serie, mentre i fumetti cosiddetti liberi mi scivolavano addosso, tranne casi particolari come ad esempio Testimonianza KR 816 di cui ho parlato in questo articolo… oppure di La morte canta nella vecchia strada, contenuto nel n.34 della prima annata di Lanciostory pubblicato nel 1975, omaggiato anche nella copertina.
Si tratta di un libero di cui, come spesso succedeva, non erano indicati gli autori e la cui trama non era certo originalissima: Donegal è il consueto poliziotto di quartiere solitario e incorruttibile, che “conosce bene tutti i problemi, le miserie e il marciume della sua zona” (…), tra prostitute di buon cuore e drogati attaccabrighe, e fronteggia il “solito” boss che decide di toglierlo di mezzo, forte dell’appoggio di altri poliziotti corrotti.
Niente di originale, dicevamo, ma per anni il direttore Stelio Rizzo lo avrebbe ricordato come uno dei liberi preferiti dai lettori – e nel 1987 sarebbe stato inserito nell’inserto Dedicato a Mandrafina pubblicato da Skorpio, in cui scoprii che lo sceneggiatore era Guillermo Saccomanno.
Appunto: “dedicato a Mandrafina”. Il motivo per cui quel libero mi è rimasto impresso è proprio questo disegnatore e il suo stile inconfondibile, che avrei poi apprezzato su serie quali Cayenna (ancora con Saccomanno) e, anni dopo, su quell’autentico capolavoro firmato Robin Wood che è Savarese.
Domingo “Cacho” Mandrafina era un altro dei disegnatori della scuola sudamericana che iniziavamo a conoscere in quel fantastico 1975, tra cui Juan Zanotto ed Ernesto Garcia Seijas di cui ho già parlato. In un mio ipotetico podio, sarebbero proprio loro tre a occupare i primi posti, forse proprio con Mandrafina sul gradino più alto grazie a un tratto più realistico di quello dei suoi due “colleghi”.
L’articolo sulla “scuola sudamericana” in Lanciostory