Massimiliano Filadoro ritorna a scrivere una storia in solitaria per il Rosso di Edimburgo e lo fa con il suo stile, con la voglia di portarci nei meandri di questa Apocalisse demoniaca che sta (finalmente) avviandosi alla conclusione.
Questo è un numero importante, diviso in due atti, che appunto si concluderà con il successivo n.57 Apocalisse.
Samuel è ancora alle prese con le sue visioni e possessioni demoniache, intrise di sanguinolenti pensieri che lo attanagliano tanto da portarlo ad avere delle visioni che, anche se paradossalmente per la sua entità, sembrerebbero disturbarlo particolarmente.
In questa storia, come ogni buon finale di ‘run’ o ‘miniciclo’ che si rispetti, ci sono tutti i protagonisti della testata: da padre Duncan a Penny, dal detective Cranna a Ryden per non parlare dei rimandi ai numeri passati della saga, compreso il n.1 Il nuovo incubo.
Forse questa strutturazione della narrativa di Filadoro è voluta, nel senso che vuol farci riaffiorare tutti quei momenti prima della collisione finale? Potremmo definire questo numero come una sorta di intermezzo, nell’attesa che la “buona novella” si palesi nel migliore dei modi.
Come dicevo, la scrittura di Massimiliano è – al solito – ricca di citazioni, cosparsa di quel senso di ricerca che personalmente apprezzo tanto in una storia: proprio per questi dettagli, dispiace sapere che l’autore – dopo questi anni – non sarà più a bordo della serie. Dispiace, perché (oltre ad essere il co-creatore del personaggio) è colui che di più, scrivendo, riesce a restituirci gli sguardi migliori.
L’apparato grafico di David Ferracci è di buona fattura, di livello alto per intenderci. L’autore aveva già lavorato su Samuel Stern e arriva a questa nuova avventura con maggiore sicurezza. Non il mio stile preferito, ma ne apprezzo molto il lavoro svolto.
Nota di merito, come spesso accade, alla copertina. I più avvezzi alle storie bonelliane noteranno quel forte rimando (o omaggio?) al n.1 di Dylan Dog, L’alba dei morti viventi.