Kalya n.18
“Il male conteso”

Alcuni cliché di troppo, ma che funzionano bene

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6.5/10

Anche questa volta Elena Casagrande dà sfoggio della sua bravura regalandoci una cover ricca di dettagli, con ben quattro personaggi in pose e sguardi battaglieri: noto con piacere che in ogni occasione le riescono particolarmente bene la fisionomia e il volto di Tagh, che – essendo un goblin – non è certo semplice da rappresentare. Avrei preferito una palette di colori differente, ma credo sia mero gusto personale.

Analizzando la scrittura dal solito duo Luca Lamberti e Leonardo Cantone, non posso che essere sempre più convinto – e soddisfatto – che abbiano ingranato la marcia giusta in questa seconda stagione.
La trama dell’albo in oggetto è divisa in due macroeventi: l’assedio della fortezza di Kalantor (dove ci sono gli ennesimi riferimenti a LOTR) e l’assedio da parte dei Nazgul (qui abbiamo i costrutti Gjaldest), mentre di contro abbiamo il party quasi al completo giunto nella fortezza di Harro, con il compito di prelevare e scortare il tiranno Hamon-Darn al sicuro.

Oggettivamente, il piano nemico per liberare dalla prigionia il deposto monarca Gjaldest è prevedibile: la classica incursione a sorpresa durante il trasporto di un detenuto, in pratica un cliché visto e rivisto… eppure è piacevolmente coinvolgente, dando un senso costante di drammaticità e tensione, specialmente nella parte finale dell’albo.
Sempre presente il concetto di razzismo verso altre razze, oltre al tradimento e alla corruzione di cui sono affetti gli appartenenti di qualsivoglia ceto sociale.

Interessante capire cosa sia accaduto a Kalya sul finale, quando a séguito di uno scontro vinto sembra aver percepito un cambiamento o una sensazione – ipotizzerei una sorta di “assorbimento” di potere: altro topos del genere, ma che può essere più che coerente con l’ipotetica sfilza di poteri “sbloccati” (perdonatemi il termine, ma è perfetto per il contesto) a séguito della fusione/reincarnazione con Malkuth.

Comparto artistico promosso, con disegni di Andrea Modugno convincenti, dal tratto pulito, con grigi ed effetti materici ben dosati. I corpi si muovono bene, le donne rappresentate sono molto sensuali, i volti – non sempre perfetti durante l’interezza del racconto – restano comunque riconoscibili ed espressivi, le scene da commedia non sono mai troppo esagerate. Una nota di merito va ai costrutti Gjaldest, che hanno character design molto elaborati e fantasiosi.

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AleSiryus

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