I grandi enigmi di Martin Mystère n.13 “Ritorno dall’aldilà” e “Il mostro d’acciaio”

L'esplorazione nel futuro figlia degli '80 porterà Martin a vivere un'avventura dal sapore anacronistico

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6/10

C’eravamo lasciati con un bellissimo viaggio attraverso la Transiberiana in Russia e ora, invece, ci catapultiamo nel futuro. In questo volume 13 sono racchiuse due storie della serie regolare, rispettivamente i numeri 25 e 26. Ma il viaggio inizia con l’ultima storia presente nel volume 12 della If, ovvero Viaggio nel futuro (n. 24 della serie regolare) ed è da qui che Martin Mystère e compagnia bella si ritrovano con un vecchio caso alquanto strano. 

Dopo una serie di delitti apparentemente non collegati tra di loro, ritorna – come un’ombra che si staglia nella notte – il professore Vincent Von Hansen, dato per scomparso mentre cercava la fonte della giovinezza insieme a Martin.
Nelle avventure seguenti i due, accompagnati sempre dal fido Java, vanno alla ricerca degli  scienziati Harris e Shirato per affrontare la delicata situazione della scoperta avvenuta in Giappone da parte di uno dei due, quella in cui si presume che i robot (per come li conosciamo oggi) siano figli di un’epoca molto remota, forse appartenenti ai mondi di Atlantide o Mu.
In terra nipponica, Martin & C. incontreranno il villain della serie per eccellenza, Sergej Orloff che sente il profumo della scoperta e si lancia nel tentativo di contrastare la squadra partita da Manhattan.
Il finale, chiaramente, evito di scriverlo, preservando la curiosità per i lettori che ancora non conoscono alcune avventure del Detective dell’Impossibile.
 
Un lungo viaggio, quindi, tra avventure, parole, disegni e riflessioni che lasciano nella mente un certo sapore anacronistico. Quella bella volontà misteryana di raccontarci come oggi (anzi, nella metà degli anni ’80) il sapore della tecnologia che affiorava e gettava lo sguardo al futuro sia stato tanto importante per le generazioni che quell’epoca hanno vissuto. 
Forse queste storie sono figlie della cultura cinematografica che, agli inizi del decennio di cui sopra, prendevano sempre più piede. Penso a film come Blade RunnerRitorno al Futuro… chissà, magari Castelli un po’ di influenza l’ha assorbita!
Nel loro complesso queste storie sono abbastanza lunghe, per usare un aggettivo le definiremmo come “tediose”, ma non perché siano poco avvincenti: semplicemente perché Castelli scrive più di quanto necessario, aggiungendo testi che non portano a nulla di costruttivo e diventando ridondanti. Alla fine, la parte più bella e importante – ovvero lo scontro tra Orloff e Martin in versione robotica – si sviluppa in sole quattro tavole. Peccato perché questa sintesi poteva essere gestita meglio e con più respiro.
Ma oramai conosciamo Castelli, e ben sappiamo che in queste avventure iniziali non è la prima volta che cade in tentazioni di prolissità. Chiaro, è sicuramente figlia dei tempi: leggere e contestualizzare oggi queste storie è diverso, ma si sa che uno dei suoi tratti distintivi era proprio la sagace verbosità.
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Michele Tarzia

Vivo nell'ombra dei miei pensieri, ai margini della mia memoria

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