Nei chioschi francesi (come si chiamano Oltralpe le edicole) ancora presenti nel territorio urbano nonché in ogni stazione dei treni, è uscito nel mese di giugno un nuovo magazine, L’histoire en BD, patrocinato da Le Monde – quotidiano nazionale di riferimento – e dal mensile Histoire & Civilisations dello stesso gruppo editoriale.
La dicitura in copertina, «NOVITÀ», lascia immaginare che sia il primo di una serie. La rivista è composta da un fumetto principale, consacrato alla figura di Winston Churchill – scelta solo apparentemente anodina e in realtà perfettamente coerente: in Francia sono attualmente in corso le celebrazioni per il Sessantesimo anniversario dello sbarco in Normandia – seguìto da apparati di approfondimento, sia peculiari all’argomento trattato nella storia a fumetti che altri di interesse vario (nello specifico: una città amazzonica scoperta grazie al laser, l’uso del pantalone come simbolo d’uguaglianza femminile, il mistero della maschera di ferro, cosa accadeva nel mondo nel 1789 all’accendersi della Rivoluzione francese, una guida su fumetti, film e videogiochi a tema storico).
Al di là dell’evento editoriale – la nascita di una nuova rivista a fumetti è sempre un’occasione per rallegrarsi – almeno due sono gli elementi degni di nota che non possono sfuggire al lettore italiano e che indicano, ancora una volta, la diversa considerazione di cui gode il fumetto dall’altra parte delle Alpi in quanto medium artistico e culturale, e la legittimità che questo ha consolidato negli anni.
Tra i crediti, infatti, oltre ai nomi dello sceneggiatore, del disegnatore e – non è la prima volta – dell’autore dello story-board (l’accellerazione della produzione, sul modello americano o nipponico, si fa sentire anche qui), fa capolino quello dello storico che ha supervisionato l’opera, in questo caso François Kersaudy, insegnante di storia contemporanea a Oxford e alla Sorbona.
È questo il primo elemento degno di nota: la consulenza universitaria, che in Francia non è affatto occasionale. Cito tre esempi, perché recenti, ma la pratica non ha fatto che consolidarsi negli ultimi cinquant’anni.
La collana Ils ont fait l’Histoire (Hanno fatto la Storia), varata nel 2014 da Glénat assieme a Fayard (casa editrice letteraria), propone biografie a fumetti di uomini e donne che si studiano, di norma, nei libri di storia: si va da Charles de Gaulle a Mao, da Lutero all’imperatore Meji, in una panoramica di personalità politiche e religiose che non si limita al solo spazio francofono.
Ogni titolo dei 42 volumi sinora pubblicati è accompagnato da matite spesso italiane (Andrea Meloni, Fabrizio Fiorentino, Alessio Cammardella per quanto riguarda Churchill – ed è il secondo elemento di nota: si tratta di illustri sconosciuti in Italia, ma da qualche parte bisogna pur mangiare) e da storici professionisti, quasi tutti universitari.
Il secondo esempio, iniziato anch’esso nel 2014 e ancora in corso, è L’Histoire dessinée de la France (Storia disegnata della Francia), edita dalla rivista La Revue dessinée (trimestrale di attualità politica a fumetti, un po’ come se L’Espresso fosse pubblicato a vignette) e dalla casa editrice La découverte. Qui si compie un ulteriore passo in avanti, affidando la scrittura delle storie non a sceneggiatori professionisti, bensì a storici, la cui presenza non si limita quindi alla consulenza, ma diventa propriamente autoriale.
Last but not least, visto il successo Glénat-Fayard ha lanciato due anni fa La veritable histoire du Far West, collana che racconta il selvaggio West attraverso personaggi ed eventi chiave (Will Bill Hickock, Little Big Horn, Capo Giuseppe, Jesse James) e che non è possibile leggere senza andare col pensiero a La storia del West ristampata ancora oggi – e a colori – dalla Bonelli. Il vero e proprio apparato storico che accompagna il racconto a fumetti, firmato ad ogni numero da Farid Ameur, non fa che aumentare in chi legge il rammarico per le differenze con il nostro Paese.
In Italia, infatti, bisogna andare alla meritoria Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi, edita da Mondadori in quattro volumi tra il 1978 e il 1986 per trovare qualcosa di simile (e il successo fu tale che il modello fu declinato anche ad altri popoli, sempre con la supervisione di Biagi). Chi l’ha letto non può aver dimenticato la disgregazione dell’impero romano disegnata da Piffarerio, la Firenze rinascimentale di Manara, il Regno delle due Sicilie di Gaudenzi…
Senza nulla togliere alle qualità indiscusse di Biagi, penna indimenticabile di cui si sente la mancanza nell’attuale panorama editoriale italiano, si tratta di un’iniziativa accompagnata da un giornalista, non da uno storico di professione. Certo, qualcosa si deve anche alla cifra generazionale: gli storici francesi che collaborano o scrivono fumetti sono tutti nati tra gli anni Settanta e Ottanta, tutti cresciuti a Spirou, Métal Hurlant e À suivre. Ma non si tratta solo di questo.
Vorrà pur dire qualcosa se il Centro d’arte moderna e contemporanea Georges Pompidou (progettato com’è noto da un altro italiano, Renzo Piano) dedica la sua ultima mostra prima della chiusura per rinnovo – in concomitanza con la fiumana di gente attesa per le Olimpiadi – non alla pittura o alla scultura o all’architettura, bensì al fumetto (se ne darà conto durante l’estate).
Se l’Académie des Beaux-Arts, una delle cinque accademie che compongono l’Institut de France con la missione di sostenere culturalmente e finanziariamente la creazione francese, ha eletto quattro anni fa come membro permanente per la prima volta un fumettista, Catherine Meurisse (di cui per fortuna si è tradotto in italiano nel 2018 La leggerezza) e l’anno scorso Thierry Groensteen, uno dei massimi teorici del fumetto, di cui in Italia è stato pubblicato in tempi remoti una storia del manga e due mesi fa il suo fondamentale saggio su The Cage (ne abbiamo parlato qui).
Se Benoît Peeters, creatore assieme a François Schuiten de Le città oscure, è titolare dall’Anno Accademico 2022-2023 del corso di Poétique de la bande dessinée (Poetica del fumetto) al Collège de France.
Se Emmanuel Macron, durante il primo mandato alla presidenza, tra i diplomatici e accompagnatori per il viaggio inaugurale nei Balcani volle accanto a sé Enki Bilal.
A Umberto Eco si attribuisce una citazione che volentieri si ricorda e si ripete: «Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels, se invece desidero impegnarmi leggo Corto Maltese». Ma la ripetizione sembra quasi una giustificazione per una presa di coscienza più unica che rara.
Ne dà una conferma indiretta Moreno Burattini nel suo autobiografico Io e Zagor. La strada verso Darkwood (Cut-Up, 2019) quando racconta di come, durante la discussione della tesi di laurea, i membri della commissione – al sentire che il candidato era uno sceneggiatore di fumetti – si lasciarono andare ai ricordi di gioventù, tra Tex, Alan Ford e Jacovitti. Qualcosa di mai visto prima, come gli disse poi il controrelatore della tesi.
Il vulnus, a mio modo di vedere, non è che si tratti di ricordi, ma di una passione legittima che non diventa strutturante, non assume un valore estetico e storicizzante, non è considerata cultura.
E invece in Francia capita che Laurent Gerbier, ricercatore al Centre d’études supérieures de la Renaissance di Tours, specialista di Machiavelli, indichi tra i suoi campi di ricerca in primo luogo la filosofia morale e politica del Rinascimento, poi la storia e la teoria del fumetto; o che le Presses Universitaires François-Rabelais dell’Università di Tours pubblichi una collana, Iconotextes, dove si trova la tesi di laurea di Claire Latxague, Lire Quino. Politique et poétique dans le dessin de presse argentin (1954-1976), grazie alla quale è stata assunta in qualità di professore associato all’Università Paul-Valéry Montpellier 3. E non sono che pochi esempi tra molti altri.
Che poi, come dicevamo all’inizio, appaiano tra i disegnatori nomi degli ennesimi “emigranti”, non fa che aumentare la distanza con quella che è considerata – a giusto titolo – una delle patrie del fumetto, l’Italia.
Per chi legge il francese, un utile approfondimento si trova in Sylvain Lesage, «Écrire l’histoire en images. Les historiens et la tentation de la bande dessinée», Le mouvement social, iv/269-270 (2019), pp. 47-65.