Le storie essenziali di Mister No (parte 2)

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Dove eravamo rimasti? Nella prima parte abbiamo parlato degli episodi fondamentali di Mister No scritti dal creatore Guido Nolitta, alias l’editore Sergio Bonelli. Ora è il momento di vedere come il personaggio è stato affrontato dagli altri autori.

Le Grandi Storie dei collaboratori di Nolitta

Nel periodo “classico” la serie di Mister No ha visto all’opera diversi autori che in seguito avrebbero trovato la consacrazione con altri personaggi bonelliani e che, saggiamente, si sono cimentati raramente con storie puramente “amazzoniche”, un terreno dove il confronto con il vissuto del Sergio Bonelli viaggiatore li avrebbe visti inesorabilmente “perdenti”. Facendo di necessità virtù, i collaboratori di Nolitta hanno pertanto liberato il proprio talento aggiungendo altre tematiche agli episodi ambientati nella foresta o portando il pilota in giro per il Sudamerica (ma non solo). Nutrito è stato, inoltre, il filone di storie dedicate al passato di Mister No precedente l’arrivo a Manaus, che nel corso dei decenni ha permesso di costruire una biografia quasi completa del personaggio.

Quanto a quantità di episodi nei primi dieci anni della serie, l’autore più prolifico dopo Nolitta è stato l’eclettico Alfredo Castelli. Al creatore di Martin Mystère si devono personaggi ricorrenti come l’affascinante ma cinica Delia, agente della CIA sempre pronta a manipolare Mister No per fargli svolgere missioni segrete a sua insaputa, e il ben poco affidabile O’ Bispo (“Vescovo”, in portoghese), ex-prete intrallazzato in traffici illeciti. Potete vedere entrambi in azione, al meglio della loro caratterizzazione, ne “L’uomo che sapeva troppo” (n.98-99, di Castelli & Civitelli, 1983).
Il capolavoro assoluto di Castelli per Mister No è tuttavia “Relitti umani” (n.56-59, di Castelli & Bignotti, 1980), con una memorabile ricostruzione della vita allucinante nell’Isola del Diavolo, colonia penale della Guyana francese in cui riecheggiano le atmosfere di film classici del genere carcerario come “Papillon”. Con questo racconto Castelli si sarebbe tolto la soddisfazione di aggiudicarsi il primo posto tra le storie più apprezzate nell’unico “referendum” tenuto dalla casa editrice tra il 1981 e il 1982, quando quasi quattromila lettori di Mister No spedirono le proprie preferenze all’editore tramite (!) posta cartacea.

Un altro grande autore che ha collaborato con Mister No, prima di affermarsi come erede letterario di Gianluigi Bonelli ai testi del personaggio simbolo della casa editrice (l’inossidabile Tex), è stato Claudio Nizzi. Davvero particolare il suo caso: ha firmato soltanto due episodi di Mister No, ma uno di questi è l’unica storia della serie che, quanto ad empatia con l’ambientazione amazzonica, regge benissimo il confronto con i capolavori della coppia Nolitta-Diso: “Oro!” (n.80-84, di Nizzi & Civitelli, 1982). L’episodio è illustrato da un disegnatore che avrebbe trovato a sua volta la consacrazione con Tex: Fabio Civitelli. Molti anni dopo Civitelli avrebbe dato il suo contributo (simbolico in termini quantitativi, ma significativo per la sua storia professionale) alla monumentale saga di Nolitta con cui sarebbe terminata la serie regolare.

Con l’approssimarsi del n.100 (che avrebbe persino scritto, anche se nella prima pubblicazione i testi furono attribuiti a Nolitta), su Mister No è arrivato anche Tiziano Sclavi, con episodi dal taglio spesso inconsueto e beffardo come l’autore avrebbe abituato sulla sua creatura per eccellenza, Dylan Dog. La sua storia simbolo per il personaggio può essere considerata “Ananga!” (n.90-92, di Sclavi & Civitelli, 1982-1983), raro episodio fanta-horror della serie, in cui Sclavi ha cacciato Mister No in uno degli incubi più spaventosi mai vissuti dal pilota nordamericano. Una trama che, nel 1997, Sclavi avrebbe proseguito sulla testata dell’indagatore dell’incubo mentre nel 2014, in un breve racconto fuoriserie dal taglio onirico, Michele Masiero, coadiuvato ancora da Civitelli per i disegni, avrebbe messo in scena un “impossibile” incontro tra Mister No e Dylan Dog negli anni ‘50, chiudendo il cerchio narrativo di Ananga.

Superati i primi dieci anni di vita, un altro importante collaboratore della Bonelli che ha lavorato su Mister No è stato il romanziere Alberto Ongaro, che ha trovato nella serie ingredienti di azione, ambientazioni tropicali, belle ragazze a suspense a lui particolarmente congeniali, come l’autore avrebbe tra l’altro confermato appieno con alcune belle storie per la trasferta africana. Con lo pseudonimo di Alfredo Nogara, Ongaro avrebbe in seguito dato vita a tanti episodi di Nick Raider, la serie poliziesca di casa Bonelli ideata da Claudio Nizzi. Rigorose atmosfere investigative prevalgono anche in quello che è il suo brillante racconto d’esordio su Mister No, “Giuramento di sangue” (n.133-136, di Ongaro & Bignotti, 1986), che mescola con disinvoltura lo scenario metropolitano di Rio de Janeiro con le vicende antropologiche della foresta.

Il principale “erede” letterario di Nolitta come quantità e importanza delle storie, nonché l’autore che ha accompagnato la serie di Mister No sino alla sua conclusione, è stato Luigi Mignacco, che talvolta si è trovato anche a completare gli ultimi spunti del creatore del personaggio. Il capolavoro di Mignacco è la sua storia d’esordio, “Il mio nome è Mister No” (n.145-148, di Mignacco & Bignotti, 1987): un autentico racconto di formazione in cui ha messo in scena un Jerry Drake diciottenne che, pieno di entusiasmo giovanile, si arruola nelle “Tigri volanti” per andare a combattere i giapponesi nella Cina occupata. Qui impara a pilotare al fianco di personaggi ottimamente caratterizzati come Bat Barlington, Larry Tree e Bill Carson e il colonnello Chennault e, soprattutto, si guadagna il suo soprannome, iniziando a manifestare un indisciplinato atteggiamento di ribellione ad ogni forma di ottusità e autorità.

Il temporaneo “nuovo corso”

Lo spartiacque con il periodo “classico” di Mister No può essere considerato il n.200, uscito nel gennaio 1992, ultimo albo scritto da Nolitta sino alla “saga” che avrebbe terminato la serie. La trasferta africana è terminata da pochi mesi e per la testata incomincia una fase di appannamento che si è cercato di interrompere in coincidenza con il ventennale del personaggio (giugno 1995), quando è iniziato un “nuovo corso” di storie intenzionate a rivitalizzare alla serie. L’argomento è interessante e sarà approfondito con una serie di articoli dedicati. Qui basterà ricordare che con il n.241 la testata cambia look (dalla grafica di copertina all’abbigliamento del personaggio) e, soprattutto, viene data una drammatica “scossa” alla vita del pilota, con gli episodi che diventano autoconclusivi (o al più suddivisi in due numeri) e legati da un filo conduttore, in una saga on the road. A confezionare le nuove storie, contraddistinte da un registro particolarmente “duro” e da tonalità più mature e crude, c’è un nuovo team di autori, capitanati dall’ormai veterano Luigi Mignacco e coordinati da Michele Masiero, curatore della serie da qui sino alla sua conclusione.

La prima fase del “nuovo corso” si chiude, dopo un anno e mezzo di fuga ininterrotta verso New York, con “L’ombra del nemico” (n.258-259, di Mignacco & Diso, 1996), in cui Mister No arriva nella sua città natale per scontrarsi con il potente Kenzo Ishikawa, il capo di un’organizzazione segreta giapponese che lo ha perseguitato e costretto ad abbandonare Manaus. Si tratta di un nemico implacabile, ma non privo di fascino, al quale è legato da un episodio della seconda guerra mondiale e dal quale Jerry imparerà che la sua ricetta scanzonata per affrontare la vita non può essere un modo per fuggire davanti alla realtà delle cose, né per evitare di assumersi sino in fondo le proprie responsabilità.

Mister No sconfigge il suo nemico e ne applica subito l’insegnamento, scegliendo di trattenersi a New York per aspettare la scarcerazione della persona che lo portò a lasciare la città quand’era ragazzo, all’insaputa di tutti i suoi amici (e degli stessi lettori): suo padre, con cui ha interrotto ogni rapporto da allora e che aveva “cancellato” dai propri ricordi. Nel corso della permanenza nella “Grande Mela”, Mister No ritrova amici di vecchia data come l’archeologa Patricia e il detective privato Phil Mulligan, e se ne fa di nuovi come il barista irlandese Harvey Fenner e il proprietario di locali Max Culver. Quest’ultimo assumerà Mister No come tuttofare nel suo nuovo “Village Vanguard”, che ospita anche concerti dal vivo, dando così modo a Jerry di trasformare in un lavoro la propria passione per la musica jazz.

Tra gli autori che si sono affacciati su Mister No con il “nuovo corso”, Stefano Marzorati è il solo ad essere rimasto sulla serie sino alla sua conclusione. Le sue storie sono spesso contraddistinte da atmosfere struggenti e malinconiche, come nel suo episodio più rappresentativo, “New York City Blues” (n.266, di Marzorati & Bruzzo, 1997), in cui Jerry e i suoi nuovi amici della “Grande Mela” restano coinvolti in una vicenda particolarmente cruda e violenta riguardante un artista jazz che ha suonato al “Village Vanguard”.

Dopo circa un anno di storie newyorchesi, il “nuovo corso” viene interrotto anzitempo, facendo rientrare Mister No a Manaus prima della scarcerazione del padre con un pretesto piuttosto “debole” da un punto di vista narrativo: l’agente Hiden della CIA, un comprimario molto importante in queste storie (al cui confronto Delia è una “santa”), gli impone di lasciare gli Stati Uniti per levarselo dai piedi. Si tratta di un cambio di programma rispetto al progetto originario: inizialmente era stato infatti annunciato che la fuga di Mister No, dopo il Nord America, sarebbe proseguita in Oriente (le modalità della “morte” di Ishikawa lasciavano infatti la porta aperta a un suo ritorno, che tuttavia non ci sarebbe più stato).

La fine della corsa

Con il n.273, nel 1998, la serie torna nella sua ambientazione storica e cessa sostanzialmente la continuity che aveva contraddistinto il “nuovo corso”, anche se un ulteriore cambio di abbigliamento del protagonista (che rispolvera il giubbotto da pilota che campeggiava nelle copertine firmate da Gallieno Ferri) distinguerà, d’ora in poi, le nuove avventure sudamericane da quelle che avevano preceduto il ciclo di New York.
Il tempo trascorso da Mister No nella sua città d’adozione aumenta considerevolmente all’interno delle storie, e questo richiede un nuovo approccio nel “raccontarla”: la Manaus del dopo New York è così rappresentata in modo più preciso e “regolare” in termini di scenari cittadini e della stessa casa di Mister No (che in passato cambiava con il disegnatore di turno). Aumentano inoltre i personaggi maschili e femminili di contorno, e persino Esse-Esse viene “promosso” a “spalla” di Mister No quasi fissa: il “nazista” (come lo chiama affettuosamente Jerry) coinvolgerà addirittura il pilota in una trasferta asiatica dai n.326 al n.341. A questo fa tuttavia da contraltare una banalizzazione degli aspetti più spregiudicati e cinici di un personaggio che in precedenza era stato utilizzato con maggiore parsimonia.

Con il ritorno a Manaus, la serie inizia tuttavia il suo inesorabile viaggio verso la chiusura, vivendo con stanchezza la fase finale.
Gli ultimi sviluppi davvero interessanti sono legati alle conseguenze del “nuovo corso”.

Maurizio Colombo, che in seguito avrebbe creato Dampyr insieme a Mauro Boselli, firma il suo capolavoro con la suggestiva “C’era una volta a New York” (Maxi n.2, di Colombo e Bruzzo, 1999), pubblicata in una collana fuoriserie che avrebbe dovuto continuare ad ospitare racconti del “nuovo corso” ma che non sarebbe andata oltre questo numero. La vicenda è ambientata nei ruggenti anni ’30 e vede in azione un Jerry Drake quattordicenne, alle prese con le prime avventure ed esperienze mentre il padre si trova dall’altra parte del mondo.

L’incontro tra padre e figlio avviene invece in “Vent’anni dopo” (n.292-294, di Mignacco-Masiero-Marzorati-Colombo & Diso-Suarez-Busticchi&Paesani, 1999), una trama concepita a otto mani dai principali autori del “nuovo corso”. Jerome Drake Senior esce finalmente di prigione e si reca a Manaus per incontrare il figlio e chiarire i fatti che li avevano portati ad allontanarsi, prima di coinvolgerlo in una vicenda pericolosa legata al suo passato.

Nel nuovo secolo l’autore che si mostra più a suo agio nel gestire la quotidianità di Mister No nella pigra capitale dell’Amazzonia e le escursioni nella foresta, all’insegna di sceneggiature che cercano di non arrendersi alla routine, è il curatore Michele Masiero. In “Morte a Manaus” (n.314-315, di Masiero & Bruzzo, 2001) potrete fare la conoscenza dell’affascinante Barrett Whitaker, una delle “fiamme” più significative di Mister No, e forse la più abile nel leggere “dentro” il nostro eroe. Come per Hiden, si tratta di un personaggio che sembrava nato per un’unica comparsa ma che, dopo essere stato “ripescato” per il “nuovo corso”, è cresciuto notevolmente quanto a spessore ed importanza. Questo episodio presenta inoltre un’insolita curiosità per una serie d’avventura così longeva: la prima apparizione dell’unico nemico che, dato per morto da Mister No, qualche anno dopo sarebbe tornato per avere la propria vendetta.

A un certo punto la serie “scivola” silenziosamente negli anni sessanta e anche a Manaus il progresso inizia a lasciare il segno.
Si arriva così alla “saga finale” di Nolitta, che sancisce in modo “maestoso” la fine di un’epoca. Così si esprimeva in proposito Sergio Bonelli ne “La posta di Mister No” del fatidico n.379 (dicembre 2006):

“Mi rendo conto […] di aver deluso tutti voi fedelissimi, di avervi privato della compagnia di un amico rassicurante e puntuale, capace di riempire qualche piccolo vuoto nella vostra quotidianità. Sono, comunque, altrettanto convinto che, dopo trentun anni di vita editoriale, il nostro pilota abbia ormai percorso tutti i sentieri dell’Avventura e abbia ormai perduto buona parte di quella “personalità” che, a partire dal 1975, gli aveva permesso di emergere nel folto gruppo degli eroi di carta presenti all’epoca nelle edicola”.

In realtà, proprio la saga finale dell’autore Guido Nolitta avrebbe contraddetto quanto affermato dall’editore Sergio Bonelli, dimostrando quanto Mister No potesse ancora dare in termini di umanità e spunti di riflessione. Ma è altrettanto innegabile che il personaggio, negli anni successivi allo “stop” del “nuovo corso”, si fosse inaridito e avesse avuto ben poco da dire.

Come è noto, la fine è stata temporanea, dato che è imminente il ritorno di Mister No in edicola, addirittura con due progetti (uno per un pubblico più “maturo” e uno “classico”).
L’auspicio finale con cui vogliamo lasciarci è che l’ormai prossimo rilancio del personaggio sappia andare oltre il mero effetto “nostalgia” (anzi, “saudade”, come direbbero nel “suo” Brasile). Lo scopo di questi articoli, oltre ad aiutare i neofiti a scoprire le storie essenziali di Mister No, è stato anche “ricordare” che la complessità del personaggio e la molteplicità dei modi con cui è stato affrontato da Nolitta e dai suoi collaboratori sono tali da rendere possibile raccontarlo, rispettandone l’essenza “autentica”, anche senza “inchiodarlo” in uno scenario amazzonico dove le storie del suo creatore avevano (e avranno sempre) quella “marcia in più” probabilmente irraggiungibile per altri.

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