Mister No e l’Ultimo Cangaceiro: Jerry shot first

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Giugno 1975: dopo gli anni dell’infanzia trascorsi a scroccare fumetti a mio fratello (nonché al mio amico Butch Walts e a suo fratello, in un continuo e disordinato scambio di giornalini), decisi di investire parte della paghetta in un nuovo fumetto con l’intenzione di acquistarlo e collezionarlo personalmente fin dal primissimo numero. Si trattava naturalmente di Mister No, che mi attrasse fin dalle pubblicità circolate nei mesi precedenti sugli altri albi Bonelli: “Se ti piace Zagor, ti piacerà anche Mister No!” Come resistere, vista la mia predilezione per le storie di Guido Nolitta disegnate da Ferri, Donatelli & Bignotti?

I primi albi non delusero affatto le mie attese: finalmente qualcosa di diverso dai “soliti” eroi bonelliani tutti – più o meno – d’un pezzo; soprattutto, finalmente, un fumetto non ambientato negli Stati Uniti dell’Ottocento! Davanti ai miei occhi prendeva forma (anni prima della presa di coscienza ambientalista per l’Amazzonia e altri angoli verdi del pianeta in pericolo) un mondo lontano e sconosciuto, popolato da figure indimenticabili come ad esempio i cangaceiros protagonisti della prima, vera avventura del nuovo (anti)eroe nolittiano dopo i due albi introduttivi. Pur se con qualche perplessità legata al debutto di un nuovo disegnatore, cioè quel Roberto Diso che poi diventerà il vero e proprio titolare grafico della serie (ma il cui tratto così diverso dal trio di disegnatori zagoriani mi aveva lasciato inizialmente perplesso), la mia collezione andò avanti per un paio d’anni… finché l’avvento in edicola dell’Eternauta sulle pagine di Lanciostory mi convinse a dirottare altrove la mia paghetta, riservando a Mister No lo stesso trattamento di recupero e lettura occasionali dei fumetti che lo avevano preceduto.

Il personaggio, però, mi era rimasto nel cuore e così, quando – a fine anni Ottanta – la ristampa Tutto Mister No apparve in edicola, cominciai ad acquistarla desideroso soprattutto di riassaporare la mia avventura preferita, L’ultimo cangaceiro. Ma (ri)leggendo il quinto albo, in cui quell’avventura si concludeva, rimasi letteralmente di stucco: se, tenendo conto degli oltre 160 albi usciti nel frattempo che contenevano la “riscrittura” del passato di Mister No, avevo messo in preventivo che questa ristampa fosse l’occasione per qualche ritocco ai testi (soprattutto quando – ad esempio, nel numero 2 – Jerry parlava dei suoi trascorsi di guerra includendovi la Corea), La vendetta del gringo conteneva una sgraditissima sorpresa, con una tavola letteralmente stravolta che mi fece decidere l’interruzione immediata dell’acquisto di quella collana. Perché? Adesso vi spiego.

Nell’albo in questione, per chi non se lo ricordasse, Mister No decideva di vendicare lo sterminio dei cangaceiros ordinato dallo spietato Colonnello Fonseca: così penetrava nella sua fazenda per ucciderlo, senza però poi avere il coraggio di sparargli a sangue freddo. La situazione veniva “sbloccata” dal tentativo del Tenente Botelho di aggredire Mister No, che a quel punto reagiva e uccideva il militare per poi, nella tavola successiva, trucidare il Colonnello – che tentava di fuggire chiedendo aiuto – scaricandogli addosso la pistola. Proprio così: CINQUE colpi su un uomo disarmato, ma al culmine di una scena così drammaticamente credibile che il comportamento di Mister No mi era sembrato perfettamente coerente con la situazione e non aveva scosso minimamente la mia sensibilità (e nel 1975 avevo dieci anni…).

Ebbene, nella ristampa quella tavola veniva completamente modificata: a Fonseca appariva in mano una pistola, con cui sparava a Mister No che a quel punto rispondeva con UN colpo, uccidendo poi Fonseca con UN unico altro colpo quando il Colonnello, da terra, cercava di sparare di nuovo. Potete giudicare con i vostri stessi occhi, qui sotto*.

*Nota Bene: essendomi disfatto a suo tempo dei pochi albi acquistati di “Tutto Mister No” e non avendo ritrovato la tavola “incriminata” online, utilizzo quella apparsa nella ristampa a colori attualmente in edicola con la Gazzetta dello Sport.

A fine anni Ottanta, insomma, ben prima dell’imperversare della political correctness a tutti i costi, l’editore modificava una scena iconica perché riteneva che un “buono” dei fumetti (per quanto antieroe) NON potesse massacrare – in un soprassalto di rabbia furente – uno spregevole avversario, freddo mandante dell’uccisione di decine di cangaceiros.
Qualcuno si stupirà del mio stupore: non abbiamo forse visto, nel corso degli anni, i più fantasmagorici ritocchi a fumetti e film di tutti i tipi, con intenti – chi più, chi meno – censori? I primi albi di Tex, con i vestiti “allungati” alle (poche) figure femminili e la modifica di scene in cui esse sparavano agli avversari del ranger… Le scene modificate in alcuni film Disney (ad esempio in Fantasia), oppure in E.T. con i walkie-talkie al posto dei fucili… O ancora, nell’ambito dei fumetti Disney italiani, l’appiattimento di alcune battute memorabili che ha trasformato – solo in alcune ristampe, per fortuna – la “plutocratica sicumera” in “presuntuosa sicurezza” o lo “sformato di assafetida” in un banale “sformato di rape”… E gli esempi di “ritocchi” potrebbero continuare all’infinito.

Ma naturalmente, vista la situazione abbastanza simile, la tavola modificata di Mister No fa venire subito in mente la MADRE di tutte le modifiche detestate dagli appassionati di Star Wars, e cioè Han Solo che spara PER PRIMO al cacciatore di taglie Greedo: una scena alterata a più riprese dal regista George Lucas con l’intento di de-canaglizzare il personaggio per poi arrampicarsi sempre più sugli specchi dopo la rivolta dei fan, come ben illustrato in questo articolo.

Intendiamoci: chi caccia i quattrini – il produttore al cinema, l’editore in campo letterario – ha sempre l’ultima parola in caso di “disaccordo” con il regista o lo scrittore, anche con modifiche a posteriori. Quello che in “Jerry shot first” mi ha fatto imbufalire è che l’editore censore e l’autore censurato COINCIDEVANO, con Sergio Bonelli che alterava e sconfessava Guido Nolitta, in nome di un buonismo (a mio avviso) fuori luogo, mentre in tutte le ristampe di Mine Town Ken Parker continuava, a freddo e senza alcun rimorso, a far piazza pulita degli avversari a colpi di dinamite. Ma tant’è…

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Marco Gremignai

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