Zagor incontra il Vampiro

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Nei numeri 85-87 della collana mensile, Zagor incontra il Vampiro. O meglio, Guido Nolitta fa definitivamente incontrare il personaggio da lui creato con alcuni miti dell’immaginario di Sergio Bonelli. Cosa voglio dire? Andiamo con ordine.

I mesi centrali del 1972 rimarranno scolpiti nella mia memoria di lettore bonelliano bulimico, per quanto – ai tempi – appena in grado di leggere e scrivere:
– A maggio inizia la mia avventura texiana preferita, Arizona, di cui ho parlato in questo articolo;
– A giugno la ristampa Tre Stelle del n° 100 di Tex a colori viene affiancata, a sorpresa, da un numero speciale a colori di Zagor, Indian Circus;
– A luglio, infine, inizia un’avventura zagoriana davvero speciale, travolgente fin dalla copertina, che mi fa innamorare definitivamente dello Spirito con la Scure (anche grazie agli strepitosi disegni di Gallieno Ferri): si intitola Angoscia! ma diventerà famosa con il titolo dell’albo successivo, Zagor contro il vampiro.

Ripensandoci anni dopo, sono sempre stato convinto che Sergio Bonelli, con Indian Circus, non avesse resistito alla tentazione di presentare in edicola due albi a colori nello stesso mese; inoltre, credo proprio che avesse voluto “marcare” – in modo netto – la fine del periodo pionieristico di Zagor, a pochi mesi dal termine della ristampa degli albi a strisce (integrati nel tempo da alcuni albi inediti). Non è un caso, infatti, se da quell’iconico n° 85 prenderà il via la cosiddetta Golden Age del personaggio, una sequenza di 54 numeri di altissimo livello che termina a inizio 1977: è davvero un periodo irripetibile, con il creatore / editore del personaggio in stato di grazia e i tre disegnatori “titolari” della serie – Gallieno Ferri, Franco Donatelli e Franco Bignotti – all’apice della loro produzione, un periodo che qualsiasi zagoriano ricorda con grande nostalgia (e spesso rimpiange).

Ma torniamo a bomba e ai miti dell’immaginario di Sergio Bonelli. Darkwood è sempre stato un luogo fatato, in cui confluivano decine e decine di riferimenti e suggestioni (che Bonelli/Nolitta “riciclava” da par suo) provenienti da fumetti, libri, film – e chi più ne ha, più ne metta – a partire da Zagor stesso, che presenta caratteristiche tipiche sia di Tarzan, sia dell’Uomo Mascherato. Qualche esempio? Il mad doctor Hellingen si ispira direttamente a Virus, il Mago della Foresta Morta, famoso fumetto di fine anni Trenta di Pedrocchi & Molino; la storia La preda umana riprende il racconto La partita più pericolosa di Richard Connell (poi rielaborato più volte al cinema); il lugubre maggiordomo David della Casa del terrore è modellato sul personaggio che introduce i racconti di Creepy… e potremmo andare avanti all’infinito. Tra le ispirazioni di Bonelli, comunque, la parte del leone la faceva il cinema americano, di cui era un ammiratore sfegatato e un fruitore compulsivo (come da lui stesso raccontato in numerose interviste): basti pensare all’Uomo Lupo apparso nei numeri 48 e 49, che Donatelli raffigura con le fattezze di Lon Chaney Jr. oppure – facendo un salto in avanti, ai numeri 110-112 – al mostro della Laguna Nera… pardon, al mostro di Dark Canal.

È però nell’avventura con il vampiro che Bonelli si scatena. Leggiamo cosa scrivono Angelo Palumbo e Stefano Priarone nel fondamentale, documentatissimo Zagor Index Illustrato 1-100 di Paolo Ferriani Editore:
Nolitta (da appassionato cinefilo) ha voluto riversare tutti i classici topoi dei film horror in un’ambientazione western. Il vampiro si chiama Bela Rakosi, un omaggio al primo Dracula dello schermo, Bela Lugosi […]; si mostra per la prima volta ai protagonisti scendendo da una scalinata, come nell’omonimo film di Tod Browning; assomiglia molto all’attore Christopher Lee (mitico attore vampiresco negli anni Cinquanta e Sessanta) e muore ucciso dalla luce solare come il conte Orlock […] nel Nosferatu di Friedrich Murnau del 1921 (al quale si ispira la splendida cover del numero 86 con l’ombra del vampiro che è quella del conte Orlock, non quella del draculesco Rakosi). Il dottor Metrevelic, invece, ricorda molto il Van Helsing del Dracula di Stoker. Ci sono, poi, intere sequenze tratte dal Dracula di Terence Fisher, uscito pochi anni prima.”

E non è tutto: se qualche lettore avesse avuto dubbi (?) sull’identità del vampiro, Bonelli/Nolitta chiarisce inequivocabilmente la situazione con alcune surreali scenette tra Cico e il barone Rakosi, in cui vengono miscelati altri classici topoi vampireschi: la repulsione per l’aglio, l’immagine non riflessa negli specchi, il terrore per le croci… Scenette che richiamano alla mente i film di Abbott & Costello (da noi noti come Gianni & Pinotto) alle prese con classici personaggi dell’orrore: Frankestein, l’Uomo Invisibile, il Dottor Jekyll e via dicendo.

A proposito di questi “intermezzi umoristici”, però, devo confessare che non mi hanno mai convinto appieno: pur riconoscendo il ruolo fondamentale di Cico nelle storie di Zagor e l’ilarità irrefrenabile scatenata dal pancione messicano in molte lunghe gag che Bonelli/Nolitta piazzava a inizio avventura (spesso al fianco di Trampy, ma non solo), ho sempre trovato eccessiva la ridicolizzazione al limite del caricaturale di Rakosi, personaggio grandiosamente tragico e temibilissimo nel resto dell’avventura. Ma, si sa, de gustibus

Un’ultima annotazione sul ricordo più vivido che ho di questa avventura: ai primi di settembre ero stato operato di tonsille e appena risvegliato trovai mio fratello ad aspettarmi con Alba tragica in mano, sapendo quanto fossi curioso di sapere come andava a finire la storia. Beh, saranno stati i postumi dell’anestesia, oppure Rakosi raffigurato con la faccia verde in copertina… ma mi sono fatto certi incubi!
A dire il vero, tutte e tre le cover – magistrali, come al solito: Gallieno Ferri era davvero insuperabile anche come copertinista – avevano una colorazione molto particolare, poi “attenuata” nelle successive ristampe, compresa la toppa sul sedere di Zagor (che da marrone diventerà blu come nella copertina di questo articolo): una caratteristica che si è persa negli anni a favore di colorazioni più “standard” e tenui, lasciando una punta di rimpianto nei vecchi lettori come me.

L’approfondimento sulla Golden Age di Zagor

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