Il nuovo corso di Mister No: i fuoriserie del 1998

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Nel precedente articolo abbiamo conosciuto le circostanze che, nella maxi-saga dei n.268-273, hanno costretto Mister No a salutare i suoi nuovi amici di New York e a tornarsene precipitosamente a Manaus, dopo 32 due albi e venti tavole di “nuovo corso”. Per i lettori è il febbraio 1998, per il protagonista un qualche giorno di quello che probabilmente è il 1958. L’incontro con il padre, in procinto di uscire dal carcere dopo vent’anni di detenzione durante i quali i due non hanno più avuto rapporti, è stato “congelato” e si sarebbe svolto sulla serie regolare nell’autunno 1999. Prima di allora, le avventure ambientate nella Grande Mela conoscono un’appendice in alcuni episodi ospitati da tutte le collane extra di Mister No (di cui una introdotta proprio per l’occasione), che cronologicamente si svolgono prima della maxi-saga conclusiva.

L’Alligatore e il Puma

Tra il 1995 e il 1997, durante il “nuovo corso”, le storie fuoriserie di Mister No avevano continuato a proporre storie amazzoniche “pre-rivoluzione” o episodi che andavano a riempire le lacune nella biografia “pre-Amazzonia” del personaggio, con la novità che questi ultimi erano calati direttamente nel momento in cui si svolsero, anziché rievocati in flashback. E in allegato alla prima testata fuoriserie (gli Speciali), in contemporanea con il “nuovo corso”, gli storici dizionarietti tematici erano stati rimpiazzati da albi spillati di 32 pagine che, a loro volta, avevano rivelato una parte del misterioso passato di Esse-Esse.

Nell’aprile 1998, ad appena due mesi dal ritorno a Manaus, ecco invece arrivare il primo extra ambientato nel periodo newyorkese: “Giungla d’asfalto” (Speciale n.12, di Mignacco e Viglioglia), che unisce idealmente la giungla amazzonica con quella di New York richiamata dal titolo.
Quanto accade nella Grande Mela è infatti la conseguenza di fatti molto gravi avvenuti in Amazzonia in cui era rimasto coinvolto Esse-Esse. Avevamo visto per l’ultima volta il “crucco” (come lo chiama affettuosamente Jerry) nel n.260, quando aveva salutato Mister No per tornare a Manaus, e con l’occasione ritroviamo anche gli altri amici della “capitale dell’Amazzonia” (Paulo Adolfo, Clara e Isabela), con cui Jerry è in contatto telefonico per avere informazioni.

L’unione tra le due giungle avviene anche per l’atipica cornice narrativa dell’avventura, che è raccontata da un anziano indio ai suoi giovani nipoti, desiderosi di sentire una bella storia.

“Ho quello che va per voi, giovani impazienti. La vicenda di due uomini venuti da lontano, due grandi amici del nostro popolo… quello che noi chiamiamo Jacarè, l’alligatore, è un guerriero intelligente e feroce come quell’animale, e come lui spesso piange per la morte dei propri nemici… Kuraka, invece, è deciso e tagliente come il puma da cui ha preso il nome, e come lui preferisce cacciare di notte.”

Una descrizione molto calzante per i due grandi amici. Ma l’indio anticipa subito quello che sarà un elemento di interesse della storia che sta per raccontare.

“I due sono amici, ma spesso un demone malvagio li mette uno contro l’altro… come quella volta, quando Jacarè era tornato nel suo paese… è un posto dove gli uomini hanno costruito case di pietra, alte e fitte come gli alberi della foresta…”

Amici contro

L’episodio mette temporaneamente in contrapposizione i due amici e permette di recuperare per una volta il lato più spietato di Esse-Esse. Quest’ultimo, nonostante appartenga senza dubbio ai “buoni”, ha infatti un’indole molto diversa da quella dell’americano.
E nonostante l’iniziale incredulità, Mister No dovrà arrendersi all’evidenza: il misterioso assassino che sta uccidendo alcuni professionisti benestanti di New York è proprio Kruger: lui stesso è costretto a fermarlo, mentre Esse-Esse sta per tagliare la gola all’agente investigativo Crane, il poliziotto che ha coinvolto Jerry nella vicenda proprio perché amico del principale sospettato.

“Molla quel coltello, Esse-Esse!… Mollalo subito, o ti buco la zucca!”
“No, Yankee. Non ne saresti capace!”
“E invece lo farò, crucco! Quando vedo una carognata, io sono capace di qualunque cosa… e quella che stai facendo tu è una carognata troppo grossa!”
“No, Jerry… io faccio quel che devo.”

Le circostanze non permettono loro di chiarirsi, ma Mister No salva l’amico da Crane, che voleva eliminarlo senza tanti complimenti.

“I miei colleghi non se lo lasceranno scappare!… E io dovrei arrestare te per avermi ostacolato, favorendo la fuga del pregiudicato!”
“Sei un pazzo, Crane… uno sbirro fanatico che non sa fare il suo lavoro di detective! Se Kruger agisce così, deve esserci un grave motivo! Dovresti indagare su cosa è successo in Amazzonia!”

Le vittime della furia di Kruger, appassionate di caccia, erano infatti state in vacanza a Manaus poco tempo prima, e proprio Esse-Esse li aveva guidati nella foresta amazzonica. La verità è di quelle che non si possono perdonare.

“Lo avresti fatto anche tu, Jerry… anche se fai tanti discorsi sulla giustizia e sull’inutilità della vendetta personale… quei bas***di si sono fatti scortare nella foresta per andare a caccia di indios!”

Lo stesso Esse-Esse era stato oggetto di una crudele caccia all’uomo, nella quale gli uomini di New York erano convinti d’averlo ucciso. Ma il nostro, ferito gravemente, era stato raccolto e curato dagli indios Yanoama. E l’ultimo superstite dei cacciatori di uomini, il più spietato e deciso del gruppo, è proprio Crane, che aveva nascosto questo “trascurabile” dettaglio a Mister No.

Il confronto tra Jerry e Kruger è senza risposta e apre alla “fantastica” soluzione finale.

“Non so che dirti, Esse-Esse… gli indios meritano giustizia, ma dando la caccia in quel modo agli assassini, ti sei comportato esattamente come loro… e ti sei procurato un mucchio di guai con la legge!”
“Bah! Se abitassi a New York, forse la penserei come te. Ma io vivo in Amazzonia, Yankee! Ho visto cose che la gente di qui crederebbe impossibili… tu sai quello che intendo, Mister No!”

Il duello con Crane si tinge infatti di sovrannaturale: Esse-Esse lo liquida dopo essere stato il bersaglio di tanti proiettili sparatigli contro da una distanza da cui non poteva essere mancato. Mister No così intuisce la verità.

“Ho detto alla polizia che non sei tu l’assassino di Crane, e in un certo senso ho l’impressione di non aver mentito… Ho una strana sensazione… come se tu fossi uno spirito della vendetta, guidato da qualcuno che sta molto lontano da qui.”
“Bah… ho ucciso con le mie mani quel bas***do e i suoi soci…, ma è vero che ho una ‘guida’, molto lontano da qui.”

E mentre Kruger si allontana per tornare in Amazzonia, per un attimo Mister No scorge al suo fianco la figura evanescente di uno sciamano Yanoama.

Nell’epilogo rivediamo i due giovani indios che hanno ascoltato la storia. Uno dei due vorrebbe un giorno andare nella “foresta di pietra” che il nonno gli ha descritto e dimostrare il proprio valore. L’altro, che in passato ha incontrato l’uomo bianco chiamato Jacarè e conosce il suo vero nome, non è però d’accordo.

“Mister No è un coraggioso… se ha lasciato il suo paese per venire a vivere qui, vuol dire che soltanto qui c’è la vera avventura!”

L’illustrazione di Bignamini per il retrocopertina di “Jerry Drake Detective”

L’albo allegato allo speciale (“L’uomo che ride”, di Colombo e Bignamini) è a sua volta collegato al “nuovo corso”: terminate le storie sul passato di Esse-Esse, il “testimone” passa infatti a “Jerry Drake Detective”.

L’immaginario investigatore hard-boiled, nato dalla penna di Phil Mulligan ed introdotto per la prima volta nel n.263, è protagonista di un racconto narrato in prima persona da “Jerry” con il consueto stile sopra le righe. Nello stesso, un comico si vendica del boss mafioso che lo ha orribilmente sfregiato, la peggiore punizione possibile per uno che si guadagna da vivere facendo ridere la gente.

Un nuovo fuoriserie

Nel luglio 1998 esordisce una nuova testata fuoriserie di Mister No, il Maxi, per foliazione equivalente a tre albi normali. Creata apposta per ospitare storie ambientate a New York, tale pubblicazione era stata annunciata dal curatore Michele Masiero sin dal “fatidico” n.273 con cui, a febbraio, Mister No aveva lasciato la Grande Mela.

“Ma qui (New York, n.d.r.), come ovunque, Mister No ha trovato anche dei veri amici: gente leale, sincera, piena di voglia di vivere e di storie da raccontare. […] Gente, insomma, difficile da dimenticare e da cui è difficile separarsi. Anche voi lettori sembrate pensarla in questo modo […] Ecco perché, pur tornando Mister No a Manaus, abbiamo deciso di non dimenticarci di quel piccolo mondo che Jerry si è creato nella Grande Mela.”

È tuttavia chiaro che, dietro le parole di circostanza con cui Masiero “infiocchetta” la novità editoriale, si cela una pragmatica necessità: trovare una collocazione per le storie ormai ultimate che, a causa del rientro anticipato a Manaus, non hanno fatto in tempo a essere pubblicate sulla serie regolare. Tre di queste sono ospitate nel primo maxi, che ha un genuino motivo di interesse nel presentarci zone diverse di New York, con tanto di mappa dei luoghi nei frontespizi dei credits che precedono i racconti.

Brooklyn

Il primo episodio, “Little Odessa” (Maxi n.1a, di Marzorati e Bianchini), è ambientato all’interno della comunità russa di Brooklyn, e presenta evidenti analogie, esplicitate già dalla scelta del titolo, con l’omonimo film del 1994 interpretato da Tim Roth.

Mister No si trova da quelle parti per trascorrere una settimana di vacanza con una nuova amica, la pittrice Janet Williams, e aiutarla a sistemare la casa che ha ereditato. Jerry l’aveva conosciuta fugacemente nel n.261, l’episodio che aveva introdotto tutti i nuovi personaggi che avrebbero caratterizzato le avventure metropolitane, e sin da allora erano stati promessi sviluppi tra lei e Mister No che non si è fatto in tempo a raccontare sulla serie regolare.

Janet Williams

Con la loro seconda occasione, Jerry e Janet restano coinvolti nella lotta tra gli abitanti onesti della comunità russa, organizzatisi in un “Comitato” presieduto dall’energico Volodja (zio di Janet), e gli sgherri del mafioso Ptacek, che terrorizzano il quartiere imponendo la loro protezione e minacciando chiunque osi ribellarsi.
Per Janet la vicenda è dolorosa anche su un piano personale, perché si ritroverà di fronte un suo antico amore, Yuri. Si tratta del figlio di Volodja che, dopo aver litigato violentemente con il padre in seguito ad alcune drammatiche vicende famigliari, se ne era andato, facendo una scelta di vita radicale. Il loro incontro è particolarmente intenso per entrambi.

“Non sai quanto ti ho desiderato… quante notti ho passato, dopo la tua partenza improvvisa, nella speranza che ti facessi sentire… hai tradito la mia fiducia e calpestato il mio amore, Yuri Alexandrovic…”
“Mi dispiace che sia andata così, Janet. Io… io ero fuori di me. Avevo voglia soltanto di scappare via dal quartiere e da mio padre… Comunque, non sono tornato per chiederti perdono. Come hai detto tu, è passato troppo tempo e so benissimo che non avrò un’altra occasione… Volevo solo rivederti, ma forse ho fatto male… è meglio che me ne vada…”
“Aspetta… voglio che tu mi dica soltanto una cosa… […] Sono vere le voci che girano su di te? Che sei diventato un assassino a pagamento?”
“Sì…”

Yuri è tornato per svolgere un incarico ricevuto da Ptacek: uccidere suo padre Volodja per “azzoppare” il Comitato del suo Presidente.
Umilierà il genitore, ma lo risparmierà, consigliandogli di lasciare il quartiere, e subito dopo sarà ferito mortalmente dagli uomini che lo avevano assoldato. Anche Mister No fa la sua parte, salvando a sua volta Volodja da un insospettabile traditore che aveva un ruolo molto importante nel Comitato. Il finale è comunque ben poco lieto: Volodja è distrutto per la morte di suo figlio e non ci sono prove per incastrare Ptacek. Janet prende la sua decisione e la comunica a Mister No.

“Rimarrò ancora un po’ qui a Little Odessa. Voglio convincere Volodja a riprendere la sua attività a favore del quartiere…”
“Vuol dire che tornerò presto a trovarti, allora.”
“La prendo come una promessa?”
“Certo, Janet… Come una promessa…”

Per la giovane pittrice, della quale peraltro non abbiamo mai visto un quadro, sarà tuttavia l’ultima apparizione.

Manhattan

Con “L’angelo della morte” (Maxi n.1b, di Mignacco e Busticchi-Paesani) la scena si sposta tra i grattacieli della zona più famosa di New York, terrorizzata da un assassino che uccide a caso, sparando da grande distanza con un fucile di precisione. La stampa lo ha ribattezzato, appunto, “angelo della morte”, e questo provoca il disappunto di uno dei frequentatori abituali del “Killarney Rose”, il barbone Paddy.

“Angeli e demoni meritano rispetto… nessuno li vede, ma questa città ne è piena! Il demone nero chiamato ‘angelo’ per errore ti sta più vicino di quanto pensi, Mister No… ti ha già preso di mira!”

Paddy

Paddy, un tempo fattorino e ora senzatetto, molto benvoluto da Harvey Fenner e da Mister No, è uno dei nuovi comprimari della serie introdotto nel “determinante” n.261 e vive in un mondo visionario tutto suo di angeli e demoni. Paddy è tuttavia dotato anche di un certo “sesto senso” che mette in guardia Mister No da pericoli imminenti. Il misterioso assassino ha effettivamente preso di mira Jerry, a sua insaputa e in senso letterale: il pilota si salva soltanto grazie ad un particolarissimo “giubbotto antiproiettile” prestatogli da Paddy, una copia di “Moby Dick”.

Il percorso di Jerry e dell’assassino si sono incrociati perché quest’ultimo è un agente immobiliare, tale Jonathan Deep, e la nuova “fiamma” di Mister No, Stella Stewart, è proprio alla ricerca di un appartamento. In lei il folle assassino rivede la sua moglie, morta casualmente con le stesse modalità che Deep, impazzito per il dolore, ha fatto proprie.

“La vita è così. Magari vai per la tua strada, e ti becchi in testa una putrella d’acciaio caduta da un palazzo in costruzione… oppure ti centra al cuore una pallottola sparata da chissà chi, per chissà quale motivo! In una città come New York, ogni giorno, ci sono decine di omicidi casuali e gratuiti… casi che la polizia non sa risolvere!… Perché la vita è così… siamo tutti condannati a morte senza nessuna ragione!”

Jerry riuscirà a salvare Stella, mentre il folle, che si identifica a tal punto con il soprannome di “angelo della morte” da pensare di poter volare, si sfracellerà al suolo dopo essersi gettato da una grande altezza.

L’episodio presenta alcune curiosità che vanno oltre la trama principale del killer.
Innanzitutto, viene risolto un piccolo mistero che ha caratterizzato il periodo newyorkese di Mister No: dove si è “sistemato” il pilota? I lettori lo hanno sempre visto in azione o impegnato con il suo lavoro, ma mai in un proprio ambiente domestico. E parlando con Stella, il nostro spiega che in tutti quei mesi ha sempre alloggiato in albergo.

“Io sono nato in questa città, qui ho un mucchio di ricordi e molti amici, ma… vivo questo soggiorno come un fatto provvisorio, e so che potrei ripartire da un momento all’altro!”

Ci sono inoltre dialoghi degni di nota riguardanti il successo di Mister No con le ragazze e la possibilità che prima o poi convoli con Patricia, la sua più celebre “fiamma”. È Max Culver a tirare fuori l’argomento.

“Tu sei un inguaribile Dongiovanni, ma se c’è una donna che può metterti il laccio al collo, è proprio la bella Patricia Rowlands!”
“Non credo proprio: Pat è una ragazza indipendente… un marito è l’ultima cosa che cerca!”

La chiacchierata prosegue, chiarendo il motivo per cui nelle avventure metropolitane Patricia è stata meno presente di quanto ci si sarebbe potuti attendere, avendo la stessa un appartamento a New York.

“E poi è sempre in movimento. Da quando io sono qui a New York, Pat non ha fatto altro che arrivare e ripartire per le mete archeologiche più diverse in giro per il mondo!… La vedevo di più quando stavo a Manaus! Una così non mette il laccio a nessuno, perché ha paura di restare legata anche lei!”
“Voi due siete uguali… prima o poi finirete davanti all’altare!”

Max, dall’alto dell’esperienza dei suoi tre matrimoni finiti male, ci lascia anche interessanti considerazioni sul “meccanismo” che porta a scegliere la persona da volere al fianco della propria vita.

“Non dipende dalle donne che incontri, ma da quello che hai in testa… succede quando ti senti bene, il lavoro fila, non hai problemi e un sacco di donne ti fanno gli occhi dolci… Allora incontri una, e prima di conoscerla sai già che è la donna della tua vita… quella con cui puoi fermarti e mettere a frutto tutto ciò che hai seminato negli anni! Poi le cose cambiano… qualche anno dopo vedi tutto in modo diverso… ma la fine di un matrimonio è un’altra storia, non è la stessa che hai cominciato tanto tempo prima!”

L’ultimo aspetto da segnalare è il curioso caso della “putrella d’acciaio”, nominata anche dal killer. Tale dettaglio lo avevamo già sentito in un racconto che Harvey Fenner aveva fatto a Mister No a inizio episodio, anticipandone metaforicamente la chiave di lettura (la precarietà delle nostre vite).

La putrella d’acciaio, da Harvey a Legs

Il racconto è incentrato su un suo vecchio cliente che, dopo aver visto la morte in faccia a causa di una putrella d’acciaio caduta da un palazzo in costruzione, aveva deciso di cambiare vita. Dopo avere ritirato la metà dei propri soldi in banca ed abbandonato la moglie senza dirle nulla, era pertanto andato a vivere lontano, dove tuttavia sarebbe tornato a condurre lo stesso tipo di esistenza che aveva lasciato. Ebbene, nel 2004 sempre Mignacco avrebbe inserito un personaggio del tutto analogo in una storia da lui firmata per un’altra protagonista bonelliana, Legs Weaver, in occasione del traguardo dei 100 numeri (“I pirati di Marte”, come da tradizione a colori, disegni di Francesca Palomba). In quell’episodio Legs indaga per ritrovare il marito della sua cliente, sparito nel nulla dopo avere premeditato la fuga. Ritrovato alla fine dell’albo, si giustificherà raccontando di essere scampato per un pelo alla caduta di una putrella d’acciaio, traendo dall’evento le stesse conclusioni del cliente di Harvey, salvo tornare a condurre la stessa vita noiosa che aveva abbandonato persino sul Pianeta Rosso.

Harlem

L’ultimo episodio del primo maxi si svolge nel quartiere “regno” del blues. E la scelta è necessaria, dato che la storia, “Il segno dei Tre K” (Maxi n.1c, di Marzorati e Gramaccioni), pone sotto i riflettori una giovane cantante jazz di colore, Marva Jane Phillips, che Max Culver assume per una serie di concerti al “Village Vanguard”. Si tratta della terza storia di Marzorati per il “nuovo corso” in cui la musica ha un ruolo centrale, dopo la doppia dei n.255-256 e il n.266.

La prima entrata in scena di Marva Jane è durante l’esecuzione di “Strange Fruit”, e la sua interpretazione lascia Jerry ammirato. Lo stesso Sergio Bonelli, anni prima, aveva parlato ai lettori di questo brano nella sua rubrica postale del n.151 (dicembre 1987). Così scriveva il papà di Mister No:

“Lo ‘strano frutto’ del titolo è quello di un negro impiccato dai bianchi razzisti negli stati americani del Sud. I versi appartengono a una poesia di denuncia che fu scritta negli Anni Trenta, quando il linciaggio era all’ordine del giorno, e nel 1939 fu musicata dalla cantante di jazz Billie Holiday, che per inciderla dovette cambiare casa discografica.”

Marva Jane ha una ragione molto personale per interpretare con credibilità il pezzo.

“Per me la fine del mondo è già arrivata vent’anni fa, quando quegli uomini incappucciati hanno linciato mio padre… […] Avevo soltanto undici anni. Ma in Alabama il dolore è un amico che si impara a frequentare molto presto… Mio padre mi leggeva spesso la bibbia e quando ho visto gli uomini del Klan, in piedi davanti alla nostra casa, con le torce in mano, ho pensato subito ai cavalieri dell’Apocalisse…[…] Il corpo di mio padre dondolava appeso a un ramo della grande quercia, dove di solito andavo a sedermi per ascoltare le sue storie di dannazione e redenzione… È strano, ma la cosa che ricordo meglio di quella notte è la sua lingua che penzolava fuori…. Mentre piangevo pensavo che era buffo che mio padre, un uomo così severo, si fosse messo a fare le boccacce…”

Marva Jane Phillips

La cantante, a sua volta, è ora minacciata dal Ku Klux Klan, e per la propria incolumità ha assunto Phil Mulligan, l’amico detective di Mister No. Anche Jerry, che ha “naturalmente” iniziato una relazione con Marva Jane, finisce con il rischiare la vita.
Mister No e Mulligan riusciranno a salvarla da chi la voleva morta, ma l’epilogo è amaro. Le indagini finiranno infatti con lo svelare il vero volto di Marva Jane: lei non è soltanto una vittima dell’odio razziale, ma ha a sua volta agito con fredda consapevolezza e senza scrupoli per ottenere la propria vendetta nei confronti del Klan.

“Mio padre aveva ragione: la vendetta ti acceca, trasforma in veleno il sangue che ti scorre dentro le vene… ma io non l’ho ascoltato… e ora vedo soltanto fantasmi intorno a me… i fantasmi delle persone che sono morte per colpa mia…”

In passato Marva Jane aveva infatti manipolato alcuni uomini, tacendo verità e rivelando soltanto le informazioni utili per inseguire il proprio scopo. Con Mister No (dice) sarebbe stato diverso, ma ormai è troppo tardi.

“Hai scelto la tua strada molto tempo fa, Marva Jane. E ora devi percorrerla da sola, insieme ai tuoi fantasmi…”

Una frase della cantante risuonerà nella testa di Mister No nella malinconica tavola finale, in cui il nostro è in un luogo di cui lei gli aveva parlato.

“Non puoi dire di avere visto Harlem se non sei mai salito su una delle torri della chiesa di Riverside, Jerry… C’è una vista bellissima, da lassù…”

Il primo maxi Mister No termina così. Con il secondo numero, un anno dopo, questa testata extra chiuderà i battenti, ma lo farà in grande stile. Con un’unica storia di 286 pagine, tra le più belle di sempre del personaggio.

(Continua)

Tutte le immagini sono (c) Sergio Bonelli Editore

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