Tex Romanzi a Fumetti n.20 “La maledizione del Charro Negro”

La recensione del Tex di Boselli & Gomez

/
1 min read
6.5/10

C’era grande attesa per il ritorno di Carlos Gomez in questa avventura di Tex La maledizione del Charro Negro. La sua prova precedente, Yellow Bird, aveva infatti esaltato il tratto dell’artista grazie al colore e al formato “alla francese” della pubblicazione. Sin dalla copertina, le atmosfere messicane erano promesse di tavole affollate di colori, intensità e suspence… Eppure, paradossalmente, Mauro Boselli sceglie di scrivere per Gomez una classica storia di Tex e di condensarla nella foliazione ridotta del romanzo a fumetti.

Tex e Carson sono in Messico sulle tracce del Charro Negro. Fantasma? Cavaliere spettrale? O semplice assassino?
Una storia avvincente per quanto prevedibile, un’avventura ricca di avvenimenti e condita da tanti personaggi (ben gestiti) che richiama le classiche atmosfere texiane senza sconvolgimenti di sorta. Una storia densa, quasi costretta nelle 52 pagine, eppure meno logorroica del solito. 

Una storia che si lascia godere quindi con piacevole rassicurazione, forte di tematiche care al genere quali la vendetta, la passione e gli scontri.

Di conseguenza però, una narrazione così serrata e intensa lascia poco spazio al Maestro argentino per esprimere tutto il suo enorme potenziale. Sempre nel precedente Yellow Bird, il lavoro di Giorgio Giusfredi e Carlos Gomez era stato perfetto per simbiosi: la sceneggiatura lasciava il giusto spazio (ampio) all’artista che, in cambio, riusciva a valorizzare con inquadrature e ampie scene le scelte narrative. 

Se la precedente prova di Gomez era stata quindi un’opera perfettamente riuscita e capace di esaltare tanto il tratto del disegnatore quanto il fascino di Tex, qui la mancanza di tale collaborazione finisce per costringere e “soffocare” il lavoro dell’artista. Si badi bene, è ugualmente un ottimo lavoro quello svolto da Gomez: perfetto ed esaltante in ogni vignetta, in ogni inquadratura, ottimamente colorato da Laura Piazza. Un talento che non manca mai di affascinare per intelligenza delle scelte e bellezza del tratto. Eppure è purtroppo privo di quello spettacolo per gli occhi di cui l’autore è capace quando ha libertà di agire su ampi spazi, su scene più dinamiche e ariose.

Una scelta perplimente quella di Boselli, che quasi “spreca” l’occasione di esaltare disegni e personaggio, scegliendo invece le tematiche classiche dell’eroe.

Un buon prodotto, interessante, piacevole, ma nulla di più. Un peccato.

VOTO
0

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

Articolo precedente

Capitan America, gli anni ’70. Parte V.
La fine del 1975

Prossimo Articolo

“La foresta contro il deserto”
di Zerocalcare

Ultimi Articoli Blog