Appunti di viaggio
AI? Intervista a Sergio Algozzino

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Inauguriamo con questo articolo la nuova rubrica di Magazine uBC Fumetti Appunti di viaggio: un viaggio nei percorsi del fumetto e delle sue derivazioni. La prima puntata di questa rubrica (che toccherà, in futuro, altri e svariati temi legati alla nona arte) inaugura un approfondimento dedicato alle AI, nello specifico all’evoluzione delle AI TTI (Text To Image) e al loro utilizzo nel campo del fumetto.

Negli ultimi anni l’attenzione sull’argomento e la sensibilizzazione del pubblico, oltre che degli addetti ai lavori, è diventato dirimente. È impossibile oggi, per chi ama il fumetto e non solo, non rendersi conto di quanto il tema sia caldo e dibattuto. È ovviamente anche un tema molto complesso, colmo di sfumature, facile a fraintendimenti e prese di posizione.

Vi proporremo quindi una serie di interviste utili a scardinare il problema, ad approfondirne gli aspetti, a valutarne le implicazioni, a comprenderne le dinamiche.
Opinioni diverse, spesso divergenti, ma talvolta univoche nelle definizioni.

L’obiettivo, come anticipato, è quello di affrontare l’argomento da più punti di vista per sviscerare le criticità, le potenzialità e le fascinazioni. Senza preconcetti, prese di posizione o, ancora, necessità di contraddittori, proveremo a spiegare in maniera più concreta e diretta aspetti complessi senza banalizzarli, con l’intento di far emergere criticità o peculiarità sottovalutate. Soprattutto il fine è quello di stimolare e proporre un ragionamento e una discussione consapevole sulle AI TTI perché, inevitabilmente, fanno parte del nostro presente: di conseguenza, sia una loro accettazione quanto un loro rifiuto aprioristico non avrebbero senso o forza di esistere. Scegliamo quindi la strada del confronto e dell’approfondimento nella speranza di fornire spunti utili – in primis a noi, e poi anche a voi utenti – per ragionare su quanto sta accadendo oggi intorno al fumetto.

A inaugurare questa rubrica e questa serie di interviste sulle AI abbiamo Sergio Algozzino, fumettista, sceneggiatore e musicista. Sergio collabora con Linus, Disney, Sergio Bonelli Editore; inoltre ha collaborato con Newton & Compton, Soleil Edition, Red Whale e Piemme. Per noi di uBC, assieme a Fabiano Ambu e Francesco D’Isa, è stato fondamentale per cominciare a guardare all’argomento con meno leggerezza e più consapevolezza.

Ciao Sergio! Cominciamo esplorando il tuo rapporto con la tecnologia per comprendere la tua posizione in merito alle AI TTI.
In che modo gli strumenti tecnologici hanno influito sul tuo tratto? Non solo nel pratico della metodologia ma, nello specifico, vorremmo sapere se hanno contribuito a mutare il tuo stile.

Anzitutto, ci tengo a ringraziarvi per l’invito a questa discussione. Mi limiterò a dire quel che penso al riguardo, che resta però soltanto una mia opinione. Credo che, a parte alcuni punti fermi, tutte le discussioni debbano essere fatte di molte sfumature, mentre sulla questione AI vedo fin troppo spesso un’accesa lotta fra due uniche fazioni, ed è la stessa lettura fortemente divisiva che ne fa il pubblico, che è poi tipico di quello che accade online.

La tecnologia non mi ha mai spaventato e ho sempre lavorato utilizzando “le macchine”. Uso questo termine perché a 14 anni facevo già molti disegni andando e tornando compulsivamente dalla fotocopisteria sotto casa, incollando sulla pagina ingrandimenti o riduzioni. Mi è sempre piaciuto questo aspetto: ritoccare e attaccare quelle fotocopie. Perché ero rimasto fortemente affascinato da alcune tavole originali dove avevo visto elementi del genere.

Nel momento in cui ho potuto usare un computer “utile”, intendo con uno scanner e una primordiale versione di Photoshop, sono riuscito a fare quelle stesse cose che facevo in fotocopisteria (e anche molto di più) e non ho avuto alcun problema a implementarle nel mio metodo produttivo.

Per molto tempo, però, ho negato la possibilità di disegnare in digitale: le prime tavolette, non con uno schermo, mi rendevano l’esperienza ostica, e successivamente anche con quelle a schermo non amavo molto disegnare “guardando un monitor e con l’altra mano sulla tastiera”, fermo restando che per quanto riguarda la colorazione digitale non ho mai avuto problemi.

Nonostante tutto, tornavo ai “veri” pennelli e tubetti quando aveva senso farlo.

Insomma, non mi sono mai dato una scelta unica, ma solo tante possibilità, e certamente il digitale è per me da sempre una di queste. Tutto è cambiato con l’Ipad, che ha abbattuto per me quella innaturalità rispetto al disegno con una tavoletta, con un atteggiamento e una postura molto più simili al lavoro tradizionale.

Ultimo appunto personale: si pensa sempre che disegnare in digitale acceleri e semplifichi il processo lavorativo. Ecco, nel mio caso è accaduto esattamente il contrario, perché da quando uso l’Ipad sono molto più lento: questo perché è vero che posso godere di alcune accelerazioni ma allo stesso tempo posso anche assecondare la mia ossessività compulsiva.

Insomma, le scelte non andrebbero pensate solo in base a un fattore (velocità, comodità, convenienza) ma a un mix di tali fattori che dovrebbero, e dico dovrebbero, portare a un innalzamento delle tue possibilità.

Compreso il tuo rapporto con la tecnologia, vista anche l’ampia premessa che ci siamo concesso, passerei subito a riassumere il cuore della problematica in termini semplici. Il lavoro fatto da LRNZ in merito è altamente completo ed esaustivo: ti chiediamo quindi di sintetizzare quello che è per te l’aspetto più critico, oggi, della questione.

Tantissimi miei colleghi hanno speso a dir poco fiumi di parole in merito. Io non credo di averne di migliori, e certamente non di LRNZ (che intervisteremo nel prossimo episodio di questa rubrica, n.d.r.), anche perché – a parte lui e poche altre riflessioni – da fuori sembra solo un gioco di fazioni, e non è questo il punto. Il problema, ripeto, è etico. È paradossale che si usi il termine “Intelligenza Artificiale” quando, a conti fatti, di intelligenza ha ben poco, dato che non riesce a creare senza attingere al lavoro fatto precedentemente da altri, che fra l’altro non gli hanno mai dato il permesso di essere utilizzati, inseriti in un database. 

E no, per favore, non è certamente la stessa cosa che facciamo noi disegnatori quando ci ispiriamo a qualcun altro, dato che la rielaborazione che avviene nel nostro cervello è assolutamente unica e personale, oltre che frutto di un ragionamento non meccanico. Poi, è innegabile che esistano disegnatori che “copiano e basta”, ma le eccezioni non contano, perché – nel senso alto che dovremmo cercare di inseguire – il disegno deve essere sempre frutto di un ragionamento e di una scelta personale, se non addirittura più scelte. Non la prima che capita, e non certo come risultato di una semplice equazione già utilizzata da qualcun altro.

Questa situazione non riguarda solo fumettisti e illustratori, ma anche musicisti, speaker e altre figure professionali che lavorano nel campo dell’arte. Quanto è estesa e diramata questa situazione?

Coinvolge potenzialmente chiunque, in qualsiasi àmbito, non solo professionale, e mi viene da dire cinicamente che i problemi maggiori non sarebbero quelli del mondo del fumetto, ma è anche vero che alcune categorie artistiche si sono fatte valere immediatamente più di noi, che siamo i primi, troppo spesso, a non prenderci sul serio e a non prendere sul serio quello che facciamo (sia che siamo operatori del settore, esperti o appassionati).

Quale potrebbe essere un compromesso ideale tra l’utilizzo delle AI TTI e la salvaguardia del lavoro degli artisti?

Questa mia risposta potrebbe essere già vecchia fra sei mesi, ma ci provo: un database etico, come minimo. L’industria discografica è stata fatta a pezzi da quando è possibile scaricarla gratuitamente: ma, ad oggi, chi la scarica più? Quella novità “illegale” si è evoluta nello streaming e nelle piattaforme che attraverso la pubblicità riescono a contribuire un minimo a quella musica che stai ascoltando. Nonostante tutto, questo sistema ha risollevato le sorti di quel mondo? No. Ma almeno funziona attraverso accordi fra le parti.

In ogni caso, sono fortemente convinto che anche il giorno in cui le AI troveranno una quadra su tutte le criticità che hanno attualmente, il disegno “fatto a mano” (o forse dovrei dire “pensato”) non morirà. Nella voglia di dividere le parti che regna incontrastata online, ci sono sempre affermazioni del tipo “preparatevi a essere sostituiti”, che fa molto Terminator ma che non rappresenterà mai il futuro, esattamente come ci sarà sempre gente che avrà sempre voglia di vedere qualcuno suonare una chitarra al posto di sentirla campionata o direttamente programmata attraverso una macchina.

Se pensiamo alle AI TTI come uno strumento che dà la possibilità di democratizzare l’arte – permettendo a chiunque di creare immagini senza competenze artistiche – non sono forse un vantaggio nel loro complesso?

Per me no, ma mi sono già spiegato prima. Non è solo ai vantaggi che si dovrebbe pensare e sinceramente sono ancora più cattivo all’idea del concetto di “democratizzazione dell’arte”. Per me è sempre un problema di categoria.

Ad esempio, da molti anni fare film è molto più semplice che in passato.
Oggi puoi fare un film con il tuo cellulare. Girarlo, montarlo, mettergli la colonna sonora e fare il doppiaggio. Ma se il prodotto finale fa schifo, fa schifo! Punto. Se il formato è sbagliato, è sbagliato! Se non ha la risoluzione corretta, al cinema non ci va. Si scambia la libertà di fare un film con l’arroganza di pensare che quel film meriterebbe di essere apprezzato e visto da tutti. E, attenzione, può anche esserci un film meraviglioso fatto in quel modo… ma, sempre, devi saperlo fare.

Il medesimo discorso vale per la fotografia: tutti facciamo foto, ma da lì a sentirsi davvero fotografi professionisti ce ne vuole. O magari ti ci senti anche, ma ugualmente non verrai mai trattato come tale. Avere una app con cui puoi fare un fumetto facilmente e in modo automatizzato non fa di te un fumettista di professione, ma al massimo solo l’equivalente di un amatore che fa le foto col cellulare (che comunque almeno un po’ di testa ce la mette).

Vuoi fare un fumetto con le AI? Fallo, ma se fa schifo, fa schifo, e non ci si dovrebbe appellare alla libertà di poterlo fare, la democrazia non c’entra nulla e le AI non dovrebbero diventare “il modo di farlo fare a tutti”, perché per fare un fumetto decente serviranno sempre e comunque studio e conoscenza del mezzo. La vera democrazia dovrebbe essere questa: accettare l’idea che esistano delle competenze.

Poi da lì a diventare tutti medici e scienziati sappiamo che il passo è brevissimo. Ed è incredibile perché, di tutte le arti, il fumetto sarebbe proprio una di quelle più alla portata di tutti, e sono convinto che tutti avrebbero qualcosa da dire e che potrebbero farne uno buono, solo non si dovrebbe confondere il contenuto col risultato.

Sergio Giardo per la copertina variant di Nathan Never n.379 e Francesco D’Isa con Sunyata hanno stabilito un punto d’incontro tra artisti e AI generative. Queste due esperienze sono da considerarsi esclusivamente un mero esercizio di stile o è una sintesi efficace del connubio artista / AI TTI che si potrebbe raggiungere?

Sarò spudorato al riguardo, e me ne scuso, ricordando sempre che a maggior ragione in questo caso si tratta solo di un mio pensiero: per me rappresentano, allo stato attuale, i primitivi disegni fatti con il Commodore 64 o col Game Boy: un mero passaggio prima di raffinare la tecnologia, solo che all’epoca nessuno avrebbe pensato di pubblicarli. Quella di Giardo però ha un “senso” con la storia, quindi non la metterei nella stessa categoria. In più, e non mi stancherò mai di sottolinearlo, c’è il problema etico e legale.

Grazie mille Sergio. Con questa intervista speriamo di essere riusciti ad entrare con forza nel cuore della questione. Nel prossimo capitolo, con l’intervista a LRNZ, l’intenzione è quella di approfondire più nel dettaglio le dinamiche socio-politiche e non solo.

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

Michele Tarzia

Vivo nell'ombra dei miei pensieri, ai margini della mia memoria

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