Concludiamo, per adesso, il nostro viaggio nei percorsi del fumetto e delle sue derivazioni con il nostro approfondimento dedicato alle AI dopo le interviste a Sergio Algozzino, Lorenzo Ceccotti e Francesco D’Isa. Nello specifico, ci occuperemo dell’evoluzione delle AI TTI e del loro uso nel campo del fumetto.
Fabiano Ambu è stato uno dei primi a sottoporci la questione: grazie a lui abbiamo avuto modo di approfondire l’argomento e abbiamo avuto l’idea di questa serie di articoli.
Fabiano Ambu – fumettista e illustratore che avrete potuto ammirare prima su Dampyr e ora su Dragonero (Sergio Bonelli Editore) – ha, negli anni, collaborato con varie case editrici e co-fondato lo studio Drama, dedicato alla formazione e alla produzione nel campo del fumetto.
Ciao Fabiano, cominciamo esplorando il tuo rapporto con la tecnologia e comprendere la tua posizione in merito alle AI TTI.
In che modo gli strumenti tecnologici hanno influito sul tuo tratto? Non solo nel pratico della metodologia ma, nello specifico, vorremmo sapere se hanno contribuito a mutare il tuo stile.
Il mio rapporto con la tecnologia è dittatoriale: comando io, quindi è la tecnologia che si adatta al mio tratto e alle mie esigenze. Il tratto, lo stile, l’interpretazione della realtà stessa è filtrata attraverso le idee, è la mente che comanda, è la mente che trasmette nel disegno il bagaglio di esperienze, conoscenze ed emotività che contraddistingue il risultato del mio lavoro. Quindi non hanno mutato nulla, ho sempre usato la tecnologia e mi ci sono divertito a realizzare i miei progetti, con strumenti ben più complessi di quelli utilizzati per le AI.
Rispetto ai software che oggi utilizzi nel tuo lavoro, come si posizionano Midjourney e le altre AI TTI?
Non si posizionano proprio. Perché dovrei limitare la mia creatività per appoggiarmi a una macchina che mi propone scelte e soluzioni, che in qualche modo si appoggiano ad altri autori, senza che io possa capirne derivazione e senza farle diventare patrimonio delle mie conoscenze? Trovo estremamente stupido chi non si rende conto che lasciare alla macchina la parte creativa del lavoro sia un limite e non un aiuto.
Quindi non ti capita di utilizzarle nel tuo lavoro?
No, non le utilizzo. Mi vincerebbero nell’immaginare: deve essere il mio cervello a elaborare quello che vedo, altrimenti non ha senso fare questo mestiere. Chi usa le AI come scorciatoia per risparmiare tempo applicando soluzioni grafiche, sfondi, decalcando le immagini, non ha la minima idea di cosa significhi essere creativo e quale responsabilità hai nell’esserlo.
Passiamo adesso alla questione più centrale. Proviamo a riassumere il cuore della problematica in termini semplici: il lavoro fatto da LRNZ in merito è altamente completo ed esaustivo, ti chiedo quindi di sintetizzare quello che è per te l’aspetto più critico, oggi, della questione.
Siamo una società abituata a ragionare in tempi brevi, c’è poco da fare, siamo vecchi e come tali non applichiamo una visione a lungo termine sulla società.
A prescindere da tutte le problematiche date dalla perdita del lavoro, forse tanti non sanno che c’è stata una notevole riduzione delle commissioni in ambito creativo (pubblicità, editoria, grafica ecc.). L’aspetto più critico è il futuro.
Esiste il problema della nascita di nuovi creativi, che hanno sempre meno possibilità di formarsi attraverso la gavetta, un passaggio che tutti i professionisti hanno attraversato e che ha loro permesso di realizzarsi ed evolversi.
C’è il problema dell’omologazione sia nella proposta che nel gusto visivo, che limita l’evoluzione estetica, in una società che ormai fonda la sua esistenza esclusivamente sull’aspetto economico e commerciale. Viviamo un periodo di involuzione culturale che porta a maggiore intolleranza e aggressività sociale: le AI sono uno strumento che sta favorendo la non meritocrazia, l’individualismo e il degrado sociale.
Dall’arrivo delle AI TTI com’è cambiato il lavoro dei fumettisti e degli illustratori professionisti?
Come ho anticipato, per i professionisti affermati che lavorano non c’è alcun problema riguardo alle statistiche, consiglierei di seguire il MEFU – Associazione Mestieri del Fumetto – che sta raccogliendo dati su questa problematica e che ha realizzato il progetto EGAIR che riguarda proprio la regolamentazione delle AI. Personalmente il calo di lavoro c’è ed è rilevante, alcuni miei colleghi si sono anche espressi pubblicamente.
Vorrei chiarire che il fumettista o l’illustratore è un libero professionista e per poter vivere di questa professione è costretto, soprattutto in Italia, a lavorare su più fronti. Con l’avvento delle AI tanti lavori sono scomparsi, iniziando dall’ambito pubblicitario: la qualità decadente dei risultati si vede ovunque, allo stesso tempo il gusto estetico ha seguito questo appiattimento che ci porta alla povertà estetica che viene proposta in questo Paese.
Questa problematica non riguarda solo fumettisti e illustratori, ma anche musicisti, speaker e altre figure professionali che lavorano nel campo dell’arte. Quanto è estesa e diramata questa situazione?
Io sono un semplice osservatore, ma per mia indole tendo a guardare oltre i miei limiti, quindi osservo tutto in modo empatico. Noi esseri umani non possiamo esimerci da un’esistenza sociale, quindi vedo che il problema AI cresce e danneggia tutte le professioni legate alla creatività.
La peggior scusa di tanti che usano le AI è che si risparmia tempo. Chi invece è realmente creativo e fa bene il proprio lavoro, sa che il tempo non può essere risparmiato – anzi, ogni nuova ricerca o scoperta stilistica richiede tempo e anche errori. Cedere all’uso delle AI per pigrizia e per interesse individuale, senza criterio o consapevolezza, danneggia tutti.
La tecnologia ha sempre sostituito alcuni lavori e messo a dura prova molti professionisti, ma ha anche creato nuove opportunità. Cosa c’è di diverso nel caso delle AI TTI?
Le Ai non sono uno strumento che ci permette di liberare la creatività ma una catena che ci impone dei limiti. Il risultato che otteniamo nell’uso delle AI non è nostro ma dell’AI stessa: che sia un testo, un brano, un’illustrazione o un fumetto, tutto quello che viene fuori limita la nostra capacità di crescere e imparare dagli errori, limita la nostra evoluzione rendendoci schiavi di una tecnologia che per la prima volta non aiuta ma danneggia la nostra esistenza.
L’AI è una tecnologia che può avere delle derive molto pericolose, il problema più grosso è che è in mano alle multinazionali che non hanno alcun interesse nel progresso sociale e culturale ma hanno come unico obiettivo la supremazia economica e di potere.
Un mondo in cui si vuole distruggere e rinunciare alla creatività umana per non fare nulla è veramente stupido, non credo che il senso della vita sia quello di accumulare oggetti e respirare fino alla morte.
Da poco c’è stata l’approvazione dell’AI Act (anche se la sua attuazione avverrà molto lentamente) e abbiamo preso più coscienza della situazione e degli strumenti, ma ci sono ancora delle criticità da risolvere. Quali sono gli aspetti ancora troppo contorti e farraginosi della questione?
L’aspetto più contorto non riguarda solo le AI: il vero problema è la società che stiamo creando, pian piano stiamo perdendo diritti e qualità della vita per inseguire un sistema che è fallimentare. Stiamo distruggendo l’empatia per creare individui sempre più egoisti e tristi. La società non si può pensare in categorie separate, il problema AI è la risultante di un sistema che è strutturato sulla prevaricazione dei più deboli, sull’individualismo e sulla volontà di dividere il mondo in classi sociali. Stiamo vivendo un nuovo feudalesimo e le AI saranno uno degli strumenti per accrescere la divisione in classi. Occorre tenere presente anche il problema climatico e la crisi energetica: le AI consumano tantissimo e non sono regolamentate, aggiungendo ulteriori preoccupazioni a queste crisi. L’AI Act è uno strumento che vuole regolamentare questa tecnologia, ma è importante capire che per un’evoluzione sociale occorre consapevolezza e attivismo sulle questioni, quindi consiglio di seguire più attivamente la questione AI, perché non sono giochini per realizzare meme, ma strumenti che rischiano di portarci verso un’involuzione culturale e una perdita democratica.
La maggior parte dei servizi di AI TTI oggi a disposizione rispetta i termini di copyright nella loro distribuzione di contenuti, anche se non lo fanno ancora in fase di training. Ad esempio: Nightshade e Glaze possono essere una soluzione o sono solo un piccolo argine?
Sono una risposta, un dissenso formale, una non accettazione di questo sistema imposto dove dovremmo sottostare a questa dittatura tecnologica.
Non ritengo che seguire il messia possa aiutarci a essere migliori come società, i vari Musk, Zuckerberg, Bezos sono persone piene di problemi come tutti, hanno avuto delle idee geniali ma non devono e non sono onnipotenti: cerchiamo di porre tutti sullo stesso piano e pretendere di avere tutti delle opportunità di realizzarsi. Permettere di essere usati non rende questa vita degna di essere vissuta.
Riguardo il rispetto del copyright non c’è, per quale motivo per il training non deve essere rispettato il diritto d’autore? Si possono calpestare i diritti umani per raggiungere nuovi risultati tecnologici?
Come dire che si possono usare cavie umane per ottenere nuovi farmaci, o sfruttare persone per costruire piramidi: se il progresso tecnologico è concepito sullo sfruttamento e il sopruso non è un progresso e il fatto che molte persone non si rendano conto delle conseguenze perché ancora non sono state toccate direttamente dal problema, non è una scusa accettabile.
Cosa possono fare concretamente gli utenti che utilizzano le AI TTI per supportare gli artisti?
Non usare le AI poteva essere un modo per sostenere l’Arte più che gli artisti. Ogni immagine o testo realizzato con le AI è uno strumento di addestramento per farle crescere, l’idea che tocchi solo gli artisti è riduttivo. Basta leggere i commenti sotto un’immagine realizzata in AI per capire che c’è un livello di gusto estetico davvero scadente.
Trovo ridicole le persone che pubblicamente dicono di aver creato un’immagine con l’AI, come se avessero realmente il controllo dell’opera. Non hanno minimamente idea di quale sia il processo creativo: per questo motivo le AI rendono più ignoranti e stupide le persone.
Una qualsiasi tecnologia richiederebbe preparazione e consapevolezza, mentre l’AI è un arma pericolosa, può creare false informazioni, immagini, riscrivere la realtà storica e – in una società che legge sempre meno e che si informa attraverso i meme sui social – è un’arma estremamente pericolosa. Come è stata creata la patente o il porto d’armi occorre un un simile controllo per l’uso delle AI, una legislazione che possa responsabilizzare chi commette danni con queste tecnologie. Per quanto mi riguarda la applicherei anche ai social media.
Quale potrebbe essere un compromesso ideale tra l’uso delle AI TTI e la salvaguardia del lavoro degli artisti?
Come ho già scritto, non c’è un compromesso se si vuole cancellare la creatività umana per favorire gli interessi di pochi, le persone che non immaginano e non creano sono meno pericolose e ottimi schiavi esecutori. Stiamo rinunciando al vero progresso sociale per giocare a fare gli “artisti”, vorremmo essere tutti poeti, scrittori, compositori, illustratori e fumettisti senza faticare e in questo modo stiamo cedendo il futuro delle prossime generazioni per giocare come bambini mal cresciuti. Non c’è compromesso in questa giungla, è solo la legge del più forte e sicuramente le pedine sono sempre sacrificabili in qualsiasi gioco.
Se pensiamo alle AI TTI come uno strumento che dà la possibilità di democratizzare l’arte – permettendo a chiunque di creare immagini senza competenze artistiche – non sono forse un vantaggio nel loro complesso?
Cosa significa democratizzare l’Arte? L’Arte è democratica, la può fare chiunque, certo occorre fare rinunce, sacrificarsi e fare scelte di vita che pochi sono disposti a fare. La democrazia degli imbecilli non è mai una democrazia, è solo un contentino per essere omologati verso il servilismo.
Non c’è alcun vantaggio nell’omologazione, è come curarsi da soli facendo la ricerca su Google, alla fine rischi di ucciderti. Si ha sempre l’idea che l’Arte non richieda competenza e che sia una sorta di illuminazione dall’alto che non può arrivare a tutti, ma solo ad alcuni eletti: questo dimostra che c’è fin troppa ignoranza nel rapporto con l’arte e la cultura.
La democratizzazione dell’Arte è una boutade di quegli incapaci che per pigrizia e stupidità voglio sedersi in una poltrona che non gli appartiene, sanno di fare i furbi in un Paese dove tutti voglio essere più furbi del prossimo e sprecano vita per essere solo più stupidi degli altri, oltre che dannosi per tutti.
Facciamo un esempio: l’invenzione di sintetizzatori, drum machine e software di produzione musicale (vedi Ableton) ha trasformato la produzione musicale.
Questa evoluzione tecnologica ha trasformato il modello economico del settore musicale, ma ha anche permesso a persone senza formazione musicale di creare opere innovative.
Ciò ha spinto i musicisti a trovare nuovi modi di proporre musica e ad adattarsi a questa evoluzione.
Cosa c’è di diverso oggi, con le AI ATT, rispetto alle evoluzioni tecnologiche come questa nel campo musicale?
Che con gli strumenti fai scelte consapevoli e ottieni il risultato desiderato, con le AI ottieni il risultato che non avresti mai ottenuto, accontentandoti di quello proposto dalla macchina che è più preparata di te. Nel caso delle AI l’umano è solo una variabile che può rendere il risultato peggiore solo per aver inserito qualche parola di troppo.
L’AI un giorno potrebbe arrivare a decidere che senza comando può ottenere risultati più efficaci, soprattutto se chi la utilizza ha il cervello di un babbuino.
Sulla musica possiamo trarre conclusioni immediate sui risultati di chi la fa senza formazione: basta un buon orecchio e un minimo di gusto musicale, occorre essere onesti.
Prendiamo in esame questa considerazione di LRNZ del 2022: “Se si usa un’immagine generata da una AI Text To Image come alternativa sostenibile per tempi e costi al lavorare con un illustratore umano c’è un problema di carattere etico-professionale: di fronte a un problema di budget o tempi il progetto deve essere riveduto e corretto, ricorrere all’AI deve essere visto al pari di ricorrere al furto in mancanza di denaro.”
Secondo te, oggi, è ancora valida?
Validissima. Perché non si certifica l’opera con un bollino che dichiari al consumatore che il prodotto è realizzato in AI. Chi vuole comprare libri per bambini scritti da un’AI? Alla base c’è la volontà di truffare, nascondere, perché l’imbroglione sa che a nessuno piace l’idea di avere per le mani un prodotto realizzato interamente da una macchina. La macchina non ha etica, sensibilità, empatia e questo limita la valenza artistica e creativa di un’opera.
Sergio Giardo – per la copertina variant di Nathan Never n.379 – e Francesco D’Isa con Sunyata hanno stabilito un punto di incontro tra artisti e AI generative. Queste due esperienze sono da considerarsi esclusivamente un mero esercizio di stile o è una sintesi efficace del connubio artista / AI TTI che si potrebbe raggiungere?
Un mero esercizio di stile, anche abbastanza mediocre nel risultato: ho avuto modo di esprimermi pubblicamente in merito a quei discutibili esperimenti.
Se proprio vogliamo citare un artista propongo l’esempio di Dave McKean che è stato il primo a utilizzare le AI, successivamente è stato uno dei maggiori oppositori perché ne ha valutato la pericolosità.
Prendiamo in considerazione il Machine Learning. La Storia dell’Arte – nel corso dei secoli – è stata caratterizzata da correnti artistiche nonché da avanguardie che hanno studiato le generazioni precedenti, ne hanno imparato le tecniche e così si sono evolute le forme del disegno e dell’arte visiva. Penso, ad esempio, al Classicismo e al Manierismo.
Cosa fanno di diverso le AI TTI rispetto a quanto detto?
Nulla, perché non è un’evoluzione, è una continua riproposta e manipolazione di qualcosa di precotto. Non paragoniamo l’evoluzione artistica al risultato di manipolazioni di opere preesistenti, è offensivo solo pensarci.
Dietro i prodotti AI non c’è creatività umana, quindi non è paragonabile, anzi dovrebbe farci capire che stiamo andando verso l’opposto di un’evoluzione artistica.
I veri artisti capiscono che questo processo è la morte dell’Arte stessa, chi non è artista finge di essere qualcuno o qualcosa che non solo non comprende ma che non gli appartiene.
L’Arte è un percorso, non il risultato, e non tutto è arte. Quando si studierà questo periodo storico ci si domanderà come abbiamo fatto a essere tanto stupidi nel vivere questa nuova tecnologia.
Cosa ti aspetti dal futuro del tuo lavoro e cosa prevedi accadrà nel settore, nei prossimi anni, alla luce di queste evoluzioni tecnologiche?
Io purtroppo non riesco a pensare il futuro per settori o categorie, il futuro per me è il risultato di un progetto che si realizza giorno per giorno con una visione unica.
Il futuro richiede impegno, partecipazione, competenza e cultura. Occorrerebbe riportare al centro della discussione la qualità della vita e il benessere di tutta la società, non solo di pochi.
Il mio lavoro è una parte irrisoria nel contesto futuro, il mio ruolo è quello di sensibilizzare e immaginare attraverso le storie che realizza la società del domani, il ruolo dell’artista è quello di porsi criticamente nei confronti della società cercando di migliorare la qualità.
Si è sempre considerato l’artista come un elemento superfluo nella società, una figura privilegiata con un ruolo marginale di cui si può fare a meno, ma tutto quello che siamo oggi, quello che è stato realizzato, le stesse AI e la robotica sono state ispirate da artisti.
L’Arte è fondamentale per scrivere il nostro futuro e rendere questa società migliore di quella che ci lasciamo alle spalle.
La tecnologia fine a se stessa non migliorerà la nostra esistenza, anzi ce la sta complicando, stiamo creando una società sempre più infelice, fragile, immatura e non in grado di affrontare e risolvere i problemi.
La tecnologia non è il problema: come sempre è la follia umana a portarci verso nuovi baratri. Spero invece che si ritorni a una cultura illuminista, dove finalmente è l’essere umano al centro del proprio interesse, l’essere umano nella sua totalità, non individualista ma collettiva, una società dove ogni individuo ha diritto di esistere ed essere felice.
Grazie mille Fabiano, soprattutto grazie per aver dato il via, con il nostro primo confronto, a questa serie di articoli.