Per un appassionato di comics non sarà difficile associare il nome di Gino D’Antonio ad uno tra i maggiori autori del fumetto italiano. Tante le collaborazioni maturate in sessant’anni di carriera, in una produzione sterminata e di grande successo che lo ha visto alternarsi nel ruolo di sceneggiatore, disegnatore e autore completo.
Proprio in quest’ultima veste viene chiamato da Sergio Bonelli per realizzare uno degli episodi della prestigiosa collana Un uomo un’Avventura, varata dall’allora Edizioni CEPIM. L’episodio è L’uomo dello Zululand, pubblicato nel dicembre 1976, una vicenda situata nell’àmbito della guerra anglo-zulu del 1879, in cui l’autore dimostrerà ancora una volta tutto il suo enorme talento di consumato narratore e abile disegnatore.
Nel marzo 1977 D’Antonio torna a firmare un altro episodio della collana – il quinto, L’uomo del deserto – ma questa volta solo nella veste di sceneggiatore. I disegni sono affidati ad un artista che non è di certo uno sconosciuto per gli addetti ai lavori – compreso ovviamente D’Antonio – ma non è uno dei più noti alla critica del tempo e, più in generale, al pubblico della nona arte.
Ad occuparsi della parte grafica è infatti Ferdinando Tacconi, milanese classe 1922, con alle spalle una già cospicua carriera in termini di lavori eseguiti ma alla quale manca l’affermazione definitiva. Una coppia che di primo acchito può apparire “strana”: D’Antonio ha collaborato a opere di diverso genere ma con una certa predilezione per quello western, tra le quali figura ovviamente la Storia del West: la sua opera più ambiziosa, quella che lo ha consegnato agli annali del fumetto italiano e mondiale, di cui ha curato tutti i testi e parte dei disegni.
Tacconi ha un’esperienza limitatissima nel genere western, quasi nulla. Dopo aver collaborato in precedenza con l’editore Torelli e con l’inglese Fleetway, negli anni settanta si divide tra le pubblicazioni di genere erotico ideate dalla coppia Giorgio Cavedon e Renzo Barbieri e lavori di vario genere per il Corriere dei Ragazzi, tra cui spicca il brillante Gli Aristocratici, con Alfredo Castelli ai testi.
Ispirandosi in parte all’ironia e ai toni da commedia presenti in quest’ultima opera, D’Antonio confeziona una storia che riesce ad esaltare il tratto del disegnatore milanese. In particolare, costruisce uno scenario bellico in cui Tacconi può esibire il suo talento come disegnatore di aeroplani, passione che nasce dal suo passato di marconista nella Regia Aeronautica, espressa già in passato per le avventure di guerra pubblicate per il mercato britannico.
L’uomo del deserto risulta uno degli episodi più divertenti e riusciti di tutta la collana, grazie ad un ritmo sostenuto, a personaggi caratterizzati alla perfezione e ad un contesto storico che ci fa rivivere le avventure dell’ufficiale dell’esercito di Sua Maestà britannica Thomas Edward Lawrence, meglio conosciuto come Lawrence d’Arabia. Il protagonista però non è il colonnello Lawrence, bensì un più comune soldato inglese con aspirazioni da pilota della RAF – Bertram Prott – e una spia russa al soldo dei Turchi, la baronessa Tania Zarova.
Tacconi, a partire dalla folgorante copertina, confeziona un lavoro egregio, dando una marcata espressività ai personaggi, realizzando in modo realistico non solo gli aeroplani di cui è maestro, ma anche veicoli come una Rolls Royce d’annata e le armi utilizzate (mitragliatrici e fucili) nella prima guerra mondiale.
Un lavoro che, a buon diritto, lo pone al livello degli altri interpreti che lo hanno preceduto nei volumi della collana, nomi prestigiosi come Sergio Toppi, Dino Battaglia e Hugo Pratt.
La coppia D’Antonio-Tacconi funziona: nasce quindi una collaborazione su Il Giornalino, di cui D’Antonio da diversi anni è uno degli autori. Vengono riprese le avventure di una sua creatura, l’adolescente Susanna, ragazza moderna tutta pepe, dall’intelligenza sveglia e dal carattere dinamico, apparsa in precedenza nel Giornalino del 1975.
Le nuove avventure dal titolo Susanna: rotta a ovest, vedranno la luce nei primi mesi del 1978.
Passano un pò più di due anni prima di rivedere il duo alle prese con una nuova uscita, L’uomo di Rangoon, trentesimo e ultimo episodio della collana Un uomo un’Avventura.
L’episodio segue la scia del precedente lavoro della coppia, ovvero una storia che mischia commedia e dramma, sullo sfondo di una guerra lontana e meno nota di altre: quella che ha visto fronteggiarsi l’Impero del Sol Levante e la Cina di Chiang Kai-shek. Il protagonista è Duke Moran, spericolato pilota acrobatico americano che, attratto dal generoso ingaggio, decide di arruolarsi nell’American Volunteer Group, nota anche come Tigri volanti, unità di combattimento aerea composta da piloti civili al soldo della Cina nazionalista.
Di stanza a Rangoon in Birmania, Duke vive insieme all’amico Smiley le sue avventure militari fatte di duelli in cielo contro i temibili caccia Zero nipponici e trappole ordite da belle spie in gonnella. In tutto questo è onnipresente l’ex fiamma del pilota, la svampita Rosie, tanto generosa e innamorata quanto maldestra e inaffidabile.
Meno brillante rispetto al precedente L’uomo del deserto, la storia risulta anche più amara e termina con una nota di tristezza.
D’altra parte il lavoro di Tacconi risulta sempre convincente, potendo rappresentare con la consueta efficacia e l’inestimabile bravura i duelli aerei tanto cari al disegnatore, presenti in numerose pagine.
Ma non sono solo le rappresentazioni belliche a far sfoggio nelle sue tavole: Tacconi, da tempo, ha maturato un suo personale e riconoscibilissimo stile, fatto di una sintesi in cui riesce a raggiungere la massima espressività. Utilizza sapientemente la linea chiara e cura con molta attenzione ambiente e particolari di ogni vignetta, dando quindi sempre un taglio estremamente realistico.
Nel marzo 1983 viene pubblicato sulle pagine della rivista Orient Express Mac lo Straniero, nuova affascinante opera della coppia di autori, stavolta dal taglio fantascientifico. Non manca il tema bellico, in cui fa capolino anche un giovane Hitler, caporale tedesco impegnato nella prima guerra mondiale.
Le avventure partono da un futuro lontano in cui le formiche, riuscite ad evolversi e a dominare il mondo, sono in procinto di sterminare la razza umana. Un unico uomo può cambiare quella tremenda realtà, tornando nel passato e cercando di variare gli avvenimenti che hanno determinato quella catastrofica situazione. Da qui vivremo le avventure dello Straniero che incroceranno velocemente quelle dell’affascinante avventuriera Cassandra che, dopo un’iniziale diffidenza, deciderà di aiutare quel misterioso uomo venuto dal futuro, finendo a sua volta per innamorarsene.
L’opera divisa in tre parti – Il lungo viaggio, Verdi campi di Fiandra e Ultimo atto – riscuoterà un buon successo tra i lettori e verrà ristampata nella collana antologica Orient Express – I protagonisti delle Edizioni L’Isola Trovata.
La collaborazione tra i due artisti torna a dare frutti nuovamente sul Giornalino che – tra l’ottobre del 1986 e il giugno del 1988 – pubblica Uomini senza gloria, splendido affresco storico sulla Seconda Guerra Mondiale. Se i testi sono sempre appannaggio di D’Antonio, i disegni saranno divisi tra lo stesso sceneggiatore e Tacconi.
Un’opera emozionante sia per lo sforzo profuso che per il risultato finale raggiunto, ben lontano dalla sterilità di altre opere simili dal taglio prettamente didascalico.
All’interno del rigoroso ordine cronologico degli eventi bellici, D’Antonio & Tacconi scelgono di raccontare in ogni episodio alcune storie di fantasia ma del tutto verosimili, in modo da dare maggiore enfasi al racconto restando sempre al servizio della Storia reale. In quest’opera si ragiona per emozioni, come quelle che presentano la capitolazione tedesca a Stalingrado, in cui un giornalista tedesco cerca di raccontare al popolo germanico le disperate condizioni della 6^ Armata del generale Von Paulus, ormai in balia della controffensiva sovietica del novembre 1942, rinunciando quindi alla consueta propaganda hitleriana.
Altro drammatico racconto è quello di una ragazza giapponese che, al momento dello scoppio dell’atomica di Hiroshima, si trovava a passeggio con un gruppo di bambini e li vede letteralmente volare via.
Storie di fantasia all’interno della grande Storia, due grandi artisti per una bellissima serie. L’opera verrà ristampata in otto volumi all’interno della collana degli Albi di Orient Express targati Edizioni L’Isola Trovata / Sergio Bonelli Editore, con il più appropriato nome di Seconda Guerra Mondiale.
A differenza di D’Antonio, quello che manca ancora a Tacconi è la partecipazione ad una serie bonelliana a personaggio fisso, ulteriore passo verso una consacrazione del suo talento presso il grande pubblico.
Detto, fatto: nel 1989 ecco il debutto sulle pagine di Dylan Dog, per il quale firmerà quattro episodi e, successivamente, anche uno per Mister No. L’incontro con D’Antonio sarà invece sulle pagine di Nick Raider, il detective della squadra omicidi di New York creato dalla penna di Claudio Nizzi, con la storia Mercanti di morte ospitata nell’Almanacco del Giallo 1994.
Lo sceneggiatore milanese è già da qualche anno uno degli autori della serie curata da Renato Queirolo, dando un contributo importante non solo grazie alla sua indubbia professionalità, ma soprattutto ad una costante qualità di storie che sanno sempre affrontare temi diversi e scottanti. Ne è una prova il debutto di Tacconi sulla serie regolare (il n.99 I sanguinari), in cui D’Antonio inserisce – all’interno di una tiratissima caccia ad un pericoloso delinquente russo – una banda di terroristi islamici, guidati dal fanatico Mahdi. Nick Raider e il fido Marvin dovranno collaborare con il Mossad, l’efficientissimo servizio segreto israeliano, per sventare un attentato che la cellula islamica sta progettando proprio a New York.
Tacconi disegnerà altre quattro storie della serie regolare di Nick Raider, sempre con sceneggiature del fidato D’Antonio: Bella di sera (n.112), Il drago rosso (n.123), I figli del male (n.138) e Bonnie e Clyde (n.150).
L’ultima storia a lui affidata è La prova del fuoco, presente nell’Almanacco del Giallo 2003, di cui Tacconi completerà solo poco più di metà delle tavole in quanto motivi di salute gli impediranno di portarla a termine (il resto sarà affidato a Luigi Siniscalchi).
Negli ultimi tempi, difatti, era subentrato un grave problema alla vista che gli rendeva sempre più faticoso disegnare. Questo si aggiungeva ad anni funestati da perdite dolorosissime, quali il suicidio del figlio e la scomparsa della moglie Lidia. L’undici maggio 2006 Tacconi si spegne nella sua Milano, volando in quei cieli solcati innumerevoli volte nella fantasia. Pochi mesi più tardi verrà a mancare anche Gino D’Antonio, lasciando un vuoto incolmabile in quel mondo dei fumetti cui aveva regalato capolavori dal valore inestimabile.
Finirà così il connubio tra due autori che hanno saputo ottenere il meglio l’uno dall’altro: Tacconi ha beneficiato di testi intelligenti, a volte geniali, mai banali; D’Antonio di quello stile raffinato ed elegante, costante nella qualità, tecnicamente ineccepibile ma nel quale pulsa sempre il cuore della passione.