Tutto nasce da una mostra d’arte. C’è la storia, la memoria, l’accoglienza e quel senso di italianità che sa guidarci nei momenti difficili.
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I fumetti d’inchiesta che raccontano di storie, luoghi e persone che vogliono cambiare il mondo.
Questa storia ci catapulta alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in provincia di Bergamo. Tra presente e passato, questo racconto a fumetti si fa portatore di memoria a tutti gli effetti.
Ci troviamo a Bonate Sopra (BG) dove, grazie ad un intenso lavoro di ricerca svolto dal Club Free Time For Us, viene realizzata una mostra – dal titolo Le nostre radici:1943 – che ha raccolto le testimonianze di una ventina di famiglie storiche del paese, protagoniste di un grande atto di solidarietà verso i prigionieri fuggiti dal campo di concentramento P.G. n°62 di Grumello del Piano in seguito all’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
Prima di iniziare a leggere questo esempio di graphic journalism (anche se preferirei chiamarlo graphic memoir per via della sua struttura grafica, ma ne parleremo dopo) ero immerso nella lettura di Una questione privata di Beppe Fenoglio, romanzo che è incastonato nella stessa epoca del fumetto e, anch’esso, ambientato nelle zone del Nord Italia e che racconta la storia di alcune fazioni di partigiani che difendevano i confini contro i fascisti. Ma il libro di Fenoglio è anche una storia d’amore in tempi difficili.
Mi sono ritrovato, nel giro di pochi giorni, immerso negli anni ‘40 a vivere le storie di questi protagonisti, romanzo prima e fumetto dopo. Quasi fossero parte della stessa visione di vita.
Coincidenza molto bella che mi porta non solo a parlarne e condividerne i pensieri ma, soprattutto, a cercare di divulgare quanto più possibile le due opere.
Dopo questa breve – ma necessaria – digressione, torniamo a parlare de Le nostre radici: 1943.
Il soggetto di Laura Rottoli è molto delicato: raccontare la storia di un gruppo di famiglie che dà accoglienza a dei fuggitivi durante la Guerra. Questo atto di altruismo non è semplicemente una questione umana affascinante, ma si rafforza quando si capisce la difficoltà del gesto in sé. Accogliere, aiutare, nascondere dei fuggitivi da un campo di concentramento in tempi di guerra è molto pericoloso, un reato passibile di condanna.
Nonostante ciò, alcune famiglie decisero di correre questo rischio facendosi carico di un’umanità forte e amorevole.
Il fumetto cammina su queste tangenti, tra racconto del presente (nel momento in cui viene realizzata e inaugurata la mostra) e amarcord, carico di forti emozioni, tanto da portare il sottoscritto ad avere un tremito nel corpo, quel brivido di consapevolezza che conferma la grandiosità di questi racconti.
Le testimonianze dei protagonisti sono tra l’altro raccolte in un libro che ne racchiude tutta la vicenda, con tanto di riferimenti e mappe dove, ai tempi, venivano accolti. Tra sottotetti angusti, cornicioni della chiesa, case e luoghi che di sicuro (nel senso di protezione) avevano ben poco ma che sono stati perfetti per “nasconderli” al di là di tutto, correndo grossi rischi: chiunque poteva rivendicare le 1800 lire promesse a chi scovava i prigionieri fuggitivi per restituirli al Governo Italiano. Gran parte dei fuggitivi erano jugoslavi o greci – e molti semplicemente Ebrei.
Il fumetto si fa vivo nelle sue svariate emozioni, anche grazie al lavoro straordinario di Roberta Garzillo che disegna, taglia, incolla, colora attraverso un metodo senza eguali.
Il suo stile è singolare, perché riesce attraverso ritagli e collage a dare vita, tempo e profondità ad un lavoro bidimensionale, e ha la capacità di far emergere i personaggi come fossero “reali” attraverso i ritagli fatti con carta trasparente, muovendoli nel contesto della narrazione un po’ come si faceva con la tecnica dell’animazione quando era realizzata a mano. A tratti si intravedono le classiche scanalature del cartone su cui l’autrice disegna e colora.
E, come scrivevo poco sopra, questo fumetto diventa anche un graphic memoir, perché si fa carico di quei ricordi e testimonianze reali attraverso l’uso di documenti d’archivio, fotografie dell’epoca, trascrizioni e atti che ne sanciscono la sua effettiva natura. Si racconta una verità.
Questo fumetto – come anche il libro – può essere letto gratuitamente sul sito di Stormi, progetto che nasce sotto l’ala della casa editrice Becco Giallo e che racconta attraverso il graphic journalism storie di impegno civile.
Parlare, condividere, tramandare queste storie non dovrebbe essere un fatto eccezionale. Dovrebbe essere un atto dovuto nei confronti di chi ha vissuto sulla propria pelle gli orrori di un’epoca che difficilmente ci toglieremo dalla mente e dai libri di storia.
Parlarne qui, con quei lettori che vorranno allo stesso modo divulgare anche il racconto, mi rende partecipe di un percorso che non è esclusivamente fine a sé stesso.
La memoria non va solo preservata, non più! Deve essere un atto di resistenza, deve continuare a lottare, a rifarsi carico delle nuove tendenze e soverchiare i politici affinché possa introdursi nelle menti dello stato civile ad ogni età, grado e formazione. Così può continuare a crearsi un futuro carico di Storia.
Le nostre radici: 1943
di Laura Rottoli e Roberta Garzillo
Stormi (2024)
colore, webcomics