Giorno senza fine

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1979: il Lanciostory n° 45 della V annata fu un albo davvero speciale, in quanto vi debuttarono contemporaneamente due nuove serie e inoltre, in copertina, veniva dato ampio risalto anche al “primo superfumetto tuttocolore” (e l’enfasi mi sembrava fuori luogo, pensando al fatto che già nel Numero 0 del 1975 c’era un fumetto completamente a colori, disegnato da Garcia Seijas…).
La mia attenzione si concentrò sulle due nuove serie, entrambe – curiosamente – di stampo post-apocalittico anche se con presupposti iniziali completamente diversi: infatti, se Barbara puntava decisamente sugli eccezionali disegni di Juan Zanotto e sulla prorompente bellezza della protagonista, calata in una civiltà apparentemente regredita a un’epoca primitiva da scoprire a poco a poco negli episodi successivi, Giorno senza fine si svolgeva a Los Angeles ai giorni nostri e proponeva un misterioso terremoto che sconvolgeva la vita sulla Terra, provocando la “mummificazione” di chiunque si trovasse in superficie e generando uno sconvolgimento climatico globale, con innalzamento della temperatura e altre conseguenze inspiegabili.

Inutile dire che mi appassionai subito a questa seconda serie – 100% Made in Italy in quanto era scritta da Michele Gazzarri e disegnata da Franco Saudelli – perché la situazione di partenza mi ricordava molto il mio amato Eternauta: ambientazione contemporanea, un cataclisma inspiegabile, lo sterminio (quanto meno apparente) del genere umano, il salvataggio fortunoso di pochi sopravvissuti… Naturalmente, le analogie non riguardavano lo svolgimento successivo della trama: se L’Eternauta era la ristampa della serie originale a striscia (e quindi la scansione dei singoli episodi era spesso legata al caso), Giorno senza fine proponeva una sorta di cliffhanger alla fine di ciascun episodio di dodici pagine. Proprio quello che serviva per tenere avvinta l’attenzione dei lettori, che ogni tre settimane scoprivano nuovi personaggi che si affiancavano ai due sopravvissuti iniziali (Ray ed Evelin) e nuovi particolari sul fenomeno che aveva cambiato la vita sul pianeta, compresa la “presa di coscienza” di animali e piante che sembravano volersi prendere la rivincita sul genere umano.

Se alcuni episodi erano un po’ più deboli di altri e alcuni passaggi richiedevano, francamente, una suspension of disbelief mooooolto robusta (tra i primi sopravvissuti incontrati dai protagonisti c’è il Professor Fowler… che, guarda caso, si era blindato nel sotterraneo del suo laboratorio in quanto aveva previsto – inascoltato – una “tempesta spaziale” e quindi potrà gestire l’aspetto scientifico della trama), devo ammettere che la fantascienza a volte un po’ ingenua della serie seppe alimentare la mia curiosità adolescenziale, vogliosa di scoprire se i sopravvissuti sarebbero riusciti a salvarsi e a uscire dalla “bolla” che li teneva segregati – anche se immagino che un lettore più smaliziato avrebbe capito con largo anticipo dove si andava a parare, con la spiegazione scientifica riassumibile nella doppia pagina che apriva l’ultimo episodio (consultabile qui per chi l’avesse dimenticata e/o non temesse lo spoiler). Quello che mi sorprese fu l’epilogo vero e proprio, drammatico e al tempo stesso poeticamente pieno di speranza per l’umanità sopravvissuta.

Una fantascienza, come dicevo, forse un po’ ingenua e “buonista” – lo scimpanzé che scriveva in italiano era indigeribile… – ma di sicuro impatto e di ottimo successo: pochi mesi dopo la sua fine, avvenuta nel primo numero del 1981 (di cui avevo curiosamente parlato qui, per altri motivi), la serie venne ristampata come inserto su Skorpio.

Giorno senza fine si compone di 24 episodi, apparsi su Lanciostory tra il 1979 e l’inizio del 1981, prima ogni 21 giorni per poi passare a una più serrata pubblicazione quattordicinale. I testi sono di Michele Gazzarri, poliedrico sceneggiatore che ha scritto per Topolino (sua la famosa parodia Sandopaper e la perla di Labuan), Diabolik e numerose altre case editrici italiane, prima di approdare all’Eura Editoriale e dare vita, tra l’altro, a Billy e Pupa in coppia con Guido Buzzelli e, nel 1983, a un’altra serie post-apocalittica intitolata Progetto Eden. Ai disegni troviamo invece Franco Saudelli, il cui tratto caratteristico è già ampiamente riconoscibile anche se ancora un po’ acerbo e lontano dalla maturità delle sue opere successive (tra cui sono naturalmente da segnalare La Bionda e una decina di albi di Dylan Dog per la Sergio Bonelli Editore).

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