In questi giorni, mentre stavo sfogliando alcuni Lanciostory della terza annata (1977) per un articolo di approfondimento sull’Eternauta che prima o poi scriverò per questa rubrica, mi sono imbattuto in una serie che, francamente, avevo quasi dimenticato: si tratta di Billy & Pupa, sceneggiata da Michele Gazzarri e disegnata da Guido Buzzelli.
Un momento: “quel” Guido Buzzelli? L’artista che, già una decina di anni prima, aveva sorpreso il mondo del fumetto con La rivolta dei racchi? L’artista che, con le sue storie provocanti, trasformava spesso i sogni in incubi anche grazie a un tratto decisamente originale, sporco, “brutto”, certo lontano dal gusto estetico generale? L’artista che fu “il primo a creare un fumetto liberamente, senza condizionamenti editoriali, partendo dalle sue grandi capacità di narratore-disegnatore e da un mondo fantastico che gli premeva dentro chiedendogli di uscire allo scoperto“? L’artista, insomma, che sarebbe poi stato apprezzato dal grande pubblico soltanto una decina d’anni dopo, quando disegnò il primo Texone – tenuto in naftalina per anni dall’editore Sergio Bonelli, timoroso che quel tratto particolarissimo non venisse apprezzato dai lettori tradizionalisti? Sì, proprio lui…
(La frase citata è di Luca Raffaelli ed è tratta dal volume dedicato a Buzzelli nella collana I classici del fumetto di Repubblica)
Naturalmente, queste valutazioni sono tutte fatte a posteriori. All’epoca mi ero limitato a leggere i 15 episodi di questa serie “giovanilistica” senza restarne particolarmente colpito e appassionandomi molto di più all’Eternauta e anche ad altri fumetti pubblicati in quegli albi. Billy e Pupa erano infatti due gemelli che frequentavano il college in California, insieme ad una ghenga variegata di amici, impegnati in casi “gialli” già visti in mille altre opere simili (ad esempio nei romanzi dei Fratelli Hardy e di Nancy Drew, che divoravo senza sosta insieme agli “hitchcockiani” Tre investigatori), la cui unica caratteristica peculiare era il “contatto mentale” che li univa e che spesso era determinante per la risoluzione delle indagini.
Se le tematiche affrontate, ogni tanto, erano blandamente più impegnate – in un episodio si parla di eutanasia, in uno di tossicodipendenza, in un altro ancora viene osteggiata l’unione tra una ragazza bianca e un negro (all’epoca non ci si poneva problemi nell’uso di questa parola) – i dialoghi “giovanilistici” erano spesso imbarazzanti:
“Tira fuori i liquidi, vecchio gufo [un cameriere]. Il nostro amico necessita subito di sgargarozzare un po’ di spirito.”
“Adesso portiamo via le zampe, altrimenti finisce male.”
“Dobbiamo cambiare una scarpa a questa caffettiera [un’auto con una ruota forata].”
E poi ancora “Alza i glutei”, “Vuota il sacco, pulcioso”, “Cavolo di Budda” (…) e altre amenità del genere…
Insomma: una delle tante serie senza infamia e senza lode, realizzate da autori italiani, che – in quei primi anni – affiancavano historietas di ben altro livello (a parte l’Eternauta, basterà citare Yor il cacciatore o L’uomo di Richmond). Però… Però, disegnata da Buzzelli, insomma da un fior d’artista, premiato a Lucca nel 1973 con lo Yellow Kid… MA senza che il suo nome apparisse da qualche parte: non sulla pagina della Posta, in cui talvolta venivano annunciate le nuove serie; non nella presentazione pubblicata nell’albo precedente a quello d’esordio o nell’ultima di copertina; e nemmeno sulle pagine del fumetto stesso.
Certo, all’epoca era una consuetudine che i fumetti pubblicati dall’Eura Editoriale non fossero “firmati” (e lo stesso Eternauta, nella pagina della Posta, venne liquidato con “un fumetto in più, omaggio della ditta!”), ma ad alcuni autori sudamericani era stata riservata ben altra accoglienza in sede di presentazione… E invece, ripeto, per Buzzelli zero assoluto – e nella quarta di copertina, in cui venivano appunto “presentati” i fumetti che sarebbero stati pubblicati nel numero successivo, il tono era invariabile: “Billy & Pupa, fratello e sorella, divertenti, modernissimi ragazzi con i quali sarà bello fare amicizia” (…).
Intendiamoci: Buzzelli era liberissimo di “prendersi una pausa” dal fumetto d’autore (che include la sua apparizione nella bonelliana Un uomo un’avventura con L’uomo del Bengala, su testi di Gino D’Antonio) e dedicarsi al fumetto “popolare” come molti onesti mestieranti pubblicati in quel periodo dall’Eura, ma – a posteriori, va sempre ricordato – mi ha davvero sorpreso la distanza siderale tra La rivolta dei racchi e un qualsiasi episodio di Billy & Pupa… e mi ha sorpreso anche l’assoluta “anonimità” con cui è stata gestita la sua presenza sulle pagine dell’Eura.
La cosa curiosa è che tale anonimità è stata poi attuata nel verso contrario: nel volume dei Classici di cui parlavo all’inizio, infatti, non c’è traccia di questa serie, mentre vengono ricordati i suoi contributi per Linus, AlterAlter, Comic Art e altre riviste analoghe, quasi come se Lanciostory e il suo gemello Skorpio fossero “troppo” popolari…
Billy & Pupa debutta nel 1977 sul n° 26 della III annata di Lanciostory, con tanto di strillone in copertina. I testi sono di Michele Gazzarri, che sarà poi autore di un paio di serie post-apocalittiche (di una di esse, Giorno senza fine, parlerò prossimamente in questa rubrica), mentre i disegni sono di Guido Buzzelli, che per l’Eura disegnerà inoltre – nel 1979 – la miniserie in quattro episodi Nevada Hill oltre a una manciata di “liberi”.
In totale, gli episodi di Billy & Pupa sono quindici, pubblicati con frequenza saltuaria. L’ultimo di essi appare nel n° 36 della IV annata di Lanciostory.
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