“Negli anni Settanta, le riviste settimanali a fumetti (fossero dell’Eura Editoriale, dell’Editrice Universo o di altri editori) erano accomunate dalla loro natura di “contenitore”: pubblicavano infatti fumetti di due tipi, le serie – più o meno lunghe, con protagonisti fissi – e i cosiddetti “liberi”, che oggi chiameremmo one-shot. Inevitabilmente, il pubblico si affezionava alle serie ed erano onestamente rari i casi in cui un fumetto “libero” fosse di un livello tale da colpire l’immaginario collettivo, a causa soprattutto della sua brevità: spesso e volentieri, infatti, non superava le 12-14 pagine.
Quando ho parlato con il mio amico Butch Walts, in un articolo di qualche tempo fa, dei fumetti pubblicati da Lanciostory e Skorpio, l’unico titolo di fumetto “libero” che mi ricordavo – a distanza di una quarantina d’anni dalla sua pubblicazione – era stato Testimonianza KR 816, apparso nel 1979 sui numeri 50 e 51 di Lanciostory…”
Così iniziavo, alcuni mesi fa, un mio articolo di questa rubrica in cui, appunto, parlavo dei fumetti “liberi” dei settimanali Eura. Qualche tempo dopo, ripensando a queste affermazioni, mi è tornato in mente un altro libero apparso su Lanciostory in quel periodo, un libero che mi aveva colpito grazie soprattutto a una battuta fulminante che ricordavo a distanza di oltre quarant’anni: “Siamo pazzi… non idioti”.
Si trattava del fumetto intitolato L’esercito di Balin, opera dell’affermata coppia Carlos Trillo / Enrique Breccia di cui ho già parlato per Robin delle stelle (in questo libero, Trillo era affiancato ai testi da tale Bequelò di cui – confesso – non sono riuscito a trovare alcun riferimento affidabile in rete…). Ricordavo benissimo la storia: Balin, aspirante cavaliere di ventura piuttosto scalcagnato, decide di aiutare una sfortunata donzella a riconquistare il suo castello e i suoi beni contro un perfido usurpatore e ci riuscirà… ottenendo l’aiuto di un gruppo di pazzi, condannati a morire affogati. Con essi dà l’assalto al castello e sconfigge con facilità gli avversari, paralizzati dalla paura suscitata dai pazzi. Inevitabile il lieto fine, con un’evocativa immagine a tutta pagina di Breccia che lascia indovinare i festeggiamenti dei pazzi e quelli di Balin tra le braccia della donzella.
Come già accaduto per Testimonianza KR 816, mi è venuta la curiosità di rileggere questa storia per verificare se i bei ricordi che avevo erano soltanto frutto della nostalgia: così mi sono procurato su eBay l’albo in questione, che era il primo pubblicato nel 1981. E lo dico subito: quella che mi era sembrata una storia quasi geniale… mi ha deluso abbastanza, risultando abbastanza scontata per quanto ancora piacevole nella sua prevedibilità (ma probabilmente mi sembra prevedibile ORA, dopo aver letto altre migliaia e migliaia di pagine a fumetti).
Ma non sto scrivendo questo articolo per ribadire concetti già espressi in precedenza, bensì per una curiosa coincidenza che mi ha colpito: l’albo che avevo tra le mani era, come dicevo, il primo apparso nel 1981, mentre il compianto Robin Wood avrebbe debuttato su Lanciostory esattamente un anno dopo, con il primo numero apparso nel 1982. E così ho iniziato una sorta di confronto a distanza, chiedendomi com’erano le riviste Eura quando Wood ancora non c’era e tentare di capire se la “colonizzazione” da parte dell’autore sudamericano fosse davvero tale fin dal suo esordio.
Vediamo quindi in dettaglio il numero 1 del 1981. La copertina è dedicata a Giorno senza fine, serie di fantascienza 100% Made in Italy (testi di Michele Gazzarri e disegni di Franco Saudelli) di cui appare proprio in questo numero l’ultimo episodio. Una serie che ricordo come piuttosto interessante – anche se, in taluni passaggi, un po’ troppo semplicistica e “buonista” – e che verrà ristampata già l’anno successivo in inserto su Skorpio.
Prima dell’episodio conclusivo di Giorno senza fine, però, il numero inizia con un altro fumetto, e cioè con il terzo episodio di Trapper – Jonathan Cartland, il western di Harlé e Blanc-Dumont di cui ho parlato nella rubrica BD Mon Amour. Ed è dello stesso genere anche il terzo fumetto di questo numero: si intitola Un uomo e il suo passato (gli autori non sono indicati nemmeno nei più recenti cataloghi online) e conferma quell’abbondanza quantitativa dei western di cui ho già parlato più volte – e di cui mi occuperò presto in un apposito articolo.
A seguire, un libero dalle venature thriller-horror, Prima che crescano – anche questo di autori sconosciuti – e L’esercito di Balin di cui parlavo in precedenza: questi due fumetti sono “separati” dall’inserto centrale, che si chiamava Offstory e che conteneva recensioni e classifiche di dischi, corredate da un articolo sportivo, due pagine di “passatempi” (parole incrociate, trova le differenze ecc.) e una pagina finale dedicata alla recensione di due libri.
Il blocco di fumetti finale includeva il libero di fantascienza Fuga tra le stelle, che aveva l’unico pregio di essere (forse) disegnato da Lucho Olivera; un episodio della serie Rook – uno dei pochissimi fumetti targati USA pubblicati dall’Eura Editoriale – in cui il protagonista viaggia nel tempo, bazzicando spesso il West (ma guarda un po’…); e infine un altro libero senza infamia e senza lode, Uno sguardo nel buio, scritto da Giovanna Morini e disegnato da Ivo Pavone.
Riepilogando, quindi: 8 fumetti in totale, di cui 3 episodi di serie e 5 liberi. La predominanza dei liberi era una caratteristica del periodo, anzi in alcuni casi era ancora più accentuata: nel numero successivo, ad esempio, prevarranno per 6 a 2 e solo di rado, nel 1981, si avranno numeri con 4 episodi di serie diverse (e una di tali serie sarà sempre una BD, in una continua alternanza di personaggi come spiegato in questo articolo).
Esattamente un anno dopo, Robin Wood debutta su Lanciostory con il primo episodio di Savarese (che sarà seguìto nel numero successivo dal primo episodio di un’altra sua famosa serie, Helena). Saltano subito all’occhio un’analogia e una differenza con l’anno prima:
– I liberi continuano a predominare quantitativamente, 6 a 2, con la stessa caratteristica di “senza infamia e senza lode” che li accomunava spesso (con la parziale eccezione di La preda, un libero di Barreiro & Rotundo); tra tali liberi, naturalmente, ce n’è uno di ambientazione western… L’unica altra serie presente in questo numero, oltre a Savarese, è Luc Orient.
– L’inserto centrale Offstory non c’è più da qualche numero (per la precisione, dal 48 dell’anno precedente), senza grandi rimpianti: onestamente, spesso e volentieri lo saltavo a piè pari… Verrà sostituito – dal numero 13 – da un inserto dedicato a un fumetto inedito, Conrack, un western (chi l’avrebbe detto?!?) di Collins & Repetto.
I numeri successivi di Lanciostory saranno poi caratterizzati dalla presenza costante di una serie di Wood – nei numeri dispari Savarese, in quelli pari Helena – a cui si aggiungerà Qui la legione a partire dal numero 36 di Skorpio.
La risposta alla domanda che mi ponevo in precedenza sulla cosiddetta “colonizzazione” è quindi semplice: c’è stata, certo, ma diluita nel tempo e non immediata. Nel 1982, considerando entrambe le riviste, vengono pubblicati 72 episodi firmati Wood, che passeranno a 125 già dal 1983 (con cinque serie diverse pubblicate nella stessa settimana in un paio di occasioni, quelle in cui apparvero i numeri 49 e 51 di entrambe le riviste: tre su Lanciostory e due su Skorpio). Ma di questo parlerò in dettaglio dal prossimo articolo di questa rubrica, che uscirà in concomitanza con il 40° anniversario del primo episodio di Savarese per un tuffo nel passato dedicato esclusivamente alla produzione di Robin Wood. Restate sintonizzati.
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