Dampyr n.303
“Doppio mondo”

Nell'Interzona è arrivato Ah Pook

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6.5/10

Con Doppio mondo, Gianmaria Contro prosegue il suo percorso autoriale all’interno dell’universo di Dampyr, muovendosi tra richiami al passato e nuove direzioni narrative. Al centro dell’albo torna uno dei temi cardine della serie: il viaggio tra mondi paralleli. Questa volta, però, il concept viene rinnovato attraverso l’introduzione dell’ “Interzona”, uno spazio liminale e perturbante che apre la serie a suggestioni inedite.

L’ispirazione principale è Schiavi dell’inferno (The Hellbound Heart, 1986) di Clive Barker, di cui Contro non tanto rielabora quanto riprende quasi pedissequamente la trama (edonismo, derive sessuali e sadomasochismo esclusi), innestandovi il personaggio di Dampyr. A questo impianto viene sovrapposta – più un accenno, in realtà – una patina burroughsiana mutuata da È arrivato Ah Pook, con l’introduzione della figura di Ah Pook. Tuttavia, dell’opera di Burroughs viene sacrificata l’intera componente satirica, avanguardistica e postmoderna, mantenendo solo la parte più psichedelica e sperimentale, utile a costruire l’alone visionario dell’Interzona. Contro riesce comunque a tenere vivi – sia da Barker che da Burroughs – i due grandi temi della morte e del tempo, che fanno da fil rouge all’intera vicenda.

La sceneggiatura è solida e in alcuni momenti suggestiva, anche se non sempre lineare: la struttura narrativa si fa talvolta ingarbugliata e complessa da seguire, ma riesce comunque a condurre il lettore lungo un percorso coerente. Pur non eccellendo in climax o momenti di reale tensione, l’atmosfera dell’Interzona rimane abbastanza rarefatta da risultare affascinante.

Il comparto grafico gioca su un interessante dualismo stilistico che, pur nella sua semplicità, funziona: Giovanni Talami, con il suo tratto classico e robusto, restituisce un mondo reale e rassicurante, mentre Antonello Catalano, con un segno più sfumato e filtrato, si prende carico delle visioni disarticolate dell’Interzona. La combinazione, lungi dall’essere dissonante, crea un’alternanza visiva efficace che accompagna bene il lettore nel continuo slittamento tra dimensioni.

Nonostante il comparto artistico si muova su coordinate molto distanti dall’immaginario concepito da Malcolm McNeill per l’opera di Burroughs (ignorandone completamente la profondità surreale), il risultato resta un lavoro ben fatto, funzionale alla narrazione e coerente nel suo dualismo stilistico.

VOTO
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Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

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