26 aprile 1986, ore 1:23 della notte.
La sala di controllo della Centrale Nucleare di Chernobyl entra in un fase critica: ne uscirà drammaticamente distrutta. Il reattore 4 esplode.
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I fumetti d’inchiesta che raccontano di storie, luoghi e persone che vogliono cambiare il mondo.
Pripyat è una cittadina situata a circa 150 chilometri da Kiev e poco distante dalla Centrale Nucleare di Chernobyl, costruita appositamente per i dipendenti della centrale e delle loro famiglie. Ad oggi, considerata l’alta percentuale di radiazioni ancora presenti, non ci vive nessuno e si presume che la vita nella cittadina potrebbe tornare ad essere “normale” tra 600 anni.
Il fumetto di cui parliamo oggi ci catapulta in un mondo che apparentemente sembra lontano da noi, ma non così poi tanto dalla realtà che in Europa stiamo vivendo. Chernobyl, di cosa sono fatte le nuvole è un’opera che racconta alcuni aspetti degli anni post-1986 ma che a quel fatto fa chiaramente riferimento.
Scritta e disegnata da Paolo Parisi, questo graphic journalism – con velati strati di intimità collettiva – ci dà un punto di vista non scontato della suddetta questione e, soprattutto, cerca di narrare (attraverso amarcord crudi e poco romantici) il disagio e la consapevolezza di quanto avvenuto e delle sue conseguenze durante gli anni a venire.
Il 1986 è stato un anno in cui i grandi fasti dell’Unione Sovietica stavano dissolvendosi. Si era partiti, anni prima, verso una sorta di ricostruzione dell’URSS, momento storico che sarà riconosciuto con il termine di Perestroika. L’esplosione della centrale nucleare e il suo drammatico retaggio non contribuirono certo ad una lungimirante visione della politica comunista, che da lì a pochi anni vedrà la sua fine più totale, quantomeno nei paesi dell’Est.
Parisi si espone attraverso una chiave di lettura più “concettuale” per un genere di fumetto come questo, lasciando da parte quei documenti che invece lo avrebbero elevato a qualcosa di più sostanziale e importante. Il fumettista, nella sua narrazione, porta il lettore dopo l’esplosione del reattore 4, consapevole che sia già a conoscenza di quanto successo. Questa scelta stilistica di scrittura gli permette di lasciare “da parte” alcuni aspetti storici e raccontare, in modo trasversale, la storia di un bambino che si fa grande negli anni post-esplosione.
Si insinua così un fattore di ricordi in cui, anche attraverso altri personaggi, la narrazione corre su linee e sguardi che portano allo stesso punto: una riflessione corale delle conseguenze che il disastro ha causato, tanto sulle persone quanto sull’ambiente.
Come accennavo poco prima, l’opera in sé risulta carente per i pochi approfondimenti che presenta, che potevano essere un arricchimento per la struttura narrativa ma risultano assenti e rendono il fumetto una visione esclusivamente sul dolore, sul dramma e sulla possibile realtà futura (vedi quanto poi successo a Fukushima, in Giappone).
Ecco, Chernobyl, di cosa sono fatte le nuvole offre una visione toccante e riflessiva sull’impatto del disastro nucleare, sia sul luogo che sulle persone colpite.
Dal punto di vista grafico, il fumetto esplora le sfumature dei toni di grigio, narrate con fare sapiente da Parisi, e immagini che invitano a riflettere sul costo di un errore assurdo. L’utilizzo del bianco & nero è strettamente relegato a pochi passaggi, alle linee di costruzione di alcuni personaggi piuttosto che di talune ambientazioni e/o di elementi scenografici, come a rafforzare una realtà già tetra di suo, enfatizzandone l’atmosfera per il lettore e portandolo a “ambientarsi” nel mondo contaminato del territorio e dei ricordi più cupi dei personaggi.
Tra gli elementi che più si susseguono nella storia, ci sono le nuvole (come del resto il sottotitolo ci rammenta), narratologiche e fondamentali per la scrittura e i disegni.
Sono presenze costanti e raffigurano – in maniera indiscutibile – la rappresentazione grafica della nube tossica che si poserà sui territori intorno alla centrale.
Gilles Clément, nel suo libro Nuvole (DeriveApprodi, 2010), ci ricorda come sia fondamentale l’importanza delle nuvole per la vita sul pianeta e come il loro ruolo nel ciclo dell’acqua e nel modellare i climi, come pure la loro osservazione, possano illuminare la nostra comprensione del vivere. E ritengo che il senso che Parisi ha voluto dare alla visione metaforica di questi elementi sia proprio questa: la conseguenza di una riflessione sulla vita e su come le nuvole possono essere portatrici di visioni e di influenze. Sono e saranno elementi contaminanti.
In conclusione, se non fosse per il mancato approfondimento di alcuni aspetti storici e antropologici, questo esempio di graphic journalism sarebbe stato un’opera davvero interessante sotto diversi punti di vista, ma così com’è perde di valore artistico. Del resto, però, a noi interessa il valore umano, di condivisione e questo ce lo facciamo bastare oltre ogni dubbio.
di Paolo Parisi
Becco Giallo (2011)
b/n, 128pg – 14,00€