Dove eravamo rimasti?

I prodromi del cross-over tra Martin Mystère & Nathan Never

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In vista dell’analisi del mega-evento che ha visto tornare ad agire assieme il Detective dell’impossibile e l’Agente Speciale Alfa del futuro, si è ritenuto di procedere preventivamente ad una sorta di (sicuramente non esaustiva) “analisi della bibliografia” per fornire al lettore una base minima di conoscenza necessaria a comprendere meglio lo scenario da cui l’evento stesso ha preso le mosse.

In principio, furono i Venerabili.

Esseri dall’aspetto rettiloide ma dalla postura eretta, la loro civiltà nacque e si sviluppò sul pianeta Terra in tempi remotissimi; una linea evolutiva parallela a quella dei dinosauri, con i quali convissero a lungo, soggiogandoli grazie al loro superiore intelletto, grazie al quale riuscirono a trascendere i limiti dello spazio e del tempo grazie alla creazione di particolari portali “Stargate–like”, detti passaggi di energia (e successivamente soprannominati “porte di Ishtar”).

L’apice della loro evoluzione tecnologica fu raggiunto quando riuscirono a scindere la loro stessa natura, isolando la parte buona da quella malvagia (gli Shra); come però la storia ha a più riprese insegnato – da Jekyll/Hyde al pianeta proibito, giusto per non scomodare il Bardo di Stratford-upon-Avon – l’una parte non può coesistere senza l’altra, per cui una lunga sanguinosa guerra tra Venerabili e Shra ebbe luogo al largo del remoto pianeta Keram, portando entrambe le fazioni sull’orlo dell’estinzione.
Nel frattempo, grazie alle conoscenze acquisite, i Venerabili crearono delle sorte di capsule temporali simili a uova, che permisero ad alcuni di loro di sopravvivere, ibernati nelle viscere del nostro pianeta. Risvegliandosi periodicamente, assistettero in qualche modo alla nascita della civiltà umana, e in epoca babilonese strinsero con alcuni uomini una formale alleanza, la quale si tramutò in una sorta di organizzazione segret(issim)a soprannominata Ha–Rash, segretamente prosperata fino all’epoca di Nathan Never.

È a questo punto che Vietti, nel lontano 1998, introdusse nella serie mensile la sottotrama incentrata sui Venerabili con una sorta di soft killer application: ad un primo albo di carattere più o meno introduttivo, infatti, fece séguito a pochi mesi di distanza una storia doppia in cui Nathan, Legs, Hadija e un Branko novello agente Alfa decisero di aiutare Aron (sorta di alto funzionario dell’organizzazione Ha–Rash) a sferrare un attacco decisivo contro l’ultimo Shra, sopravvissuto chissà come alla guerra di cui sopra, e in rotta di collisione con la Terra grazie alla sua peculiare conformazione di “nave-mondo” (un unico gigantesco essere organico capace di viaggiare nello spazio siderale) per scontrarsi con l’ultimo Venerabile sopravvissuto. Teatro dello scontro, le rovine dell’antica Babilonia, perfettamente conservatesi sottoterra per migliaia di anni, e sede principale della stessa organizzazione (setta?) Ha–Rash.
Com’è prevedibile, lo scontro, iniziato nelle viscere della nave-mondo e conclusosi in quel di Babilonia, al netto degli immancabili morti e feriti, si concluse con la mutua fine del Venerabile e della sua controparte – a latere, alcune all’epoca criptiche linee di dialogo tra Sigmund e Reiser avevano lo scopo di fare da apripista a quella “saga Alfa” che, prima di tante altre, avrebbe scosso dalle fondamenta l’universo narrativo di Nathan e compagni.

A partire da quel primo trittico di storie, il filone centrato sui Venerabili (con annessa Babilonia e dintorni) si è discretamente fatto strada tra le pagine di Nathan Never – nella menzionata saga Alfa già compaiono alcune conseguenze della vicenda avvenuta solo poco tempo prima – e oltre, sbarcando anche tra le pagine di Martin Mystère.

Nel 2002 l’ubiquo Vietti spediva Martin e Java in quel dell’altopiano dell’Ust-Urt, al séguito dell’antropologa Caterina Saratov, sulle tracce della leggendaria città di Laputa; due anni più tardi, la rediviva Beverly Howard-Carter li trascinava in un’avventura ai confini di “Jurassic Park”: fu in quell’occasione che anche il Detective dell’impossibile fece la conoscenza di un Venerabile, rinvenuto in Antartide grazie al diario del Capitano Nemo – giunto in possesso del nostro dopo un’altra avventura sempre a firma di Vietti, ma il discorso ci porterebbe troppo in là! – nonché della citata Ha–Rash.
A ben pensarci, era quasi scontato che anche Martin venisse incluso nella partita: dato che uno dei “motori” della serie a lui intitolata è sempre stato il perduto continente di Atlantide, e che nel corso del tempo molteplici cenni sono stati fatti a civiltà anche precedenti ad essa (Ruta e Daytia), l’introduzione di una civiltà avanzata ancora (e di gran lunga) precedente era uno spunto troppo ghiotto per lasciarlo “confinato” su una testata che non fosse quella creata da Castelli.

Tornando all’universo (editoriale) neveriano, nel 1997 vide la luce “Agenzia Alfa”, il primo dei molti spin-off della serie regolare, a vocazione (almeno inizialmente) più corale e con storie incentrate sui vari agenti Alfa, normalmente comprimari di Nathan; nel 2007 fu invece varato “Universo Alfa” che, a cadenza semestrale, si poneva lo scopo di approfondire le vicende di alcuni particolari personaggi.
In perfetta ottica di cross-over, Vietti ha continuato a seminare anche qui altri pezzi del suo crescente affresco, i cui esiti hanno però avuto alterne fortune. Si tratta nello specifico di due storyline, relativamente connesse anche tra di loro, ed entrambe incentrate su una figura femminile.

Da un lato abbiamo May Frayn: l’ex-ladra, ora tra i principali agenti operativi dell’Alfa, nell’avventura intitolata La città sepolta viene inviata a fare da scorta ad una spedizione archeologica nel famoso altopiano dell’Ust-Urt di cui si è già detto. Scopo della spedizione: la ricerca della leggendaria città di Laputa (sempre di cui sopra), seguendo le indicazioni dei diari di tal Caterina Saratov (idem con patate). L’interesse di Darver a che l’Alfa sia presente alla spedizione è legato al fatto che Vietti ha calato l’asso posizionando Laputa praticamente al numero civico immediatamente dopo i resti di Babilonia, ragion per cui – per evidenti ragioni geopolitiche multidimensionali – l’intera zona va tenuta accuratamente sotto controllo.
La narrazione è alquanto imprecisa nel collegarsi alla citata storia di MM: al di là della vicinanza tra Laputa e Babilonia (che in MM non viene presa in considerazione, e sì che la distanza tra i due siti è praticamente nulla), viene tirato in ballo un terzo sito, nel quale vive una popolazione che ha evidenti riferimenti fisici allo Shra: la cosa viene giustificata ipotizzando la persistenza di resti dello Shra dopo la battaglia avvenuta anni prima, e che potrebbe aver causato delle mutazioni nella popolazione indigena – sebbene ad un esame più accurato le tempistiche biologiche non sembrino collimare. Un’altra imprecisione è legata all’asserire che questo sito abitato da Shra-related gente fosse noto già all’epoca di Martin: si tratta chiaramente di un tentativo posticcio di collegare due storie concepite in epoche ben diverse, e che evidentemente solo in un secondo tempo si è deciso di inserire in un master plan – ma senza la possibilità di operare ret-conning.
Da sottolineare come alla fine della storia Branko – giunto in soccorso di May grazie a delle premonizioni della loro figlia telepate Kay – rinvenga un distintivo risalente al XX secolo, e recante la dicitura “Dipartimento 51”.

L’aspetto più particolare di questa deriva del filone legato ai Venerabili è che, durante tale avventura, May entra in una sorta di intima connessione telepatica con uno degli abitanti del luogo, un po’ sulla falsariga con quanto avvenuto a suo tempo con Legs Waver: senza scendere troppo nei dettagli, basti dire che questo spunto sarà poi alla base di un ulteriore peculiare approfondimento, che vedrà May tornare ancora due volte in quel luogo (dove tra l’altro il Consiglio di Sicurezza ha nel frattempo installato un’avanzatissima stazione di ricerca), e ciò la porterà anche ad una sorta di percorso di maturazione interiore.

Dall’altro lato l’attenzione si concentra invece su Nicole Bayeux: l’onnipresente Vietti la pone infatti al centro di un’intricata vicenda che rivelerà la presenza di una misteriosa anomalia spazio-temporale che collega la Città Est con la New York degli anni ’50 del XX secolo, con ogni probabilità appartenente ad un universo parallelo. Senza spingerci anche qui in disamine più specifiche, basti dire che alla fine Nicole si troverà intrappolata in questa realtà alternativa – lei che tra l’altro ci era stata presentata proprio come un’appassionata della vita e della cultura di quell’epoca.
Su queste premesse si innesta “Dipartimento 51”, uno dei sottofiloni ospitati da “Universo Alfa”, concepiti per espandere ulteriormente l’universo neveriano anche lontano (nel tempo come nello spazio) rispetto al contesto di partenza. Questa ennesima diramazione vede Nicole già inserita negli ingranaggi del nascente apparato federale americano post–seconda guerra mondiale, alla guida di un team comprendente Ray Kazinsky (ex-spia russa dal passato nebuloso) e Helios (mutato proveniente come lei dal futuro attraverso la medesima anomalia, e dalla caratterizzazione fin troppo simile a quella di Abe Sapien).

Coinvolta nel misterioso caso della sparizione di una coppia di fratelli, la squadra rinviene uno dei due, Johnny, in stato di shock, e si imbatte in una misteriosa creatura a quattro zampe capace di creare delle anomalie spazio-temporali. Curiosamente, Johnny sembra riuscire a ribaltare su questa creatura la propria paura, rendendola così in qualche modo controllabile.
Lo studio delle anomalie è proprio l’obiettivo della struttura alla quale Nicole e la sua squadra afferiscono, e in uno dei primi tentativi di attraversarne una si ritrovano in un ecosistema che ricorda molto da vicino quello di Babilonia, con diverse creature simili a Shadow (il nome che Johnny ha dato a quella da lui controllata); l’arrivo di un misterioso individuo con un’armatura dalla foggia steampunk li costringe alla fuga.
Ben presto lo scenario nel quale Nicole e la sua squadra – che ora comprende anche Johnny e Shadow – si trovano ad operare diventa sempre più ampio e complicato: apprendiamo infatti da Tyron (il tizio dell’armatura steampunk di cui prima) che le famose anomalie “[…] sono nate nel futuro da cui proviene Nicole, a causa dell’utilizzo di una tecnologia di viaggi spaziali sviluppata millenni prima da esseri conosciuti come i Venerabili”. Accanto a ciò, emerge la presenza di un misterioso manipolatore che, sfruttando tali anomalie, sta creando una situazione di caos su scala multidimensionale, servendosi anche di simbionti dimensionali di sua invenzione, ossia “[…] esseri nanocellulari che viaggiano nel multiverso in cerca di esseri ospiti”.

A conti fatti, quindi, il riferimento ai Venerabili si rivela qui poco più che accennato, sebbene siano loro la causa delle anomalie al centro della narrazione. Il focus è in realtà sul misterioso manipolatore, e nelle successive uscite di “Dipartimento 51” l’autore guiderà i suoi personaggi sulle labili tracce di questo sfuggente villain; a tale proposito, verrà fatta la conoscenza di tre famiglie di esploratori e scienziati di origine terrestre che da secoli avevano scoperto dell’esistenza del multiverso, e che ora costituiscono l’unica linea di difesa contro gli assalti del manipolatore: i Taylor, i Lahore e i Bayeux…
Quello di Nicole sembrerà quindi sempre più essere un ruolo vitale per la risoluzione dell’intera vicenda, e diversi indizi suggeriranno che Darver ne sapesse sulle anomalie molto più di quanto avesse dato a intendere, e anche che avesse pianificato fin dall’inizio di coinvolgere Nicole per degli scopi ben precisi.

Peccato che questa mini-serie sia rimasta senza un finale compiuto. Come già accennato, a metà degli anni ’10 del XXI secolo, dopo circa un ventennio di (più o meno) onorato servizio, Vietti ha intrapreso una nuova avventura editoriale, lasciando su Nathan non poche trame in sospeso; il suo è stato senza dubbio un lavoro monumentale, al netto di qualsivoglia critica, e già solo questa breve disamina – incentrata sugli sviluppi di uno specifico spunto narrativo – rende l’idea della sua cifra creativa e compositiva.
In aggiunta, al di là dei vari team-up che la casa editrice aveva già ospitato nel corso del tempo, è qui che sono state concretamente gettate le basi di quel “multiverso bonelliano” di cui si sta parlando ormai apertis verbis, ma il cui impatto all’epoca era molto di là dall’essere concretamente percepito.

In definitiva, già solo la potenziale complessità suggerita da questo corpus di spunti costituiva uno “scheletro nell’armadio” che non si sarebbe potuto ignorare ad libitum, ma altri ancora se ne sarebbero potuti enumerare, non soltanto legati al lavoro di Vietti, e non soltanto relativi a Nathan Never: molteplici sono infatti i collegamenti con Martin Mystère che sono emersi sin dai tempi del primo team-up, e la necessità di un lavoro altrettanto monumentale per riunirli a fattor comune ha di fatto fornito a Barone il combustibile adatto per raccogliere il guanto di questa immaginaria sfida.

 

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Oscar Tamburis

Da sempre convinto sostenitore della massima mysteriana "L'importante non è sapere le cose, ma fare finta di averle sempre sapute"

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