Guida critica alle storie brevi di Zerocalcare

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Michele Rech, in arte Zerocalcare (classe 1983) è un fumettista italiano. 

Questa pillola di biografia, quasi fosse una sinossi di ricerca su Google, è alquanto riduttiva per descrivere il personaggio che andremo ad approfondire. 

La vita – e la storia – di Zerocalcare è ben lontana da essere breve o banale anzi, è così complessa e varia che anche solo cercare di trovare una linea di pensiero per parlarne diventa difficile.

Persona impegnata nel sociale più di quanto si possa immaginare, con un’impronta politica che va oltre il mero impegno civico ed una coerenza umana e professionale da fare invidia a molti, Zero (nell’articolo ci capiterà di chiamarlo anche così) è una figura poliedrica del mondo del fumetto internazionale. Un artista capace di crearsi un percorso quasi dal nulla – da solo se vogliamo essere precisi – nel suo quartiere a Rebibbia, che lo ha cresciuto e accolto come parte integrante del vissuto, del quotidiano, della lotta politica e di quel maledetto senso di umanità che tutti dovremmo avere. 

In questo articolo, attraverso l’analisi delle sue storie, dei suoi disegni e dei suoi fumetti, proveremo a tracciare un percorso utile a comprendere la sua visione del mondo e della società, dalla vita di quartiere alla militanza dello Zero più combattente, fino a definire la sua necessità di coinvolgere il pubblico con la consapevolezza di guardare con attenzione e senso critico gli avvenimenti del nostro tempo e le difficoltà degli ultimi. 

Non a caso la maggior parte delle sue storie brevi è essenzialmente di stampo politico, eppure è tangibile l’evoluzione che lo stesso autore ha durante la sua lunga produzione.

È lampante, nel confronto tra le prime storie brevi e le ultime pubblicazioni, come Zero riesca a far evolvere la sua narrazione. Dal passamontagna alla bomboletta spray il suo stile diviene meno aneddotico e irruento, diventando più ragionato e programmatico. Il risultato è quello di opere che fomentano meno, ma emozionano e fanno ragionare molto di più. La consacrazione da parte di Marco Damilano sulla copertina de L’Espresso come “l’ultimo intellettuale” arriva infatti, non a caso, a latere delle sue pubblicazioni su Internazionale, Repubblica e L’Espresso stesso.

Esemplificativo di ciò sono le due serie di animazione per Netflix (“Strappare lungo i bordi” e “Questo mondo non mi renderà cattivo”, rispettivamente del 2021 e 2023), nelle quali esplode il lato emotivo e sentimentale che difficilmente, leggendo alcune sue storie, ci saremmo aspettati di vedere.

“La profezia dell’armadillo”, il passaggio a Bao Publishing e “Un polpo alla gola” hanno segnato una svolta per l’autore di Rebibbia. Ma Zero viene dalle storie brevi, settimanali, condivise prima sul sito web e poi sui social media.

Sono i primi anni, quelli in cui l’idea di imbarcarsi in una narrazione complessa e articolata in più di 40 pagine neanche lo sfiora.

Già nelle prime due storie lunghe sopra citate si nota come l’autore – rispetto alle vignette quotidiane e brevi – fatichi talvolta a trovare la strada della continuità narrativa che, invece, arriverà più in là. Perché Zero, negli anni, si è concentrato bene sul racconto breve, accomodandosi con i suoi tempi e la foliazione ridotta che gli permette, in poche pagine, di colpire forte al punto.

Un cecchino con matita e foglio – senza tergiversare e perdersi in complessi ragionamenti. Crescendo, pur acquisendo nuove capacità e abilità (sicuramente seguito da lungimiranti editor) è riuscito bene e con successo a sfornare “mallopponi”. Ma la sua comfort zone, quella che più amiamo e quella in cui riesce a definirsi al meglio, rimane la storia breve. 

Non tanto la vignetta (vedi Makkox, Mauro Biani, Natangelo), ma proprio il racconto breve, quello che potremmo chiamare con il termine inglese “one-shot”.

Le storie brevi che qui abbiamo scelto di raccontare (una selezione, vista la vastissima produzione dell’autore) hanno un impianto di militanza, di indipendenza, di sguardo alla società e alla politica contemporanea. Si nota, se avete bene in mente le storie, un crescendo della sua produzione – che non significa per forza arrivare a fare i libri (Bao, per intenderci) – ma maturare all’interno di quel circuito a lui molto caro e intimo. 

La nostra scelta, seppur soggettiva, cerca di analizzare attraverso un apparato critico ogni storia presente in questo approfondimento, cercando di proporvi uno sguardo alternativo sull’universo “calcareo” così da approcciarsi alla lettura delle storie con una visione e una profondità più consapevole. 

Perché leggere Zerocalcare – oggi, più che mai – significa prendere una posizione, significa metterci la faccia insieme a lui, significa avere uno sguardo differente sul mondo.

Guida alla storie brevi

La nostra storia alla sbarra
2004, SupportoLegale

Il G8 di Genova, nel 2001, è stato il battesimo politico e sociale per un’intera generazione di ragazzi italiani, quella nata negli anni ’80, i cosiddetti Millennials che, con quell’evento (sulla scia di quanto iniziato a Seattle), si scontrarono con la realtà della globalizzazione di un mondo che stava cambiando – e stava cambiando anche tanto velocemente.
Michele Rech, quel luglio 2001, come tanti suoi coetanei, era a Genova.
In questo breve racconto di tre anni dopo (realizzato per SupportoLegale), inizia a fare quello che continua a fare ancora oggi: la sua parte.
Lo stile è decisamente più grezzo del fumettista che conosciamo oggi, la narrazione è più spigolosa, manca la sottile ironia con cui l’autore è stato capace di imporsi negli ultimi anni, ma è presente e forte il senso di collettività e di impegno che contraddistingue, ancora oggi, tutti i suoi lavori.

Così come è preciso il punto di vista, personale e privato.
Zerocalcare non è estraneo alla vicenda, ne è partecipe. La storia e gli avvenimenti lo toccano in prima persona, non è e non sarà mai un cronista, sarà sempre un attivista. Questa dimensione, divenuta più ragionata, argomentata e critica – come vedremo – negli anni, qui è più netta e viscerale. Questo racconto non lascia spazio ad altri punti di vista, è una denuncia e una presa di posizione fortemente schierata e netta.
L’intelligenza narrativa che contraddistingue ancora oggi lo stile di Zerocalcare però, seppur ancora acerba (e legata, come detto, ad altre necessità), è qui già presente: gli aggressori sono rappresentati con sembianze animalesche o a volto coperto, una soluzione di “spiegelmaniana” memoria che accentua ancor di più il messaggio.
Una storia forte e concreta che raggiunge perfettamente lo scopo che si prefigge: schierarsi.

La colpa è che abbozzamo sempre
2008, In Zero tolleranza. Fumetti politicamente scorretti
BeccoGiallo Ed.

C’è sempre il tema della partecipazione, del non rimanere in silenzio. Visivamente più pulito, il tratto acquista adesso forza espressiva con una cura del dettaglio con cui viene arricchito ogni singolo passaggio.
Zerocalcare supera la satira politica tipica delle precedenti generazioni di narratori della nostra politica e società (da Forattini in poi) arricchendola con quegli aspetti che diventeranno topoi classici della sua maniera, tra tutti le citazioni alla cultura mainstream degli anni ‘80 e ‘90.

Sicuramente più ironico ma sempre diretto ed immediato. Il twist finale poi, per quanto metaforico, è decisamente forte.

A.F.A.B
2011, RadioSherwood
2013, “Ogni maledetto lunedì su due”, Bao Publishing

Il racconto breve A.F.A.B riprende le tematiche del G8, ma molti anni dopo. Dieci anni sono tanti e permettono all’autore sia di crescere come narratore – esplorando nuove forme e tipologie di giornalismo – sia di mutare il sentimento nei confronti della vicenda vissuta.
Se il punto di vista, come di consueto, rimane personale, viene meno questa volta la rabbia e la paura per quanto accaduto. Ed ecco che i sentimenti di paura e la necessità di giustizia tanto forti nel precedente racconto, ovvi (vista la concomitanza con gli eventi) mutano in una ricerca più profonda e critica delle motivazioni e delle sfumature. Non abbiamo più, quindi, semplici e feroci carnefici, abbiamo invece una situazione allucinata che corrompe gli animi ed esacerba le tensioni.

Una lettura e interpretazione all’apparenza banale, ma che in realtà ricorda il lavoro di Hannah Arendt “La banalità del male” (con le giuste e doverose proporzioni). Il tutto raccontato con quella paradossale ironia che diverrà un “marchio” classico dell’artista.

Il Bignami del Balocco Studenteschio
2011, ANTIFA!nzine n.1

Pubblicato nel primo numero della rivista a fumetti ANTIFA!nzine, questo breve racconto di Zerocalcare è irriverente, quasi da risultare colorato. Metafora che ci aiuta a capire il senso di come l’autore imposti non solo la scrittura ma, soprattutto, la “visione” grafica.
Paradossalmente potremmo dire che, visto che sullo sfondo Zero ci parla di giovani fascisti all’interno del sistema scolastico, si va a prediligere quel “colore nero” usato fin da tempi lontani per ricordare e rimarcare il movimento. E il suo b/n rafforza la tesi per la quale il “fascio” approda e crea disordine nel mondo studentesco.
Diviso in 7 punti in cui l’autore ci spiega come orientarsi nella galassia fognaria del movimento “casabound” e di tutte le faccende losche e brutte che da esso derivano, mette soprattutto in risalto il fattore ‘consigli’: quasi a mostrarci la guida per riconoscere questa tipologia di uomo preistorico e di come starne fieramente alla larga.

Quando Zerocalcare scrive e disegna su progetti che hanno la bellezza di essere prettamente indipendenti, viene fuori un lato diverso dell’artista, più duro, più militante.

Il mondo perfetto
2014, Wired Italia

Volendo forzare un po’ la mano per creare un ragionamento attorno ai lavori di Zerocalcare, questo episodio potrebbe rappresentare la necessità della ricerca di una cifra narrativa nuova e personale. Il confronto costante con l’ambiente circostante e la diffusa tendenza umana a lasciarsi andare a sproloqui lapidari sui social network ha esposto Zero ad una serie di “accolli” tutt’altro che piacevoli.

Argomentare, discutere e spiegare, ponendo in discussione soluzioni e conseguenze delle proprie scelte è lavoro complesso e necessita di tanta forza. La ricerca di una sintesi funzionale alla veicolazione del messaggio che, prima che politico è sociale, passa anche da “passi falsi” e fraintendimenti come quello raccontato in questa breve storia.
Altresì vi è, da parte dell’autore, la necessità di comunicare tematiche e concetti in maniera nuova rispetto alle modalità già proposte da film e libri.

La ricerca e la sintesi narrativa è ancora distante, l’artista dovrà fare – e farà ancora – tanta ricerca.
Ma la scelta di perseguire questa linea, in contrapposizione ai classici slogan fuorvianti (e talvolta offensivi) lo iscrive perfettamente a quella cerchia di intellettuali che non si arrende alle semplificazioni.

Terrorismo e universi paralleli
(per Claudio, Chiara, Mattia, Niccolò)

2014, Movimento NO TAV

Con lucida ironia Zerocalcare spiega la sconcertante linea vendicativa e persecutoria della procura di Torino nei confronti di quattro attivisti No TAV: Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, rei di aver bruciato un compressore nei cantieri della TAV nel maggio 2013.
L’accusa, per loro, è stata di terrorismo.

Lo sgomento di Zerocalcare, per quanto pungente e fazioso, non manca di sottili e raffinati voli pindarici utili tanto a enfatizzare con la vicenda, quanto a raccontarla. Uno stile sempre più efficace e sintetico che nasce da un concetto, vive attraverso un’idea e arriva dritta al punto. Un gioco di sintesi efficace che lascia poco spazio a dibattiti e argomentazioni, ma che assolve comunque, bene, al proprio compito.

Nota a margine: I quattro sono poi stati assolti dall’accusa di terrorismo “perché il fatto non sussiste”. Sono stati invece condannati a 3 anni e sei mesi di reclusione (e multa) con l’accusa di danneggiamento aggravato, porto d’arma da guerra e violenza a pubblico ufficiale.

Fonte: fanpage.it del 17 dicembre 2014

Kobane Calling
2015, Internazionale n.1085

Così, come bere un bicchier d’acqua, Zero ci catapulta all’interno di una lotta portandoci al confine tra Siria e Turchia per parlarci di Kobane, la città sotto controllo dell’Isis.
Nel farlo, il fumettista si ferma a Mesher, piccolo villaggio situato nella zona di confine, dove si intravede Kobane dai tetti delle case di fango.
Un racconto pubblicato dapprima su Internazionale, poi in un volume unico della Bao Publishing, che suscita tante emozioni, tanta rabbia e, soprattutto, palesa senza mezzi termini quanto questo mondo sia anche un posto davvero brutto, un mondo in cui esistono persone a cui non frega niente se dei bambini vengono ammazzati.

Zerocalcare riesce a restituirci un resoconto emotivamente toccante, ma con quel pizzico di ironia che tanto bene sa usare, facendoci capire in poche pagine più di quanto non abbiano fatto i luminari della geopolitica, né tanto meno i quotidiani e/o i siti d’informazione.

Il suo livello di scrittura e disegni è ormai alto, con tocchi raffinati che donano quel senso di grazia alla linea grafica.
Anche parlando di guerra, in queste tavole, si respira un forte vento di poesia, di quella che aiuta la mente a riflettere.
Perché in primis, nella visione della vita di Zerocalcare, c’è quel senso di umanità tanto impellente da non poterne stare alla larga.

Piuttosto che arrendersi, meglio lottare.

Per approfondire, qui l’articolo di Massimo Cappelli che analizza il graphic novel pubblicato da Bao Publishing.

La città del decoro – nella città dei puffi
2015, La Repubblica

Zerocalcare decide di raccontare il conflitto tra Curdi e Stato Islamico in corso lungo il confine turco-siriano. Per farlo non si limita ad una raccolta di fonti e informazioni ma, come sempre nella sua letteratura, decide di raccontarlo in prima persona. Ponendo quindi il suo sguardo e la sua interpretazione al servizio del racconto.

Per farlo viaggia tra Turchia, Iraq e Siria, convive con i partigiani e condivide con loro la quotidianità della resistenza.
Senza troppa apologia, Zerocalcare – con queste produzioni raccontate a puntate su Internazionale e poi pubblicate in volume per Bao Publishing – si arroga il diritto, che piaccia o meno, di affiancare altri grandi narratori del graphic journalism, quali ad esempio Guy Delisle, Joe Sacco e Takoua Ben Mohamed, aggiornandone il linguaggio.

Ne viene fuori, grazie ad uno stile maturo, ironico e romantico, un racconto appassionato e lucido che permette una totale immedesimazione con le vicende narrate e una precisa analisi della situazione sociale e politica. Inoltre, la riflessione personale e individuale costringe il lettore a sentirsi parte in causa: perché, come detto, Zerocalcare è lì, ed è lui, attraverso il suo sguardo e la sua cultura, che è anche la nostra, che ci racconta il tutto.

Come sopravvivere alle serie TV
2015, Best Movie

Sin dai suoi esordi, sul blog, ogni lunedì, Zerocalcare ha esplorato il contesto generazionale e quotidiano delle sue passioni, dei suoi interessi e del suo microcosmo.
Microcosmo comune ad una generazione intera, quella dei Millennials come visto, fatto anche (e soprattutto) di serie TV che, in quegli anni, stavano vivendo una nuova primavera.
Le interferenze / influenze / citazioni dal mondo seriale sono sempre state presenti nei suoi racconti. In questa breve “guida” lo stile di Zerocalcare, già maturo, è perfettamente in equilibrio tra ironia e devozione per il medium narrato.
Se Zerocalcare si è imposto con forza nel panorama fumettistico e culturale italiano, molto è dipeso anche dalla sua capacità di raccontare, con intelligenza e ironia, i topoi di un decennio.

Tra questi, Lost, Game of Thrones e Breaking Bad visti a tarda notte con i sottotitoli di ITASA rappresentano una pietra miliare della generazione di Michele Rech.

Ferro e fiume
2015, Internazionale n. 1122

Uscito sul settimanale Internazionale, a poco tempo di distanza da Kobane Calling, questo breve racconto di Zero è ambientato sempre in zona di guerra, sempre vicino a Kobane, sempre sul territorio di Rojava.
Una visione differente, con uno sguardo che butta l’occhio anche alla questione femminile, non solo perché il comandante della resistenza è una donna ma anche per il fatto che spesso, in Occidente, si parla di questi luoghi e persone solo ed esclusivamente attraverso notizie fittizie o addirittura non corrette, in chiave prettamente misogina.

Zerocalcare, come del resto gli capita spesso di fare, racconta le situazioni non per “sentito dire” ma vivendo i luoghi in questione, attraverso quello sguardo dal tocco ironico e umano.

Questo racconto (come altri del genere) è parte di quello che chiamiamo graphic journalism, ma meno d’inchiesta (con documenti, dati, statistiche, per intenderci) ma più relazionale, umano, di sangue.
Un’altra storia breve che mette il punto su una situazione che, anche se scritta nel 2015, rimane – purtroppo – ancora attuale.
Con grande impegno, il fumettista romano riesce a donarci una cartolina diversa da quell’ipocrita visione che ci viene propinata da gran parte dei media di informazione.

Così passi dalla parte del torto
2016, La rabbia, Einaudi Stile Libero Extra

Ancora una volta Zerocalcare, per spiegare il suo punto di vista, utilizza il parallelismo tra due questioni simili ma distanti (di solito una è una questione/evento personale con una grammatica ben definita, e l’altra è una questione politica/sociale non ancora ben codificata o, in alternativa, la cui codificazione sta subendo manipolazioni).
In questo episodio, infatti, le avventure giovanili e la tendenza ad “attaccar briga” diventano pretesto per narrare un diverso tipo di violenza, quello polemico da tastiera – appunto.

Meno lucido del solito, perché magari le vessazioni subite in prima persona sono sempre tante e costanti, ma ugualmente sempre attento e puntuale nel descrivere sfumature e dinamiche. Evitando di porsi come portatore di verità, preferisce spostare il focus della narrazione sulla percezione e la comprensione degli atteggiamenti altrui.

La grammatica di Zerocalcare è fatta anche del substrato sociale in cui ha vissuto e in cui continua a vivere: nel suo caso, il quartiere di Rebibbia a Roma.
Come già analizzato nella recensione di Scheletri, tale ambiente diventa fondamentale per la formazione dell’autore che è sempre riuscito bene a raccontarne le dinamiche. Senza mistificazioni o condanne, Zerocalcare riesce a raccontare cosa significa crescere in “periferia” giocando a illustrare tanto le difficoltà quanto i vantaggi con dissacrante ironia e lucida consapevolezza.

Questa non è una partita a bocce
2018, L’Espresso

La normalizzazione dell’odio, della violenza e dell’ideologia nazi-fascista nella discussione quotidiana genera la necessità di un decalogo utile a identificare le falle della rappresentazione e dello spazio concesso dai media e, soprattutto, la necessità di sottolinearne le ambiguità e la preoccupante escalation del fenomeno.

Questo lavoro, forse un po’ troppo nozionistico è un po’ troppo poco ironico per essere largamente fruibile da un ampio pubblico (per ampio si intende una sua eventuale diffusione al di fuori della cerchia dei lettori de L’Espresso o riviste simili) si concentra, ancora una volta, su un argomento caro all’artista, da sempre schierato dall’altra parte.

La necessità di cimentarsi in questo tipo di produzioni, negli anni, ha consacrato Zerocalcare come uno dei più interessanti narratori di un’ideologia di sinistra attuale, critica, attenta al contesto sociale, ma anche apolitica.

Non a caso la stessa testata che ospita questa storia, l’Espresso, lo ha consacrato come “l’ultimo intellettuale”, ponendo ancora più in risalto la forza con cui Zerocalcare riesce – tramite la sua narrativa – non solo a smuovere le ideologie, ma anche a raccontarle in maniera semplice, ragionata e pacata.

Educazione sub atomica
2018, Comics e Scienze

Quando Zerocalcare parla di argomenti a lui cari, è anche naturale aspettarsi una disamina puntuale ed efficace. Ben diverso è quando si avventura in escursioni come questa, in campi non propriamente suoi.
Eppure, anche in questa vicenda, la cui tematica scientifica è avulsa dal suo background, l’autore riesce a raccontare il tutto in maniera tanto intelligente quanto divertente. La capacità di sintesi e di parallelismi tipica dell’autore diviene utile e intelligente meccanismo narrativo. Il lascito del racconto non è meramente divulgativo (per quanto spieghi anche abbastanza bene la natura delle ricerche svolte presso il Centro Elettra Sincrotrone Trieste), ma si sposta su tematiche a lui più care: gli investimenti sulla ricerca, la necessità di affascinare e le future generazioni, lo studio e la ricerca.
Episodio esemplare della sua capacità narrativa reso con singolare efficacia e con una cifra stilistica ormai consolidata.

C’è un quartiere che resiste
2019, Internazionale n.1300

Anime irrequiete, che non hanno trovato la strada giusta al primo colpo.
Note stonate, nella filarmonica perfetta del loro tempo.
E nonostante questo – o forse proprio per questo – a un certo punto del loro cammino trovano il coraggio di rischiare ogni cosa per difendere ciò che è di tutti.
E penso che se tra cent’anni qualcuno guarderà indietro ai giorni nostri, sarà il ricordo di queste anime che testimonia che l’umanità esisteva ancora.

Bastasse la chiosa qui sopra, definire la poetica di Zerocalcare sarebbe semplice. Ma la narrativa di Zerocalcare è molto, molto più complessa. Si potrebbero scrivere fiumi di parole per descrivere come e perché questo breve racconto sia capace di informare, far riflettere, emozionare, commuovere e al contempo analizzare la nostra società, la nostra generazione, le nostre periferie, i nostri media, la situazione siriana e non so quant’altro.

Ma lo trovo alquanto superfluo, è molto meglio e più “semplice” leggerlo per comprendere come trenta pagine – dico: trenta, non un saggio accademico – riescano a smuovere con così tanta forza l’animo del lettore.
Certo, non è esaustivo, ma ci sta pure: però la necessità di andare ad approfondire (e la voglia di farlo), quella, spetta al lettore.

Nota a margine: è affascinante l’intelligenza con cui Zerocalcare continua a mettersi in discussione e a utilizzare gli spazi che gli vengono offerti (spazi importanti) per parlare anche (e tanto) di tematiche così complesse e solitamente ai margini della discussione quotidiana.

La dittatura immaginaria
2021, Internazionale n. 1409

Zerocalcare, tra i tanti “accolli”, riesce a ficcarsi anche nel discorso (asprissimo) sulla cancel culture.

Il discorso è complesso e lo stesso Zerocalcare fa fatica a venirne a capo in maniera concreta. Il ragionamento è quasi filosofico – e, forse, questa volta, un tantino troppo contorto e prolisso – per, colpire efficacemente il bersaglio. Purtroppo però l’argomento è davvero complicato da affrontare e la struttura creata dall’artista, per quanto sempre puntuale, questa volta non è ben centrata come vorrebbe.

Rimane presente l’efficacia con cui l’autore si mette in gioco, rischiando tanto, pur di portare al lettore un punto di vista alternativo che, altrimenti (e oserei dire difficilmente), non arriverebbe a tutti.

Strati
2022, L’Essenziale, n. 16

Altro aspetto interessante di Zerocalcare è la sua maniera di porsi nei confronti di quegli eventi che comunemente i media affrontano con levate di scudi e condanne a priori. Zero sceglie spesso una prospettiva diametralmente opposta alla massa dei mass media realizzando, come in questo caso, una lettura diversa e critica della vicenda.

Che poi, è un modo di fare facilmente riassumibile in “farsi delle domande”, ma ormai non c’è più questa abitudine, c’è anzi la facile tendenza di accettare, a priori, giudizi e condanne sommarie. Un impegno oggi tanto delicato quanto complesso che richiede una disamina in perfetto equilibrio fra ragionevolezza ed emotività.
Il risultato, anche in questo caso, è più che buono e il fine ultimo, quello di pretendere meno superficialità dai lettori, è chiaro e deciso.

Nota a margine: la vicenda di Ugo Russo è ancora aperta dopo quattro anni, il tribunale non si è ancora espresso, le indagini sono ancora in corso e non sappiamo ancora cosa è accaduto di preciso quella notte…

Fonte: fanpage.it del 7 febbraio 2024

La Voragine
2022, L’Essenziale

Zerocalcare prova – ancora, con indefessa fede e pazienza – a spiegare che ci deve essere un’equa proporzione tra reato e pena. Pare una cosa scontata ma la questione, quando si mescola con la politica (e gli atti violenti di natura politica) diventa meno immediata di come ci potrebbe sembrare. Ne viene fuori una discussione argomentata e profonda sulla funzione delle carceri (spoiler: dovrebbe essere rieducativa, utile al reinserimento nella società) e di sensibilizzazione sulla questione giudiziaria di Alfredo Cospito ancora oggi in regime di 41bis.

Regime di carcere duro che, come spiegato dall’artista in questo breve racconto, non è una misura cautelativa adottata solo per crimini di mafia. Senza entrare nei dettagli, anche perché la storia è molto interessante, vi basti sapere che le sfumature, sociali e morali, sono più di quelle che la nostra pancia è solita digerire con tanto fervore.

Corto Circuito
Appunti e cronistoria della vicenda Lucca Comics

2023, Internazionale (versione digitale)

Questo episodio, forse anche il più recente e personale tra quelli qui discussi, è la summa perfetta delle tematiche e della morale del personaggio/artista (qui ancora più marcatamente coinvolto nella duplice veste). La vicenda della sua mancata partecipazione a Lucca Comics & Games 2023 a causa del patrocinio dell’ambasciata israeliana alla manifestazione (detta in breve, leggetevi la spiegazione di Zerocalcare che è meglio) è diventato pretesto per esacerbare (e traviare) la discussione su di una questione tragica e dolorosa.

Quanto accaduto a seguito della sua dichiarazione è la summa perfetta delle contraddizioni sociali e politiche che si ripercuotono, quotidianamente, sui mass media e sui social e che l’artista ha denunciato spesso nei suoi lavori (in questo articolo ne trovate alcuni).

Un cortocircuito allucinato che è capace di confondere e distorcere la narrazione.

Per quanto personale, quindi, questa vicenda rimane – purtroppo – esemplare della situazione comunicativa attuale. Esemplare della difficoltà di prendere una posizione e di sperare che venga compresa senza fraintendimenti e, soprattutto, senza che tale scelta venga strumentalizzata per deviare l’attenzione dal problema.

Spoiler: il problema non è che Zerocalcare non sia andato a Lucca, il problema è che dal 7 ottobre 2023 ad oggi, in Palestina, ci sono migliaia di persone che non sanno se domani vedranno il sole o meno.
Il problema è che più di 20.000 persone sono già morte.
Il problema è che noi stiamo ancora a discutere da che parte stare…

In fondo al pozzo
2023, Internazionale n.1545

Di questa storia ne abbiamo già parlato sul Magazine con una recensione di Pasquale: la trovate qui.
Allo stesso tempo, analizzando le storie brevi di Zerocalcare, cerchiamo di dare un ulteriore punto di vista, perché ci piace avere la mente in modalità “democratica” e corale.
In fondo al pozzo parla di Ilaria Salis e della annosa questione che – purtroppo – la riguarda.

Nel momento in cui uscirà questa “guida” su Zero, in edicola sta contemporaneamente uscendo – a puntate e settimanalmente – un altro apporto/supporto di Zerocalcare sulla questione di Ilaria: “Questa notte non sarà breve”.
Non ne parliamo qui solo perché gli episodi sono ancora in corso di pubblicazione e non sarebbe corretto, per noi e per voi, lasciare il discorso a metà.

Questo racconto, seppur nella modalità che alcuni definirebbero “di fantasia”, è una chiara denuncia sociale per la quale tutti noi dovremmo sentirci parte in causa – perché di questi abusi illeciti non possiamo più accontentarci. Michele Rech mette su un plot interessante, politico, umano e con quel tocco di romanticismo che solo lui, nel suo manierismo, riesce a donarci.

Questo è, da un punto di vista prettamente fumettistico, quello che il graphic journalism (nelle sue diverse sfaccettature) potrebbe e dovrebbe sempre fare: saper coniugare attivismo, denuncia sociale contro tutti i soprusi, ingiustizie e atti contro l’ambiente.

La speranza è che questo racconto su Ilaria Salis, come gli altri in divenire, possano diventare oggi quello che fu con Hurricane attraverso l’impegno politico e sociale nella canzone di Bob Dylan.

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

Michele Tarzia

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