Sull’onda di In fondo al pozzo (l’ultima opera di Zerocalcare, sulla vicenda di Ilaria Salis), ho riletto No sleep to Shengal, cronaca del suo viaggio effettuato in Medio Oriente, in Iraq tra gli Ezidi, popolo non mussulmano che dopo aver fronteggiato l’Isis trova la sua autonomia, poi incredibilmente minacciata da iracheni e turchi in seguito alla decisione di adottare il Confederalismo democratico curdo.
Lo stile narrativo utilizzato è quello consueto dell’autore romano: alle pagine comiche – legate alla verve del protagonista / narratore – se ne alternano altre ad alto contenuto drammatico, con le esperienze traumatiche derivante dalla guerra contro l’Isis o dedicate all’inesistente organizzazione statale irachena, in pieno caos. Anche lo stile grafico adottato da Zerocalcare è quello abituale: unica aggiunta sono i toni di grigio di Alberto Madrigal.
Tanti i momenti notevoli durante la storia: ad esempio, il raggiungimento della consapevolezza che esistono campi profughi dei familiari dei militanti dell’Isis o l’assurda burocrazia dei checkpoint, gestiti in maniera sempre differente in base alle forze che li occupano in quei momenti, o ancora l’incontro con le madri dei martiri scomparsi nella lotta contro l’Isis.
La narrazione del viaggio dell’autore insieme ai volontari italiani è inframmezzata dai racconti in flashback delle torture delle donne Ezidi (subìte nei campi di prigionia dopo l’arrivo dell’Isis nel 2014) e della liberazione di cui debbono ringraziare il PKK, movimento di cui ignoravano fino a quel momento perfino l’esistenza.