Le strade di Alfredo Castelli e di uBC si sono incontrate molte volte, a partire dall’edizione di Lucca Comics in cui ci “conoscemmo” reciprocamente e il BVZA manifestò l’apprezzamento per il nostro lavoro, come dicevamo in questo articolo. In qualsiasi occasione – una mostra, una conferenza, una presentazione, una premiazione (come, ad esempio, quella per l’INCA 2002 in cui salì sul palco perché, parole sue, “si divertiva troppo” e ritirò il premio destinato a Giancarlo Berardi) – Alfredo si è sempre rivelato disponibile per un’intervista o anche per una semplice chiacchierata, allietandoci con ricordi vari, excursus sul mondo dei fumetti o anche semplici aneddoti sempre molto interessanti. Vogliamo ricordarlo così.
Marco Gremignai
Dopo aver conosciuto Alfredo Castelli, insieme ad altri uBicciotti, durante l’edizione autunnale di Lucca Comics 1997, negli anni successivi non mi è più capitato di incontrarlo di persona… ma ciò non mi ha impedito di riallacciare il filo del discorso quando gli ho proposto un’intervista esclusiva per la rubrica Bonelli Forever nel 2022: è bastato dirgli “sono un redattore di uBC” e ricordargli di quel nostro lontano incontro, 25 anni prima, per avere la sua completa disponibilità e inoltre, alla fine dell’intervista, anche la promessa di partecipare alla rubrica Zagor Top 5.
Pochi giorni dopo la pubblicazione di quel pezzo, mi sciroppai la visione dell’ingiovibile filmetto intitolato Il mostro della cripta solo perché sarebbe stato presentato in teleconferenza proprio da Castelli (in qualità di esperto di film di serie B e dei cosiddetti “props”, gli oggetti di scena che in quel film ricoprivano un ruolo importante) e fu in quell’occasione che, vedendolo sullo schermo, mi resi conto di quanto fossero già gravi le sue condizioni e di quale favore mi avesse fatto a concedere un po’ del suo tempo a uBC.
Quando, un paio di mesi dopo, ebbi l’occasione di vederlo di persona alla Mostra Mercato del Fumetto ANAFI a Bologna, pensai di presentarmi per ringraziarlo nuovamente dell’intervista concessa e ricordargli la promessa di votare le sue storie zagoriane preferite… e invece, pur partecipando tra il pubblico a una sua rapida conferenza, lo vidi talmente stanco e provato dalla malattia da non sentirmela di importunarlo con le mie richieste, rimandandole a un’occasione più propizia. Occasione che, purtroppo, non ci sarà più: resteranno solo, a farmi compagnia, questi pochi ricordi personali e le centinaia di sue storie che ho letto negli ultimi cinquant’anni.
Che la terra ti sia lieve, Alfredo.
Stefano Paparella
Ho scoperto Alfredo Castelli con Dal profondo, albo numero 20 di Dylan Dog. Un paradosso, praticamente, in quanto è l’unico episodio della saga firmato dall’autore… Ma quell’albo letteralmente sconvolse l’adolescente che ero, perso in quella storia tragica e dolorosa, con la leggenda del mostro delle fogne che si intrecciava con la follia di tal Norman Bates.
Nella mia cerchia di amici tutti leggevano Dylan Dog e ricordo ancora nitidamente l’ammirazione generale che scaturì dopo la lettura di quell’albo davvero sofferto e inquietante.
Ma quello a cui sono particolarmente legato è il Mister No di Castelli, serie in cui il BVZA ha regalato assoluti capolavori. Relitti umani segna uno degli apici delle avventure del pilota di Manaus, qui novello Papillon, con tante piccole storie in una che conferiscono all’albo il respiro di un grande e sofferto romanzo: non a caso il referendum del 1981 lo incoronerà come migliore della serie.
E come dimenticare Cinema crudele, con il suo spietato affresco del patinato mondo dello spettacolo, con personaggi amorali e senza scrupoli… Indimenticabile la figura dello sceneggiatore fallito, un’autoparodia dello stesso autore che, ad un certo punto, sciorina a Mister No i suoi successi cinematografici – che non sono altro che opere fumettistiche del buon Castelli. D’altra parte anche il nome era un indizio non da poco: Al Castle!
Buon viaggio, Alfredo…
Massimo Cappelli
Di Alfredo Castelli abbiamo adorato tutto! Martin Mystère si leggeva per prima cosa per le trame fantarcheologiche, affascinanti e mysteriose, in un periodo nel quale eravamo sicuri che la storia dell’umanità potesse riservare sorprese inimmaginabili, e poi si veniva conquistati dai continui riferimenti culturali, che sfoggiavamo a scuola per fare bella figura con insegnanti e compagni.
Gli avversari che Mystère doveva affrontare ogni mese erano memorabili, l’amico di gioventù Orloff, sette segrete come Gli Uomini in Nero, il diabolico mister Jinx, gli improbabili Dee e Kelly, caratterizzati alla perfezione, ma l’aspetto che ci appassionava definitivamente era il senso di familiarità che emergeva dalla lettura delle vicende dei tre protagonisti, Martin, Diana e Java, imperniate sui loro tic e sulle piccole manie, tratteggiate ironicamente: sembrava veramente di essere lì insieme a loro, nel momento del trasloco da New York a Firenze.
Abbiamo poi scoperto le storie precedenti scritte da Castelli per Mister No, leggere e profonde allo stesso tempo, capaci di coniugare spy stories e grande avventura, anche qui con tanti personaggi memorabili, come l’affascinante Delia e il simpatico O’Bispo. Meravigliati aspettavamo poi con trepidazione il lancio di qualche nuova avveniristica collana, in cui Castelli sperimentava nuovi formati di cui beneficiava tutta la casa editrice: gli Albi Speciali, l’Almanacco, le miniserie di Zona X e i primi team-up e crossover tra personaggi, che ci aprivano orizzonti inaspettati.
Nel 1996, con l’uscita del Mystero delle Nuvole Parlanti, abbiamo iniziato a intuire che – oltre ad essere un grandissimo autore, capace di regalarci storie memorabili – Castelli era anche uno studioso del medium fumetto, un autentico riferimento per tutti noi appassionati: da lì la scoperta in séguito dei suoi saggi dedicati al recupero storico e filologico del fumetto delle origini.
E poi ci sono state le letture di tutti gli altri fumetti, da Topolino ad Allan Quatermain su Supergulp, effettuate da bambini quando non ci si poneva nessuna domanda sull’identità degli autori di quelle storie meravigliose che leggevamo. Praticamente Alfredo Castelli è stata una presenza costante che ha accompagnato tutta la nostra esperienza di lettori di fumetti e ci mancherà tantissimo!
Michele Tarzia
Non ho mai incontrato personalmente Alfredo Castelli. Non ho, quindi, un ricordo legato alla sua persona da raccontare.
Voglio però ugualmente spendere alcune parole in suo ricordo, per manifestare la gratitudine nei suoi confronti per le gioie, le rabbie e le belle emozioni che mi ha fatto provare.
Da qualche tempo, curo una playlist sul canale YouTube dove intervisto autori e autrici del panorama fumettistico italiano, che si chiama Parole di carta. All’interno di essa sono passati più di 50 fumettisti e, nel taccuino con i miei appunti su chi contattare, c’è ancora il nome di Castelli.
Mi sono sempre detto: <<Gli scriverò in questi giorni, anzi, prima faccio le interviste per i fumetti appena usciti e poi lo contatto…>> E così, via via per diverso tempo… quel tempo a tralasciare le cose scritte e non fatte, troppe, per cui poi rimane il rimpianto. Tra l’altro, in questa rubrica sono passati diversi suoi colleghi bonelliani, ma – per motivi a me ignoti – quella email a Castelli non è mai stata inviata e ora non è che una bozza.
Un ricordo diverso, personale sì, ma senza di lui. Fare quell’intervista era un’occasione per incontrare, seppur digitalmente, la sua grande visionarietà.
Era l’occasione per chiedergli curiosità in merito all’albetto I misteri di Alarico, piccola storia ambientata nella mia terra di Calabria, nello specifico a Cosenza.
Ciao Alfredo… e sappi che prima o poi, Martin intraprenderà una spedizione esplorativa in tuo onore, in un mondo possibile, altrove.
Cristian Di Clemente
Alfredo Castelli mi ha fatto “compagnia” per quasi quarant’anni e, insieme a Guido Nolitta e Tiziano Sclavi, fa parte del trio di sceneggiatori bonelliani più importanti per la mia formazione fumettistica. Zagor soddisfaceva il mio bisogno di avventura, Dylan Dog la mia curiosità nei confronti del “frutto proibito”, Martin Mystère la mia introduzione alla complessità del mondo contemporaneo.
Con le sue divulgazioni storiche e scientifiche, la creatura di Castelli mi ha fatto conoscere i vari angoli del mondo, l’economia politica e i grandi cambiamenti epocali ancora prima di approfondirli nel periodo degli studi prima e nel resto della mia vita poi. Con Martin Mystère, infatti, forse non a caso ho in comune la passione per i libri e le librerie.
Ma l’affetto per un personaggio è inevitabilmente quello per la persona che lo ha creato e caratterizzato.
Dei miei personali “magnifici tre”, ho perso il conto delle volte che ho visto e ascoltato Alfredo Castelli, e quindi posso dire di avere avuto la fortuna di conoscerlo, seppure non personalmente. Era coltissimo, una miniera di aneddoti sulla storia del fumetto e sui suoi protagonisti: la sua logorrea era proverbiale, i suoi incontri con il pubblico memorabili, grazie alla sua verve e al suo brillante senso dell’umorismo. Ma era al tempo stesso imbarazzato se gli rivolgevi dei complimenti.
A testimonianza dei suoi tanti interessi mi piace ricordare lo splendido one shot Il mystero delle nuvole parlanti, con cui scrisse una originalissima storia del fumetto, ma anche l’albetto speciale di Riminicomix Grandotèl, per il quale studiò i caratteri del poster del felliniano Amarcord per poi replicarne lo stile nel titolo di copertina.
Alfredo Castelli è stato un autore unico, poliedrico e geniale, la cui scomparsa lascia nel mio cuore e in quello di chi è cresciuto con le sue storie una grande tristezza, ma anche un profondo senso di riconoscenza.
Buon viaggio, Alfredo, e grazie.
Vasco Zara
Il mio ricordo personale di Alfredo Castelli è in realtà un non-incontro. Avevo ventisette anni e, di passaggio a Milano, mi fermai in via Buonarroti (l’unica volta che ebbi questo coraggio) nella speranza di incontrarlo per consegnargli una copia della mia tesi di laurea: “L’interpretazione musicale dell’architettura di Castel del Monte”, titolo che scritto così fa già molto Martin Mystère – e infatti gli elementi architettonici sono la rappresentazione dell’Armonia delle Sfere, dove i pianeti e gli angeli cantano il Nome impronunciabile di Dio secondo i numeri che la cabbala ebraica assegna alla sefirot YHWH (addirittura!).
Esemplare rilegato a mano con copertina rigida, come si faceva una volta, e di cui sono in circolazione quattro copie: una a casa mia, una in quella della mia ragazza d’allora, una alla biblioteca del DAMS e una persa a Milano… perché Castelli non c’era e non ricordo più chi la prese in consegna.
Per anni attesi e scrutai mensilmente nella rubrica della posta una risposta che non venne. Ma non è qui l’essenziale. L’incontro vero avvenne coi suoi fumetti, da Zio Boris a L’uomo delle nevi via Molok! per approdare finalmente al Detective dell’Impossibile, perché se iniziai quello studio, che mi ha aperto porte inaspettate fino ad un mestiere che un po’ si avvicina a quello del BVZM, è anche merito suo. Grazie, Alfredo.
Daniele Farah
Scoprii la Casa Editrice Bonelli col numero 18 di Dylan Dog – in cui Sclavi aveva inserito un cameo di Martin Mystère – e così, dal mese successivo, iniziai a seguire anche il Detective dell’Impossibile: Alfredo Castelli e le sue avventure mi hanno accompagnato quindi fin dal 1987.
Poi venne il tempo di Internet e delle mailing list che ci permisero di conoscere, grazie a qualche pizzata, autori come Federico Memola e poi tutti gli altri fra cui anche Vincenzo Beretta che tanto ha dato al personaggio di Martin. Ricordo con commozione la mia visita alla Casa Editrice Bonelli di via Buonarroti in presenza dei compianti Federico Memola e Giacomo Pueroni, scomparsi troppo giovani e che ebbi modo di intervistare per conto di uBC Fumetti.
A quel tempo si occupavano della costola mystèriana di Zona X. E dopo ancora ci furono le cene di AMys (l’Associazione Amici di Martin Mystere) e fu solo allora, alla prima cena di quella neonata associazione che incontrai Alfredo Castelli di persona. Mi rendo conto ora ripensandoci che erano anni che la mia vita era influenzata dai semi editoriali che lui aveva gettato intorno a sé.
L’ultima volta che l’ho visto di persona è stato al Riminicomix del 2019 e in quell’occasione ci siamo stretti la mano. Quanti bei ricordi, i momenti passati a leggere le sue storie di Martin, un personaggio che – fra tutti quelli creati dalla Casa Editrice – sentivo più affine alla mia persona.
Il Martin che mi piaceva era quello che parla colto, ma pratica meditazione col maestro Kut Humi; che si sposa segretamente con rito cristiano cattolico ma studia i segreti della Cabala Ebraica. Questo approccio pluralista alla religione e alla cultura di scambio interreligioso è quello che più mi affascinava della sua creatura editoriale e in cui mi sono sentito rispecchiato.
Non so se per il Buon Vecchio Zio Alfredo fosse tutto solo invenzione letteraria o se ci fosse una sorta di ispirazione a sfere della sua vita privata che mi sono sconosciute: è un quesito che non gli ho mai posto nelle occasioni in cui l’ho incontrato. E come spesso accade, ci si pensa quando è troppo tardi. Peccato non aver scaricato la tua memoria col macchinario di Mister Jinx: sarebbe bello chiacchierare con un tuo giovane erede in cui sia stato fatto il backup dei tuoi ricordi… Il tuo personaggio ha preceduto Indiana Jones, ma solo noi che ti conosciamo bene lo sappiamo fin dall’inizio. Spero che ad Agarthi ti abbiano preparato un posto d’onore accanto ai Grandi Saggi, perché chi più di te può meritarselo?
Grazie di tutto Professor Castelli e… Buon Viaggio Alfredo.
Marco Corbetta
Durante i miei anni di frequentazione delle fiere del fumetto e, soprattutto, della redazione Bonelli, ho incontrato molte volte Alfredo Castelli, anche se con lui non ho mai avuto quella “confidenza” acquisita col tempo invece con altri autori.
Di tutti gli approcci avuti con lui, quello che ricordo con più simpatia avvenne quando lo incontrai nell’ufficio di Moreno Burattini, in Via Buonarroti 38 a Milano. In quel periodo, da fan zagoriano, quando andavo a far visita alla Casa Editrice o partecipavo a una fiera, mi divertivo a portare con me i due volumi di Gisello Puddu dell’Editoriale Mercury “Zagor – 40 anni a Darkwood” da far autografare ai vari sceneggiatori e disegnatori zagoriani che incontravo, ognuno rigorosamente sulla prima pagina dell’articolo a lui dedicato.
Ebbene, quando chiesi l’autografo ad Alfredo Castelli, questi – da personaggio ironico qual era – dopo aver riletto la sua dichiarazione (originariamente resa nella posta di Tutto Zagor n. 79 e riportata nel volume di Puddu) in merito al fatto che fosse l’autore delle tre peggiori storie di Zagor, scrisse così: “Alfredo Castelli, l’autore della vergogna”.
Naturalmente lui, Moreno e io ci facemmo sopra quattro risate; poi il Buon Vecchio Zio Alfy ci salutò e dovette tornare al lavoro.
Ecco, questo è ciò che io soprattutto ricordo di lui: la disponibilità nei confronti dei lettori e la sua (auto)ironia…
Riposa in pace, Alfredo!
Vincenzo Oliva
Con Alfredo se n’è andato un pezzo della mia anima – e non solo in àmbito fumettistico: il diciottenne che nel 1982 comprò il primo albo di Martin Mystère, l’alter ego di Alfredo Castelli, vi scoprì a propria volta il suo alter ego, un fratello dell’anima.
Non sono solo fumetti, a volte – belli o brutti che siano quei fumetti – sono la nostra vita: specchio dei sogni, degli ideali, delle emozioni, dei desideri; trama e ordito dei pensieri, dei progetti, delle visioni del passato e del futuro; pungolo della curiosità, della ricerca di sé. Alfredo non si esauriva in Martin, ma Martin è diventato nel tempo il riassunto della sua opera e l’offerta pubblica ufficiale della sua personalità.
Con Martin ha usato tutti i suoi innumerevoli e multiformi registri stilistici; in Martin ha riversato la sua intelligenza, curiosità, ironia, la capacità di giocare e rendere leggero ogni argomento; dentro Martin si è baloccato con ogni genere del narrare, usandolo come una tavolozza da cui di volta in volta trarre i colori per divertirsi a raccontarci del mondo, di avventure pazzesche, di sé, della vita. Di tutto. Un personaggio così non poteva che essere la luce abbagliante di quella falena di diciotto anni; e quel personaggio era Alfredo. Allora lo vedevo come Martin, ma con gli anni ho capito che il vero personaggio era il biografo di Martin, la fervida mente che aveva costruito quella maschera magnifica e immaginifica.
Lo stato miserevole in cui Martin versa oggi, e da troppi anni, non intacca l’eredità che Alfredo ci lascia con la sua opera di decenni e decenni; di certo non intacca il mio debito con lui, la cui parte minore è fatta delle centinaia di ore di divertimento che mi ha assicurato, mentre la parte maggiore è quell’alter ego ideale che mi ha permesso di scoprire e che tanto ha contribuito a plasmarmi. Con Alfredo scivola in un passato fissato una volta per tutte quell’insight provato alla lettura del primo albo di Martin e confermato decine di volte in séguito; scivola via l’ultimo pezzo del mio Martin – il primo se l’era portato via Paolo Morales, che di Alfredo era l’erede autentico, e invece ha purtroppo finito per precederlo.
Buon viaggio, Maestro caro.