Martin Mystère: 400 e non più 500?
Iniziamo all’apparenza con un tono vagamente iettatorio; in realtà, non facciamo che parafrasare quanto l’umile biografo del BVZM va ripetendo in pratica dall’editoriale del n.100, in linea con la più classica delle tradizioni apotropaiche del Belpaese.
Ancora un centenario, quindi (complimenti!) e ancora una storia incentrata sui colori. La atipica periodicità di questi numeri celebrativi ha permesso nel tempo agli autori di trovare degli escamotage mai banali, dove una comune cornice narrativa permette di mettere insieme in maniera coerente racconti più o meno direttamente collegati al Detective dell’Impossibile – si tratti di uno spettacolo in una fiera di provincia, una visita guidata in un museo del futuro, il rinnovo di un patto con entità superne o, nel presente caso, una “minaccia cromatica” che dalla base di Altrove rischia di espandersi all’intero orbe terracqueo.
Nei primi due centenari la consueta verve di Alfredo Castelli si era focalizzata principalmente su Martin Mystère, o su sue “interpretazioni” di personaggi come i protagonisti del teatro delle ombre giavanesi, o un certo detective londinese. Nei successivi due casi, invece, l’avvicendarsi alla regia di Carlo Recagno ha trasformato questi albi celebrativi (sempre centrati sui misteri della cromaticità) in altrettante occasioni per spaziare nell’universo mysteriano, riprendendo personaggi, espandendo spunti e – più in generale – provando a tirare le fila relativamente a questioni lasciate in sospeso. Se per il n.300 questa tendenza era rimasta nel complesso limitata, dando così l’idea di poco più di un divertissement dell’autore, in questo caso si va invece a briglia sciolta, anche con palesi momenti al limite dell’auto-citazione. Niente più incursioni (divertite e divertenti) a sé stanti, quindi, quanto più una struttura sul modello di Generazioni (tra l’altro, sempre opera di Recagno), con altrettanti pregi e difetti.
L’aspetto più eclatante è relativo alla figura e al ruolo del Dottor Spektor: apparso come mefistofelico e sornione “padrone di casa” Jinx–like in quel di Edmonton, è stato ripescato due centenari dopo da Recagno nel ruolo di misterioso agente temporale che dava l’impressione di saperne molto di più di quanto non desse a intendere. Adesso, l’opera dell’autore si spinge fino ad una parziale opera di ret-con, insistendo per dare a Spektor un background (per quanto sempre fumoso e sfuggente) che non risulta di alcuna funzionalità dal punto di vista diegetico.
Accanto a ciò, come detto Recagno si sbizzarrisce, versando nel mestolo per la tintura, nell’ordine: riferimenti a Hamlin Safarà; una comparsata del Docteur Mystere e del suo fido Cigale – ivi incluso un veloce riferimento all’indimenticata Papà; una sequenza incentrata su Angie, che cita apertamente una sequenza analoga in Generazioni; un cameo di Martin e Max, direttamente dalle NAC. Il tutto ovviamente senza contare altri riferimenti disseminati qui e là, come il celeberrimo “Nighthawks” di Hopper, o il (ripetuto) omaggio a Lovecraft e al suo “colore venuto dallo spazio”.
La parte finale richiama ancora una volta Generazioni (Recagno deve sentirsi particolarmente orgoglioso di quell’albo), anche se stavolta il giochino delle predestinazioni non riesce altrettanto bene: l’assenza di un adeguato macguffin (tipo un ebdecaedro a caso) si traduce infatti in un passaggio chiaramente forzato della sceneggiatura: il ritmo si azzoppa, nonostante l’autore si giochi addirittura la carta del superspettro, e il lettore si ritrova spinto verso le ultime due tavole di leziosi convenevoli, ma senza un finale convincente.
La presenza del colore dà, stavolta concretamente, l’impressione di essere un valore aggiunto. Grazie all’opera di Daniele Rudoni ed Elisa Sguanci, infatti, i contributi di Fabio Grimaldi e Alfredo Orlandi, già solidi di per sé, acquistano un ulteriore piacevole spessore; più ancora è Rodolfo Torti in proporzione a guadagnarci, pareggiando in qualche modo con il colore alcune ormai inveterate incertezze del suo tratto. Discorso a parte per Giancarlo Alessandrini, la cui capacità di far recitare i personaggi continua a non conoscere evidenti flessioni pur con il passare del tempo. A latere, la particolare cura editoriale nella realizzazione della cover fa sì che questa spicchi tra gli scaffali di edicole e fumetterie, segno (qualora ci fosse ancora necessità di rimarcarlo) dell’affetto in primis della casa editrice per questo suo “figlio” che, nato come espressione di una particolare epoca storica e di particolari retaggi culturali, ha continuato – non senza sforzo, o passi falsi – a cercare di rinnovarsi ancora e ancora, ispirando nuove generazioni di lettori (prima) e autori (poi), per i quali si avverte l’impegno, il compiacimento e l’onore di sentirsi investiti della carica di biografi (in seconda, ovviamente!) del Buon Quattrocentenario Zio Marty.
Sinossi
Un “impossibile” fenomeno cromatico sta mettendo in pericolo la base segreta di Altrove e minaccia di espandersi in tutto il mondo. L’unica persona capace, in apparenza, di scongiurare la minaccia è il Dott. Spektor, che metterà su ancora una volta uno spettacolo centrato sui colori.
Martin Mystère n.400 “I colori impossibili”
di Carlo Recagno, Daniele Rudoni, Elisa Sguanci, Fabio Grimaldi,
Alfredo Orlandi, Rodolfo Torti e Giancarlo Alessandrini
16x21cm, 96 pagine, b/n, 4,90€
Sergio Bonelli editore, giugno 2023